Il caso di G.G., un detenuto di 48 anni originario di Francavilla Fontana, ha suscitato un dibattito legale complesso e interessante. L’8 marzo 2020, G.G. ha commesso un atto violento all’interno del carcere di Lecce (VEDI Il Quotidiano di Puglia), colpendo un’infermiera con una scopa mentre questa stava cercando di somministrargli una terapia. L’aggressione ha causato una ferita alla guancia dell’infermiera, che ha prontamente denunciato l’incidente.
L’inculpato era già in carcere per reati precedenti, tra cui maltrattamenti ed estorsioni ai danni dei suoi genitori. Tuttavia, il suo avvocato, Giuseppe Pomarico del Foro di Brindisi, ha difeso il suo cliente sostenendo che al momento dell’aggressione l’uomo era affetto da una forma di infermità mentale. Questa tesi è stata confermata dalle perizie psichiatriche esaminate dal giudice Fabrizio Malagnino del Tribunale di Lecce. Secondo queste perizie, senza un adeguato trattamento e monitoraggio da parte del Centro di salute mentale, G.G. potrebbe rappresentare un pericolo per sé stesso e per gli altri.
Di conseguenza, le condizioni di salute di G.G. sono state ritenute incompatibili con la detenzione in carcere. Nonostante il reato sia stato provato in tribunale, è stato stabilito che G.G. non può essere condannato a causa delle circostanze in cui ha commesso il reato. L’aggressione sembra essere stata il risultato di un momento di follia o “raptus” che ha offuscato completamente il suo giudizio in quel particolare giorno nel penitenziario salentino.
Come misura sostitutiva alla condanna, è stata imposta a G.G. la libertà vigilata. Questa misura comporta l’obbligo di assumere i farmaci prescritti e di sottoporsi periodicamente a controlli medici. Inoltre, G.G. è tenuto a firmare ogni primo del mese come parte delle restrizioni imposte dalla sua libertà vigilata.
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