Il medico americano Louis M. Profeta nel suo lavoro in un Pronto Soccorso di Indianapolis ha condiviso un post sul motivo per cui visita il profilo social dei pazienti che perde inevitabilmente e come questo lo aiuti a comunicarlo meglio ai cari che gli sono sopravvissuti. Come nel caso di una madre e un padre che perdono un figlio.
Segue la lettera:
Mi fa sembrare umano
«Mi fa sembrare umano. Vedi, sto per cambiare le loro vite — quelle di tua madre e tuo padre —. In circa cinque minuti, non saranno mai più gli stessi, non saranno mai più felici».
«Adesso, a essere onesti, sei solo un corpo senza nome che abbiamo intubato nel disperato tentativo di essere salvato. Non c’è movimento, vita, nulla che mi dica che avevi sogni o aspirazioni. Lo devo a loro, imparare un po’ di te prima di dover dare la notizia» («Right now, to be honest, you’re just a nameless dead body that feels like a wet bag of newspapers that we have been pounding on»).
Io non so niente di te
«Perché adesso… sono arrabbiato con te, per quello che hai fatto a te stesso e quello che stai per fare a loro. Io non so niente di te. Lo devo a tua madre, dare una sbirciata nel tuo mondo una volta vivo».
«Magari stavi messaggiando anziché guardare la strada, o eri ubriaco quando avresti dovuto chiamare un Uber. Magari hai sniffato eroina o una riga di cocaina per la prima volta. Magari non hai indossato il casco in bicicletta o non hai ascoltato i tuoi genitori quando ti dicevano di non uscire con “quell’amico”. Magari ti sei solo arreso. Magari era semplicemente il tuo momento, ma c’era la possibilità… che non lo fosse»
Lo rende quel poco più semplice
«Così ho guardato la foto sbiadita della tua patente, ho cliccato sul mio iPhone e ho cercato su Facebook. Ci sono speranze che abbiamo un amico in comune da qualche parte. Conosco un sacco di gente. Vedo il tuo sorriso, come dovrebbe essere, il colore dei tuoi occhi quando erano pieni di vita, te sulla spiaggia, soffiando le candeline, Natale dalla nonna. Hai anche un cane maltese, vedo. Bene, adesso saprò esattamente chi sono quando entrerò nella stanza. Lo rende quel poco più semplice per me, ho una domanda in meno da fare»
«Sei fortunato a non dovere vedere tutto ciò. Papà che urla il tuo nome, mamma che si strappa i capelli, accasciata sul pavimento con le mani sulla testa, come se dovesse proteggersi da colpi invisibili». Così, conclude, «io controllo la tua pagina Facebook prima di dire loro che sei morto perché mi ricorda che sto parlando di una persona, qualcuno che loro amavano».
Professione infermiere: alle soglie del XXI secolo
La maggior parte dei libri di storia infermieristica si ferma alla prima metà del ventesimo secolo, trascurando di fatto situazioni, avvenimenti ed episodi accaduti in tempi a noi più vicini; si tratta di una lacuna da colmare perché proprio nel passaggio al nuovo millennio la professione infermieristica italiana ha vissuto una fase cruciale della sua evoluzione, documentata da un’intensa produzione normativa. Infatti, l’evoluzione storica dell’infermieristica in Italia ha subìto un’improvvisa e importante accelerazione a partire dagli anni 90: il passaggio dell’istruzione all’università, l’approvazione del profilo professionale e l’abolizione del mansionario sono soltanto alcuni dei processi e degli avvenimenti che hanno rapidamente cambiato il volto della professione. Ma come si è arrivati a tali risultati? Gli autori sono convinti che per capire la storia non basta interpretare leggi e ordinamenti e per questa ragione hanno voluto esplorare le esperienze di coloro che hanno avuto un ruolo significativo per lo sviluppo della professione infermieristica nel periodo esaminato: rappresentanti di organismi istituzionali e di associazioni, formatori, studiosi di storia della professione, infermieri manager. Il filo conduttore del libro è lo sviluppo del processo di professionalizzazione dell’infermiere. Alcune domande importanti sono gli stessi autori a sollevarle nelle conclusioni. Tra queste, spicca il problema dell’autonomia professionale: essa è sancita sul terreno giuridico dalle norme emanate nel periodo considerato, ma in che misura e in quali forme si realizza nei luoghi di lavoro, nella pratica dei professionisti? E, inoltre, come si riflettono i cambiamenti, di cui gli infermieri sono stati protagonisti, sul sistema sanitario del Paese? Il libro testimonia che la professione è cambiata ed è cresciuta, ma che c’è ancora molto lavoro da fare. Coltivare questa crescita è una responsabilità delle nuove generazioni. Le voci del libro: Odilia D’Avella, Emma Carli, Annalisa Silvestro, Gennaro Roc- co, Stefania Gastaldi, Maria Grazia De Marinis, Paola Binetti, Rosaria Alvaro, Luisa Saiani, Paolo Chiari, Edoardo Manzoni, Paolo Carlo Motta, Duilio Fiorenzo Manara, Barbara Man- giacavalli, Cleopatra Ferri, Daniele Rodriguez, Giannantonio Barbieri, Patrizia Taddia, Teresa Petrangolini, Maria Santina Bonardi, Elio Drigo, Maria Gabriella De Togni, Carla Collicelli, Mario Schiavon, Roberta Mazzoni, Grazia Monti, Maristella Mencucci, Maria Piro, Antonella Santullo. Gli Autori Caterina Galletti, infermiere e pedagogista, corso di laurea magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma.Loredana Gamberoni, infermiere, coordinatore del corso di laurea specialistica/ magistrale dal 2004 al 2012 presso l’Università di Ferrara, sociologo dirigente della formazione aziendale dell’Aou di Ferrara fino al 2010. Attualmente professore a contratto di Sociologia delle reti di comunità all’Università di Ferrara.Giuseppe Marmo, infermiere, coordinatore didattico del corso di laurea specialistica/ magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede formativa Ospedale Cottolengo di Torino fino al 2016.Emma Martellotti, giornalista, capo Ufficio stampa e comunicazione della Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi dal 1992 al 2014.
Caterina Galletti, Loredana Gamberoni, Giuseppe Marmo, Emma Martellotti | 2017 Maggioli Editore
32.00 € 25.60 €
Le lettere di infermieri e medici
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