Gli operatori sanitari, soprattutto infermieri, seguitano a essere vittime di aggressioni fisiche e verbali, inseguimenti per i corridoi e continuano a essere costretti a barricarsi negli uffici in attesa delle forze dell’ordine. Nel 2023, questi episodi si sono verificati ben 18mila volte, con un incremento del 33% rispetto all’anno precedente. Si tratta di un fenomeno in continua espansione, che in cinque anni è aumentato del 38% in Italia, del 32% in Europa e del 39% nel resto del mondo.
Un recente studio dell’INPS ha messo in evidenza la portata di questa violenza, analizzando gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali del personale sanitario. Nel 2023, questo settore contava 1.760.591 lavoratori distribuiti in quasi 95mila aziende e ha registrato oltre 55mila denunce di infortuni sul lavoro.
“La sanità – si legge nello studio – è uno dei settori più colpiti dal grave fenomeno delle aggressioni sul posto di lavoro. Tra gli infortuni accertati nel 2023, uno su dieci è stato causato da un’aggressione, una percentuale tre volte superiore rispetto al totale dell’industria e dei servizi.” Le professioni più esposte includono infermieri e ostetriche (30% degli infortuni), operatori sociosanitari e assistenti alla poltrona (25%), seguiti da addetti all’assistenza personale, ausiliari e autisti di ambulanze. Gli infortuni hanno colpito prevalentemente lavoratori con più di 49 anni, e nella fascia 50-64 anni si è registrata la maggior parte dei decessi. Le lesioni più frequenti interessano mani, colonna vertebrale, ginocchia e caviglie, con diagnosi che includono contusioni, distorsioni e lussazioni, rappresentando oltre il 70% degli eventi.
Di fronte a questa escalation, il governo ha adottato misure più severe attraverso un decreto legge che introduce l’arresto obbligatorio in flagranza per chi aggredisce medici, infermieri e operatori sociosanitari, oltre all’arresto differito entro 48 ore in determinati casi. Inoltre, è stato introdotto il reato di danneggiamento di beni destinati all’assistenza sanitaria, con pene che prevedono da uno a cinque anni di reclusione e multe fino a 10.000 euro.
Nonostante queste iniziative, che evidentemente non bastano, il personale sanitario continua a vivere una situazione percepita come una vera e propria guerra quotidiana. Turni massacranti, carenza di personale e rischio costante aggravano il disagio. Pierino Di Silverio, Segretario Nazionale ANAAO ASSOMED, ha commentato: “Le aggressioni al personale sanitario sono un fenomeno preoccupante e inarrestabile. Le misure deterrenti sono utili, ma insufficienti senza interventi strutturali.”
Secondo gli esperti, le cause principali del fenomeno includono la crescente sfiducia dei pazienti verso i medici e il sistema sanitario, unita a liste d’attesa interminabili e tempi critici nei pronto soccorso. Sempre più spesso, i pazienti considerano la terapia come un bene di consumo da “acquistare” e reagiscono con violenza quando le proprie aspettative non vengono soddisfatte. Le lunghe attese e la percezione di inefficienza scatenano inoltre reazioni esasperate da parte dei familiari.
Per affrontare la situazione, gli esperti suggeriscono di rivedere il modello di presa in carico dei pazienti, investendo in infrastrutture adeguate e aumentando i posti di polizia nei presidi sanitari. Cruciale è anche l’impegno delle direzioni sanitarie generali, che dovrebbero costituirsi parte civile nei casi di aggressione e garantire la sicurezza del personale attraverso sistemi di controllo più efficaci nei pronto soccorso.
Solo un intervento deciso e coordinato potrà migliorare le condizioni di lavoro degli operatori sanitari e restituire agli ospedali la funzione di luoghi sicuri, dedicati alla cura e al benessere di tutti.
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