Continuano le performances del comico Giacomo Poretti (del trio “Aldo Giovanni e Giacomo”) col suo spettacolo “Chiedimi se sono di turno” al grido di “Scopa e pappagallo, amici fidati dell’infermiere” (VEDI).
Stavolta, per pubblicizzare la sua esibizione all’interno del Festival del Sacro Monte, l’attore si è fatto intervistare seduto accanto a un pappagallo (VEDI “Chiedimi se sono di turno”, la vita in ospedale secondo l’infermiere Giacomo Poretti, Rai News), intanto che scorrevano le immagini di lui che recita accanto a una scopa.
La sua rappresentazione di quella che oggi è una professione con tanto di laurea e di iscrizione ad un Ordine, purtroppo, non può non far storcere il naso agli infermieri italiani: Giacomino racconta di qualcosa che (forse) non esiste più, di un mestiere scelto praticamente come ultima spiaggia, fatto di sguatteri che puliscono i gabinetti, rispondono ai campanelli e non solo.
Ma soprattutto, col suo spettacolo Giacomino rischia di confondere ulteriormente i cittadini circa la figura dell’infermiere, che già di suo gode di un riconoscimento sociale preoccupante e di un’attrattività professionale pari allo zero.
Quanti cittadini, infatti, capiranno l’ironia, il contesto, il “racconto”, inquadrando bene nel tempo e nello spazio le gesta professionali messe in scena da Poretti? E quanti, invece, ci vedranno una specie di conferma sulle competenze e le responsabilità odierne della figura infermieristica?
In quanti andranno a leggere gli articoli e le interviste all’attore (che comunque provano a spiegare il suddetto contesto)? E in quanti, invece, si soffermeranno al massimo sui titoli e sulle immagini scelte dai media (che, indubbiamente, associano la denominazione infermiere a pappagalli, scope e quant’altro)?
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