La carenza di infermieri? C’è da sempre o quasi, ma stavolta si è tirato troppo la corda e ci sono dei segnali inquietanti, che sanno di irreversibilità e che potrebbero sfociare in una crisi del nostro sistema sanitario senza precedenti. È questo l’allarme, uno dei tanti, lanciato dal presidente Opi di Macerata, Sandro Di Tuccio (VEDI intervista su Il Resto del Carlino): «L’aspetto più inquietante è che, anche qui da noi, è iniziato un fenomeno già emerso in altre realtà.
Ci sono infermieri che, nonostante la professionalità sviluppata, escono dall’Ordine perché cambiano lavoro, vanno a fare qualcosa di completamente diverso. Salvo casi particolari e rarissimi, non era mai accaduto».
Cosa succede? Di Tuccio lo spiega senza mezzi termini: «Succede che questa professione non attrae più. Fare l’infermiere è difficile, complesso, e richiede enormi sacrifici familiari e sociali (si pensi a una vita fatta su turni; ndr) per una retribuzione ben al di sotto di quella di altri lavori – diciamo così – meno impegnativi. Non c‘è da stupirsi, dunque, se poi i giovani scelgano altro».
Cosa fare, allora? «La soluzione non è importare infermieri stranieri– sottolinea il presidente Opi –. Intanto servono agevolazioni sulle tasse universitarie, tra le più care di tutte le facoltà. E, poi, è necessario ripensare i percorsi universitari per renderli più attrattivi attraverso una revisione delle lauree magistrali, individuando – per iniziare – tre aree di sviluppo specialistico (cure primarie, cure pediatriche e neonatali, cure intensive ed emergenza), alle quali legare poi una progressione di carriere oggi inesistente. Bisogna intervenire in maniera concreta sulle remunerazioni, poiché per gli infermieri i soldi non ci sono mai».
Bisogna valutare seriamente la “questione infermieristica” nazionale, quindi. Cosa che, al momento, la politica sembra ignorare quasi del tutto. «Se non si investe un maniera concreta – conclude Di Tuccio – oggi non avremo le risorse necessarie per affrontare le sfide di un sistema sanitario che sarà con il passare del tempo sempre più tecnologico, che deve affrontare sempre più cronicità con una popolazione che avrà una età media sempre maggiore negli anni. Senza un intervento profondo in grado di ridare attrattività alla professione e di riequilibrare gli organici, la carenza non sarà più un problema della professione, ma del Paese e dei cittadini. Senza infermieri non c’è futuro, perché non c’è assistenza e non c’è salute».
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