In nove mesi si sono dimessi volontariamente 20mila infermieri. La categoria è in fuga!


Lo ha ricordato, in una nuova nota, il presidente nazionale del sindacato Nursing Up, Antonio De Palma: nei primi nove mesi del 2024 si sono dimessi volontariamente oltre 20mila infermieri. Praticamente, il 170% in più rispetto all’anno precedente.  A dirlo è l’ultimo report del sindacato, che racconta di una «crisi senza precedenti», a cui comunque mancano ancora i dati dei quattro mesi finali dell’anno passato (perciò la situazione potrebbe essere assai peggiore).


«Il Servizio sanitario nazionale – spiega De Palma – sta crollando su se stesso, pezzo dopo pezzo, svuotato della sua risorsa più preziosa: i professionisti che garantiscono le cure ai cittadini. Sempre nei primi nove mesi del 2024 se ne sono andati anche 7mila medici. Ma il governo continua a ignorare l’allarme, lasciando che la sanità pubblica si sgretoli davanti ai nostri occhi».

La stima di Nursing Up fa rabbrividire: «Ogni mese lasciano il sistema sanitario oltre 2mila infermieri: se il trend negativo, nella migliore della ipotesi, si confermasse e non peggiorasse nei mesi successivi, da oltre 20mila si arriverebbe ad oltre 30mila dimissioni».


I motivi di questo sfacelo? Sempre gli stessi:  I «carichi di lavoro insostenibili», i «salari da fame» (le retribuzioni italiane sono tra le più basse d’Europa, ben al di sotto della media Ocse), un «indebitamento diffuso» (il 71% degli infermieri è costretto a contrarre prestiti per sbarcare il lunario).

E poi ci sono i turni massacranti, lo stress, il burnout e le botte in corsia. Ma non solo: «Nessuna valorizzazione professionale» (il 98% degli infermieri non si sente riconosciuto dalle istituzioni) e «perdita di fiducia» nella professione (il 75% degli intervistati non consiglierebbe a nessuno di intraprendere questa carriera).


De Palma non ha dubbi: «Si sta spegnendo la voglia di fare questo lavoro. Troppi infermieri non ce la fanno più e se ne vanno, non solo verso il privato o l’estero, ma addirittura cambiando completamente settore. Questo non è un esodo, è una disfatta».

Altresì, «l’Ocse conferma che sempre meno giovani scelgono la professione infermieristica. In Italia, tra il 2015 e il 2022, il numero di quelli che hanno tentato l’accesso ai corsi di laurea in infermieristica è calato del 20%, con oltre l’80% degli iscritti di sesso femminile, a riprova di una grave mancanza di attrattiva per gli uomini nel settore. La crisi di vocazioni si somma alla fuga di chi è già dentro il sistema, creando un circolo vizioso. Meno infermieri, più carichi di lavoro, più dimissioni, meno studenti».


Cosa serve per invertire la tendenza (sempre che si sia ancora in tempo per poterlo fare)? «Le soluzioni tampone non bastano più. Serve un intervento strutturale e deciso. Il tempo degli annunci è finito: urgono risposte concrete» sottolinea De Palma.

Che conclude, indicando le priorità: «Aumenti salariali urgenti, per avvicinare le retribuzioni alla media europea»; «piani straordinari di assunzione, per ridurre il carico di lavoro e garantire sicurezza nei reparti»; «investimenti nel benessere organizzativo, per tutelare la salute mentale degli operatori»; «incentivi per trattenere gli infermieri, scongiurando la fuga verso il privato e verso l’estero».

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Alessio Biondino

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