Professione intellettuale? Riconoscimento sociale (e di conseguenza economico…) come professionisti mossi da scienza/coscienza e che hanno competenze/responsabilità da laureati veri? Attrattivitàprofessionale data da stipendi adeguati, sfruttamento ridotto all’osso e accettabili possibilità di carriera?
Macché… Ancora una volta, la professione infermieristica viene presentata ai cittadini e ai giovani che dovrebbero sceglierla come «un lavoro che si sceglie con motivi diversi ma certamente per vocazione». A sottolinearlo, stavolta, è stata Cremona TV con un focus sulle professioni sanitarie.
Per apprendere «il lavoro di infermiere», è spiegato nel video (VEDI), «esiste un corso post-diploma che forma operatori sanitari con le conoscenze necessarie negli ambiti di prevenzione delle malattie, educazione sanitaria e assistenza dei malati e dei disabili di tutte le età».
E gli studenti intervistati, visibilmente emozionati, di certo non hanno migliorato questa che, a nostro avviso, è apparsa come una descrizione troppo semplicistica del corso di laurea in oggetto.
Leonardo ha infatti dichiarato di aver scelto di diventare infermiere una volta che, a causa della malattia della madre, si è trovato a essere care-giver (di fatto badante) e si è visto piombare in casa l’infermiere che gli ha finalmente mostrato «cos’è l’umanità verso la persona».
Valeria, subito dopo, non ha di certo migliorato la situazione: «Conoscendo amici che facevano questo percorso ho voluto provare e, una volta iniziato, mi sono innamorata, perché è un lavoro che ti porta grande gratificazione. La relazione col paziente, comunque dargli quella mano che gli fa uscire quel sorriso che a volte fa tanto, insomma, anche quando stanno male».
Siamo sicuri che presentare in questo modo l’infermieristica, tra vocazione, missione, umanità, sacrificio e manine pronte a regalare sorrisi, funzioni ancora per attrarre i giovani verso una professione sempre più in via di estinzione?
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