“Decreto Liste d’Attesa? Un provvedimento di facciata, c’è poca attenzione alla valorizzazione degli infermieri”


In una memoria piuttosto critica, il segretario nazionale del sindacato Nursind Andrea Bottega ha attaccato il Decreto sulle liste d’attesa. La riportiamo qui per intero.

«Il Decreto in esame propone misure necessarie ed urgenti per affrontare il problema delle liste d’attesa per le prestazioni sanitarie, comprendenti le visite specialistiche e gli esami diagnostici. Tuttavia, è bene ricordare che leliste d’attesa costituiscono un fenomeno complesso, influenzato da una molteplicità di variabili, che difficilmente può essere risolto con soli sette articoli di merito. Infatti, anche qualora si riuscisse a ridurre il numero delle prime visite, i tempi di attesa si trasferirebbero dalla fase diagnostica a quella terapeutica, con un conseguente aumento degli interventi chirurgici necessari. Le strutture pubbliche, già afflitte da una carenza di personale e di posti letto, non sarebbero in grado di soddisfare tutte le richieste, tenuto conto che molte sale operatorie sono già operative sei giorni su sette.


Mentre si discute di autonomia differenziata, il provvedimento in esame tenta paradossalmente di centralizzare la responsabilità politica sui tempi di attesa. Tuttavia, la gestione delle liste d’attesa attiene a due aspetti di competenza strettamente regionale: l’organizzazione dei servizi e il reclutamento che dipende dalla disponibilità delle professionalità necessarie presenti nel mercato del lavoro. I tempi di attesa, infatti, variano da regione a regione e persino da azienda sanitaria a azienda sanitaria, in base a specifici fattori locali.

L’articolo 4 prevede un potenziamento dell’offerta assistenziale durante il sabato e la domenica, con l’obiettivo di “evitare le degenze prolungate dovute alla mancanza di disponibilità per gli esami diagnostici”. È opportuno sottolineare che le strutture pubbliche operano non solo in regime programmato, ma anche in regime di urgenza, garantendo durante il sabato e la domenica tutte le prestazioni urgenti, a differenza delle strutture private che non sono obbligate a farlo. È quindi evidente che, per incrementare ulteriormente le prestazioni nei giorni festivi e prefestivi, è necessario assumere nuovo personale perché quello presente copre già il servizio. Le norme sull’orario di lavoro prevedono che sia garantito ai lavoratori il riposo settimanale e sia intraprese iniziative per conciliare il tempo vita-lavoro, evitando così che essi abbandonino le strutture sanitarie pubbliche, come sta avvenendo attualmente».


Sulle misure previste per aumentare il tetto per la spesa del personale, il sindacato elenca i punti critici del testo che mettono in forte dubbio il reale aumento delle risorse a disposizione: «A nostro avviso, più che di un superamento, si tratta di un abbassamento del tetto di spesa per il personale sanitario.Altro aspetto di novità, che richiede ulteriori chiarimenti in fase di conversione, riguarda il titolo dell’articolo che specifica “personale sanitario” anziché fare riferimento in modo generico al personale. Sorge quindi il dubbio se ciò implichi che l’aumento della spesa sia destinato esclusivamente all’assunzione di personale sanitario, mentre per il resto del personale sia previsto esclusivamente un turnover. In aggiunta, la situazione attuale e prospettica del mercato del lavoro evidenzia notevoli difficoltà nel reperimento di personale infermieristico e di supporto, rendendo imperativa l’allocazione delle nuove risorse principalmente verso il personale medico, il cui incremento è previsto in modo significativo, tanto che già si parla di un ritorno alla pletora medica.


Tuttavia, senza un adeguato numero di infermieri, ci si troverà costretti a considerare la chiusura di interi reparti e di alcuni ospedali spoke. La carenza di infermieri, che già oggi rende problematica l’operatività delle case della salute e degli ospedali di comunità in Italia, rappresenta un fenomeno globale che non può essere affrontato ignorando l’importanza cruciale di questa figura nella garanzia delle cure sanitarie.


Durante lo sciopero degli infermieri nel novembre 2023, i cittadini hanno sperimentato direttamente le conseguenze di tale carenza: ambulatori chiusi, sale operatorie inattive, servizi diagnostici e interventistici non funzionanti. L’idea di risolvere questa carenza, destinata ad aumentare ulteriormente di 50.000 unità entro il 2030, importando infermieri dall’estero senza un piano organizzato, senza tenere conto del livello salariale in rapporto al costo della vita e vincendo la concorrenza di molti altri Paesi è manifestamente irrealistica. Più delle liste d’attesa, questo rappresenta il reale ostacolo alla sostenibilità del nostro Servizio Sanitario Nazionale. Di tale problema nessuno se ne sta facendo carico e mentre altri Paesi nominano un Commissario straordinario per l’emergenza infermieristica il nostro Governo si ferma al Commissario per il granchio blu. Che ci sia poca attenzione ai problemi e alla valorizzazione degli infermieri è dimostrato anche dal fatto che all’interno del Ministero della Salute non sia presente nemmeno un dirigente delle professioni infermieristiche».

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Alessio Biondino

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