Aggredì l’infermiere, ma anziché scusarsi ha preferito finire a processo


Invece di scusarsi, ha preferito affrontare il processo. È la vicenda di un uomo di 70 anni residente a Tegoleto (Civitella, Arezzo), che nel maggio 2023 ha aggredito un infermiere durante un trattamento sanitario (una medicazione). Offese, spintoni e persino il lancio di una scarpa e di una bottiglia d’acqua: questo il quadro dell’episodio. Bruno Bruschi, l’infermiere coinvolto, ha riportato cinque giorni di prognosi a causa di un pugno alla spalla. Un’esplosione di violenza, i cui motivi restano ancora oggi poco chiari. E, a quasi due anni di distanza, la situazione non sembra essersi pacificata.


L’infermiere Bruschi, assistito dal suo legale Stefano Buricchi, aveva offerto all’aggressore una possibilità per chiudere la vicenda in modo conciliatorio: una lettera di scuse pubbliche e un risarcimento dei danni. Una proposta che avrebbe potuto portare al ritiro della querela, pur trattandosi di un reato perseguibile d’ufficio. Tuttavia, il settantenne ha scelto di ignorare l’offerta, portando la vicenda in tribunale. Così, ieri mattina, davanti al giudice Giorgio Margheri, si è tenuta la prima udienza preliminare. La prossima è fissata per il 10 febbraio, data in cui inizierà la discussione.


Nel corso del processo verranno ascoltati i volontari e i carabinieri intervenuti sul posto durante quello che avrebbe dovuto essere un intervento di routine. Invece, l’episodio si è trasformato in una scena di tensione al punto che i militari hanno dovuto scortare l’ambulanza, visto che il paziente era fuori controllo e aveva aggredito Bruschi, che si trovava lì per aiutarlo.


Raggiunto telefonicamente, Bruschi ha espresso il suo rammarico e la sua sorpresa per quanto accaduto (VEDI Il Resto del Carlino). “Ho sporto denuncia perché ciò che è successo non è riconducibile a una patologia psicologica. È stato anche un gesto simbolico: non possiamo tollerare la violenza, e quella contro gli operatori sanitari viene spesso sottovalutata,” ha spiegato. “Paura? Sì, noi infermieri rischiamo ogni giorno. Le minacce sono all’ordine del giorno e le aggressioni non sono così rare. Ma quello che mi ha amareggiato di più è stato il fatto che io fossi lì per aiutarlo. Perché mi ha colpito?, si chiede, ancora scosso.

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Alessio Biondino

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