Quella infermieristica, oggi, ha davvero i connotati di una professione? O, come affermano sempre più colleghi sull’orlo del burnout e della fuga, assomiglia di più a una “crociata per missionari” (VEDI articolo)? Fatto sta che a volte accade che vi siano solo due infermieri per quaranta pazienti. E lavorare in ospedale a condizioni di questo tipo non può non configurarsi come un vero e proprio incubo.
Questi “turni massacranti, ai limiti del disumano” hanno portato il sindacato USB a inviare, lo scorso giugno, una diffida all’ASST di Lodi. La loro principale preoccupazione è che, lavorando “anche 15 giorni di seguito senza pausa e più notti consecutive senza riposo”, possano commettere errori che danneggerebbero i 40 ospiti del piccolo ospedale di Sant’Angelo Lodigiano.
La stanchezza può farli sbagliare o costringerli a trascurare un paziente per ore, dando priorità a chi ha problemi più gravi, a scapito della dignità del malato. Due dei quattro infermieri in servizio hanno raccontato all’AGI una situazione simile a quella di altri ospedali, ma qui accentuata dalle ridotte dimensioni della struttura e da un dettaglio che complica ulteriormente le cose. “Tra un’ala e l’altra dell’ospedale c’è un atrio comune di 50 metri e, se c’è un’emergenza in una delle due ali, si rischia di lasciare scoperta l’altra, affidandola solo agli OSS che non hanno le competenze per alcune mansioni”.
“I pazienti sono sempre 40, ma da sette mesi nei turni di giorno siamo solo 2 o 3 infermieri e 3 OSS, mentre prima eravamo in 4 e 4, e già era uno scenario critico. Di notte siamo 2 e 2, divisi tra l’ala A e l’ala B. Turni senza riposo per due settimane e più notti consecutive sono previsti solo in situazioni di maxi emergenza, ma ora i minimi sindacali sono diventati la norma. Per noi sta diventando fisicamente impossibile, siamo stremati – denunciano -.
In teoria ci occupiamo di pazienti a bassa intensità, ma solo sulla carta, perché si tratta di persone con patologie respiratorie che necessitano di ventilazione e ossigeno, e anziani con diverse malattie. Non abbiamo mai voluto creare problemi all’ASST, ma sentiamo che la possibilità di commettere errori aumenta sempre di più e dobbiamo rispettare anche le famiglie che ci affidano i loro cari. La relazione umana con i pazienti è scomparsa, ma questo non è un lavoro in fabbrica e non è accettabile”.
Gli infermieri affermano di non avere neppure il tempo per mangiare. “La pausa pranzo non esiste, a volte sgranocchiamo qualcosa di veloce tra una terapia e l’altra mentre siamo sommersi dalle richieste. A volte prepariamo le colazioni perché gli OSS non riescono, dovendo anche lavare venti persone. Così, mentre somministriamo le terapie, garantiamo anche il pasto del mattino. L’azienda afferma di non poter fare nulla perché i concorsi vanno deserti, ed è vero. Ma allora riduciamo i posti letto, anche se sappiamo che questo non si può fare perché altrimenti saltano i guadagni. Tutto questo per uno stipendio di 1700 euro lordi, poco più di quello degli OSS, per i quali abbiamo massimo rispetto, ma che, a differenza nostra, non hanno preso una laurea e fatto anni di sacrifici. Chi può, quindi, va a lavorare in Svizzera o in Paesi dove siamo considerati professionisti”.
“L’ASST di Lodi non ha mai risposto a lettere, solleciti o diffide – dichiara Paolo Verdelli, il sindacalista che ha raccolto le segnalazioni dei lavoratori -. Chiediamo un intervento urgente alla direzione sanitaria per integrare il personale in turno o per ridurre temporaneamente i posti letto, a tutela degli operatori sanitari e dei pazienti”.
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