“Un solo infermiere in reparto per 72-80 pazienti”

Le case di riposo e le RSA di tutto il paese sono in ginocchio per la carenza di personale infermieristico. Ciò non rappresenta più una novità, certo, ma ogni volta che vengono denunciati certi numeri e che vengono a galla certe realtà… Non si può non rabbrividire.

Altro che attrattività professionale

Già, perché un infermiere in turno ogni 50, 60, 70 o addirittura 80 pazienti è un boccone così amaro da mandar giù che nemmeno uno stipendio “normale” (che qui in Italia, per gli infermieri, non c’è) riuscirebbe ad addolcire.

La denuncia circa l’insufficienza di personale infermieristico, stavolta, a seguito di un incontro intercorso ieri mattina fra i rappresentanti del sindacato Fenalt e la direzione dell’Apsp Vannetti di Rovereto, arriva dal Trentino.

Due infermieri di notte? Quasi mai

Come spiegato dal vice segretario generale del sindacato, Roberto Moser, “Nonostante le rassicurazioni della Direzione, quasi mai nella struttura si riesce ad avere i due infermieri notturni previsti. Inoltre esiste una situazione di stress operativo che pregiudica la qualità delle prestazioni.

Gli infermieri lamentano la mancanza di tempo per coordinarsi con i medici nella somministrazione dei farmaci. Per ogni paziente l’infermiere deve effettuare una serie di valutazioni che nelle condizioni operative attuali sono sempre più difficili”.

Un infermiere ogni 80 pazienti

Non c’è tempo di gestire la terapia in sicurezza, di interfacciarsi col personale medico e Dio solo sa di fare cos’altro. E tutto ciò, ovviamente, oltre a minare la salute mentale dei lavoratori, va inevitabilmente a peggiorare l’assistenza e le cure erogate.

Non è la prima volta, quest’anno, che Fenalt segnala situazioni di questo tipo, peggiorate non poco a causa della circolare estiva della PaT che consentiva la riduzione del numero di infermieri per ospite.

E oramai non si può fare altro che rimanere attoniti di fronte a “turni con un solo infermiere in reparto con 72-80 pazienti”, come dichiarato da Moser.

Sicurezza, questa sconosciuta

Turni che “non permettono di lavorare in sicurezza perché le terapie non possono essere adeguatamente seguite; non si riesce a fare una corretta valutazione del dolore attraverso la compilazione di schede pre e post-terapia, non è garantito il controllo di scadenze dei farmaci.

Chiediamo anche ausili tecnologici che agevolino il nostro lavoro: ancora oggi siamo costretti ad annotare su schemi cartacei scritti a mano”.

Eppure la Direzione della Vannetti va diritta per la sua strada, ignorando le proteste di sindacati e lavoratori: addirittura, ha annunciato che a breve aprirà un’altra struttura, la S. Francesco. Con quale personale infermieristico? Chissà.

Un sistema malato

La desolante conclusione del sindacalista Fenalt non lascia spazio a chissà quali previsioni ottimistiche: “Francamente dopo questo annuncio ci sembra di non aver più nulla da dire. Già ora la situazione è critica, se poi aggiungiamo la S. Francesco con altri 80-90 posti letto e non incrementiamo gli infermieri, le condizioni di lavoro saranno drammatiche.

Non possiamo lamentarci se poi gli infermieri trentini abbandonano le case di riposo per le strutture ospedaliere, e poi le strutture ospedaliere trentine per quelle dell’Alto Adige. È solo la logica conseguenza di un sistema malato”.

L’attrattività professionale dell’Infermieristica? Quella di un lavoro in miniera

Alessio Biondino

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