Ciro, infermiere barese di 53 anni, è a dir poco innamorato della sua professione. E dopo tanti anni di attività, tra pronto soccorso e 118, non ha alcuna voglia di mollare. Nonostante le aggressioni: «Faccio l’infermiere da 30 anni, vittima di aggressioni verbali e anche fisiche da sempre. Però… Io non mi dimetto. Non ho nessuna intenzione di lasciare questo posto di lavoro, perché è la mia passione. È il mio obiettivo di vita» spiega al TGR Puglia.
«Io ho studiato e ho investito tanto per questo lavoro – continua l’infermiere – per questa passione. È come un pilota, che investe sulla propria passione e rischia la vita a 300 all’ora».
Certo, magari lo stipendio e il riconoscimento sociale sono un tantino diversi, ma la metafora di Ciro ha reso pienamente l’idea. Il problema è che per questa passione capita anche di ritrovarsi con una pistola puntata alla tempia, ma tant’è: «Mi ha puntato la pistola in testa e mi ha detto: “Che faccio, lo sparo l’infermiere?”» Racconta Ciro, descrivendo un terrificante episodio in cui se l’è vista davvero brutta.
Sulle aggressioni al personale sanitario, oramai all’ordine del giorno, l’infermiere sottolinea: «Di fronte a queste personalità così violente noi siamo delle formichine, non si può fare niente. C’è solo da rimanere immobili».
E, come ben sappiamo, il grave problema è anche sottostimato, visto che non tutti denunciano: «Io, personalmente, di aggressione fisica una ne ho denunciata, però l’atra… è andata così, diciamo. Perché va così. Oggi tutti sanno perfettamente dove lavoriamo».
Ma, a quanto pare, interessa a pochi.
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