Anna, l’infermiera malmenata all’ospedale San Leonardo di Castellammare, in diverse interviste (VEDI articolo “Infermiera aggredita? Hanno fatto bene, a mio figlio hanno dato un codice bianco e ha dovuto pagare il ticket”), ha raccontato i terribili istanti vissuti lo scorso 3 gennaio; momenti che le hanno segnato il viso e l’anima.
A Il Corriere della Sera ha spiegato: «La sala del codice rosso era piena di parenti di persone che avevano bisogno di cure: sembrava un mercato. Mia sorella Maria Rosaria, che pure fa l’infermiera al Pronto Soccorso del San Leonardo, aveva già detto più volte di uscire, che era pericoloso stare in tanti in uno spazio limitato, in primis proprio per i pazienti. Ma come risultato aveva ottenuto solo insulti».
E ancora: «Io mi sono trovata a passare per caso in quella sala. E, dopo qualche istante, mi sono sentita la mano di un uomo sulla spalla che mi spingeva in disparte. Credevo che volesse raccomandarmi del suo parente, come accade di solito.
Invece, quando ho visto che, contemporaneamente, mia sorella subiva un’aggressione da parte di una donna dello stesso gruppo familiare dell’uomo e ho tentato di avvicinarmi per aiutarla, improvvisamente, ho ricevuto un pugno fortissimo che mi ha fatto saltare l’incisivo superiore, scheggiato tre denti, mi ha procurato una infrazione alle ossa nasali e un trauma facciale: in tutto, 25 giorni di prognosi. Anche quella che ho subito io è una violenza di genere, non solo non si è fermato davanti a una donna, mi ha pestato proprio perché donna».
A Sky TG24, la professionista ha dichiarato: «Sono molto demoralizzata». E ancora: «Sono tre giorni che non dormo, sono distrutta. Non ho nemmeno la forza di parlare, di reagire, ma lo sto facendo perché voglio che il sistema cambi».
«Dobbiamo lavorare in condizioni di sicurezza, ci siamo stancati di andare a lavoro e di combattere con pazienti e familiari che vogliono aggredirci e che non capiscono che la colpa non è nostra, ma del sistema sanitario nazionale. Il sistema sanitario nazionale non ci mette nelle condizioni di poter lavorare bene: hanno chiuso tutti i pronto soccorso della zona e ne è rimasto solo uno, il nostro. In più manca il personale, siamo troppo pochi per gestire tutta l’utenza che arriva» ha concluso Anna.
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