In Veneto mancano qualcosa come 5000 infermieri. E, così come in diverse altre regioni, la forbice tra la dotazione organica ottimale e gli effettivi infermieri in servizio (gli iscritti all’Albo sono 37.195), si allarga sempre di più. Ma a preoccupare è soprattutto il fatto che i giovani non si fanno più abbindolare da strampalati appelli alla vocazione e il sacrificio e non si iscrivono più al corso di laurea a tema.
Infatti, sebbene le università di Padova e Verona abbiano recentemente aumentato di circa il 6% il numero di posti dei corsi di laurea in infermieristica, i fatti dicono che c’è stato un netto calo medio di circa il 20% delle domande di iscrizione totali.
La preoccupazione del sindacato Nursing Up, affidata a una nota del responsabile veneto Guerrino Silvestrini, è palpabile: «Questi dati dimostrano in maniera lampante che la professione sta perdendo appeal, nonostante gli sforzi fatti per potenziare un’offerta formativa d’eccellenza e l’urgenza di dover reperire figure dell’area infermieristica per far funzionare il nostro sistema sociosanitario, l’interesse va scemando».
E ancora: «Ci sono due ragioni che spiegano questo preoccupante fenomeno: la condizione lavorativa proibitiva e la scoraggiante prospettiva economica. Chi lavora è chiamato a dare sempre di più in termini di orario aggiuntivo, salti di riposi, notturni da gestire in carenza di organico, ma riconoscimento e gratificazioni che ne conseguono sono assolutamente inadeguati. Le conseguenze sono le dimissioni precoci dalle strutture sanitarie pubbliche».
Sotto il profilo salariale – conclude Silvestrini – l’anno scorso è stato rinnovato il contratto nazionale e, grazie a Nursing Up, è stata ripristinata l’indennità specifica di professione infermieristica, adesso in fase di rinnovo contrattuale ne chiediamo il raddoppio all’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (Aran) attraverso lo stanziamento di altri 430 milioni di euro (70 euro lordi al mese). L’obiettivo è di giungere ad un aumento dello stipendio dell’infermiere e delle altre professioni sanitarie, in linea con la media europea, così da evitare la fuga dalla sanità pubblica verso la libera professione o la ricerca di nuove opportunità all’estero. Ne va della tenuta del sistema».
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