Infermiera aggredita e poi sospesa per aver detto “Signore” a pedofilo transgender

Redazione 08/04/25

L’ennesimo caso di aggressione fa discutere il Regno Unito. Un’infermiera inglese è stata sospesa dal servizio sanitario britannico per aver chiamato “Signore” un paziente transgender condannato per pedofilia, che le ha risposto usando la N-word. Un episodio che spacca l’opinione pubblica UK e mobilita tanto le coscienze dei cittadini quanto il dibattito politico nazionale.

L’infermiera ha ricevuto insulti razzisti

Jennifer Melle, infermiera del St Helier Hospital, lavora a Carshalton, nel Surrey del Regno Unito. L’operatrice sanitaria, che afferma più volte le sue radici cristiane, si è vista notificare la sospensione dal servizio a seguito di un confronto di pochi minuti con i superiori, in cui le è stato contestato l’uso del pronome maschile nei confronti di “Paziente X”, soggetto con precedenti per pedofilia.

È necessario ricordare che nel contesto delle nuove sensibilità, usare l’epiteto “signore” per una persona transgender che si identifica come donna equivale a negare la sua identità di genere, ed è vissuto come un atto offensivo e invalidante, anch’esso, a parimerito del secondo scontro, un insulto.

Infatti, secondo quanto riferito dalla stessa infermiera, il paziente l’avrebbe insultata tre volte con il peggiore degli epiteti razzisti, usando quella che viene definita la N-word, parola che richiama una lunga storia di razzismo, violenza e disumanizzazione nei confronti delle persone nere, ed è considerata profondamente offensiva e inaccettabile in qualsiasi contesto.

Ma in questo secondo caso, come denunciano i Conservatori inglesi e la stessa infermiera sospesa per aver chiamato Signore il pedofilo transgender, senza che ciò provocasse alcuna reazione da parte dell’istituzione che l’ha sospesa.

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Visto i continui momenti di alienazione dalla dura realtà che colpiscono le dirigenze sanitarie, sempre più in difficoltà nella corretta gestione delle risorse umane, del personale infermieristico e sanitario in generale, è fondamentale restare aggiornati su come tutelarsi dalle procedure disciplinari all’interno delle aziende sanitarie.

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Le procedure disciplinari delle professioni sanitarie

La giurisprudenza ha voluto spiegare la relazione umana e contrattuale che lega l’operatore al paziente e viceversa, coniando un nuovo termine: contatto sociale. Le professioni sanitarie consistono in attività delicate, che purtroppo, ora più frequentemente, incidono nella sfera personale del paziente e soprattutto nei suoi interessi primari, come è appunto la salute. L’attrito che ne può derivare, al di là delle capacità di gestione del professionista, finisce spesso nel contenzioso, che dapprima viene affrontato dalla stessa Azienda sanitaria, alla quale interessa primariamente la soddisfazione dell’utente. Per questo motivo, il professionista si trova ad affrontare delle accuse di negligenza, di imperizia o di imprudenza che si sviluppano in molti modi ma che potrebbero incidere anche definitivamente sul suo futuro professionale. Lo stress, il senso di abbandono e di disarmo che investono l’operatore innocente durante le fasi disciplinari sono perlopiù prodotti dal timore di veder macchiata la propria reputazione con effetti deleteri sull’autostima e sull’eterostima. Inoltre, l’ignoranza del diritto disciplinare è un catalizzante della paura che impedisce al lavoratore di difendersi pienamente dalle accuse perché paralizza ogni possibilità di reazione. Quest’opera è stata realizzata per offrire alle professioni sanitarie un utile strumento di conoscenza e, quindi, di difesa. per comprendere pienamente le regole del sistema così da poterlo gestire in maniera produttiva e, comunque, nel senso della verità e della giustizia. La conoscenza del diritto impedirà una strumentalizzazione della procedura disciplinare affinché non diventi un momento di ritorsione e di punizione per fatti estranei alle accuse. Mauro Di Fresco Insegna Diritto Sanitario ai master infermieristici di I e II livello della Prima Facoltà di Medicina e Chirurgia di Roma. Alla Seconda Facoltà (Ospedale Sant’Andrea) insegna Diritto del Lavoro Sanitario al Corso di Laurea Magistrale in Infermieristica. È relatore di diversi corsi ECM di carattere nazionale, responsabile del link Diritto Sanitario nella rivistaLa Previdenzae scrive anche su Studio Cataldi, Diritto e Diritti, Infoius.it. È consulente legale nazionale di diversi sindacati che operano nel comparto Sanità e nella Dirigenza Medica oltre che in 52 Associazioni di pazienti.

 

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L’intervento della politica e il divario morale delle nuove sensibilità

Il caso ha quindi suscitato reazioni anche in ambito politico. Kemi Badenoch, esponente del Partito Conservatore, ha definito “completamente folle” la decisione di sospendere l’infermiera, aggiungendo con parole molto forti e polarizzanti che “nessuno dovrebbe essere punito sul posto di lavoro per aver affermato la realtà biologica di fronte a un pedofilo“.

L’infermiera ha dichiarato di essere devastata per il provvedimento ricevuto, affermando di sentirsi doppiamente vittima: “Sono stata insultata, messa a rischio, e ora anche sospesa. Il messaggio che passa è che bisogna tollerare il razzismo e negare la realtà per non contraddire chi ha un passato criminale“.

Secondo fonti ospedaliere, sarebbe in corso anche un’indagine interna per una presunta violazione della riservatezza dei dati sensibili, contestata alla professionista.

Il caso solleva nuovamente interrogativi sull’equilibrio tra tutela delle identità di genere e protezione del personale sanitario, soprattutto in presenza di pazienti con comportamenti minacciosi o aggressivi.

Oltre all’enorme divario morale ed etico che imperversa la quotidianità dei sanitari di fronte ad una società che continua a cambiare sempre più velocemente le sue sensibilità su temi sempre più polarizzanti, non solo politicamente, ma anche umanamente.

Redazione

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