Nessuno vuole più studiare da infermiere. E se in Lombardia c’è davvero da preoccuparsi (VEDI articolo Infermieristica: all’Insubria 159 iscritti, ma i posti sono 249), anche in Piemonte c’è poco da stare allegri: i dati messi a disposizione da Nursind dicono che a fronte di 1175 i posti disponibili per infermieristica, le domande per la partecipazione ai test di ingresso sono state soltanto 1052. 123 in meno.
E il triste bilancio, già di per sé poco rassicurante, è destinato inevitabilmente ad aggravasi già durante il primo anno di studi, visto che la percentuale consolidata di studenti che lasciano il corso di laurea rappresenta un altro buon 10%.
“Ma l’ulteriore domanda da porci è anche un altra – dicono dal sindacato-. Di questi che porteranno a termine il percorso di studi, quanti sceglieranno di lavorare nel servizio sanitario pubblico e quanti invece la sanità privata, allettati da condizioni di lavoro migliori e maggior guadagni. Quanti decideranno di restare in Piemonte o sceglieranno altre regioni Italiane che stanno investendo sull’aumento dei salari e/o politiche di welfare ( vedi valle d’aosta e veneto ) oppure decideranno addirittura di andare all’estero dove i salari e le condizioni sono decisamente migliori”.
“Una cosa è certa – concludono dal Nursind –: nella nostra regione, il numero di uscite, per pensionamenti o dimissioni precoci sempre in aumento, sarà decisamente maggiore del numero di entrate. Avremo molti meno infermieri e questo non potrà non avere una ricaduta sui servizi. Di fronte a questo dato di fatto, oggi ancora non si sta facendo nulla.
E se come dicevamo in un recente comunicato, la Valle d’Aosta ha incrementato gli stipendi di 300 euro attraverso una indennità di attrattività, il Veneto ha stanziato 150 milioni di euro per l’incremento dei salari e rendere attrattiva la Sanità Regionale e la Lombardia offre case a prezzi calmierati, il Piemonte cosa fa? Per quale motivo i giovani a parità di condizioni dovrebbero scegliere una professione che chiede più sacrificio e comporta senza ombra di dubbio più disagi, più rischi e che oltretutto ha un impatto non da poco conto sulla salute fisica e psicologica, oltre che sulla vita personale e familiare”.
“Chiediamo pertanto, a fronte di una politica nazionale che non se ne occupa, che la regione Piemonte istituisca una commissione o una unità di crisi sulla questione infermieristica. Serve incidere sui salari e sulle condizioni di lavoro, investendo risorse economiche e mettendo in atto interventi strategici e organizzativi. Servono inoltre campagne promozionali e agevolazioni per gli studenti incentivando i giovani ad intraprendere questo percorso”.
Ed ecco che alcuni media ricominciano a parlare di “crisi di vocazione”, forse memori degli illustri punti di vista di alcuni esperti in materia universitaria, come quello del bocconiano Longo che non molto tempo fa ha tuonato: “L’infermiere? Un lavoro oblativo, bisogna investire sulle vocazioni”. Amen.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento