“A chi fa paura l’ecografia infermieristica?”


Riceviamo e pubblichiamo la riflessione di un collega, Dott. Natalino Malerba, che vuole far riflettere sui risvolti positivi della cosiddetta “ecografia infermieristica”.

«Questo video (VEDI), nella sua genuina semplicità, lancia un forte messaggio a quel mondo sanitario ottuso e arretrato che ha paura di vedere gli Infermieri con una sonda ecografica tra le mani nell’intento di cercare di incannulare una vena con ago cannula IV (permanenza consigliata 48h), mini midline o cannule lunghe (29 giorni).


Pratica quotidiana che non va confusa con l’inserzione di Midline e Picc, per cui serve un master in ecografia infermieristica, certificazioni e approvazione dell’azienda; ma parliamo di una manovra che rappresenta il lavoro quotidiano di qualunque Infermiere che prende in carico un paziente proveniente dal Pronto Soccorso, passando tra i reparti di degenza, proseguendo eventualmente in sala operatoria ed in ultimo in rianimazione. Poco cambia il suo decorso terapeutico e luogo ovunque si trovi, ma resta immutato il trattamento.

Terapie endovenose e prelievi sono il gold standard di un ricovero. Troppo spesso tutto diventa estremamente drammatico quando il paziente non è la sorridente ragazza in buona salute che vediamo nel filmato, bensì trattasi dei nostri anziani fragili, nonni o qualunque essere umano affetto da patologie che lo hanno prosciugato anche dell’ultima goccia di sangue rimasta.


Guardare quelle facce lacrimanti che con il passare dei giorni di degenza, chiedono solo di non essere più “bucati” a vuoto, per flebo e prelievi che non terminano mai, viene umanamente da chiedersi perché non dobbiamo avere sin dal primo giorno un’immagine reale del patrimonio venoso con mezzi più idonei e non traumatici?

I nostri organi di senso, per quanto allenati, non vedono quello che solo un chirurgo potrebbe mostrarci. Avete mai visto una vena dal vivo? Sono pallide e irregolari, non somigliano affatto al “tubicino” perfetto di un deflussore. Chi non ha mai visto le vene del dorso della mano trasformarsi in segni di matita? Eppure sono le stesse vene che possono diventare toniche ed ospitare un’ago Gauge 18 (in mm parliamo di vene dal diametro di 4 o 5mm se vaso dilatate).


Non è forse vero che durante i brividi febbrili le vene sono vaso costrette? lo sappiamo bene, ma non le vediamo. Ha un senso bucare in quel momento? Una persona collassata per una patologia qualunque renderebbe vano anche il più bravo degli Infermieri. Ad un paziente in gravi condizioni cosa mettiamo, un’ago Gauge 24 azzurro su una vena periferica con farmaci e nutrizione parenterale per la gioia e la gloria del superNurse di turno?

Come spesso accade, i pazienti più gravi subiscono prelievi a raffica e noi Infermieri facciamo salti mortali per garantire l’agognato referto ematico. Soluzione! Prelievo arterioso… E se quel giorno non fosse disponibile nessun superman sanitario? Lascio a voi rispondere. Inoltre la cannula messa con tanta fatica e sudore potrebbe sfilarsi un minuto dopo. Quindi la domanda è sempre la stessa: perché non dobbiamo usare mezzi e tecnologia per alleviare le sofferenze umane?


Si poteva mettere da subito il giusto device? Una banale sonda ecografica usb o wireless collegata ad uno smartphone non è un atto medico diagnostico ma solo l’uso intelligente a fini operativi infermieristici di una tecnologia che almeno in questo caso non sarebbe utilizzata per passare il tempo su i vari social o video.

Purtroppo le menti chiuse di tanti decidono che il bene del paziente è di secondaria importanza, pur essendo il costo di queste sonde, paragonabile a quelle di uno smartphone se prese in blocco. Un privato cittadino potrebbe acquistarla singolarmente intorno 2.500 euro, ma il costo crolla con l’acquisto di massa.

A chi fa paura, perciò, l’ecografia infermieristica?

Dott. Natalino Malerba».

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Alessio Biondino

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