Giovani infermieri: volo pindarico tra sogni e prospettive, tra criticità e futuro.
In questi ultimi anni la professione infermieristica, che tradizionalmente vedeva una pressochè immediata occupazione post laurea, ha risentito anch’essa della crisi economico-finanziaria, ma soprattutto di un grande ridimensionamento delle attività del Servizio sanitario pubblico nazionale.
Sono stati chiusi Ospedali, si sono ridotte molte attività ospedaliere e ambulatoriali, poche le alternative sul territorio, scarsa l’assistenza domiciliare, grandi e gravi le differenze tra Nord e Sud. A fronte di questo, l’aumento dell’aspettativa di vita e l’andamento demografico hanno condotto la società verso un progressivo incremento della popolazione anziana, rispetto a quella giovane di cui è necessario prendersi cura.
Inoltre l’evoluzione medico-scientifica, farmaceutica e tecnologica permette oggi alle persone di convivere frequentemente con diverse patologie croniche, rare, più o meno gravi, le costringe ad assumere tante terapie e a sottoporsi a continue indagini diagnostiche. Di queste persone occorre farsi carico soprattutto sul territorio e a domicilio.
L’infermiere di famiglia e di comunità
A questo proposito in questi giorni si parla molto del disegno di legge sull’istituzione a livello nazionale della figura dell’Infermiere di Famiglia e di Comunità. Questa in sostanza è la realtà.
I futuri infermieri però sembrano percepire una realtà, ahimè, spesso distorta che proviene dalla convinzione anacronistica, che l’assistenza sia prevalentemente ospedaliera e che l’Ospedale sia l’unico setting assistenziale in cui auspicabile lavorare. Pertanto, molti di loro vedono, come nell’immaginario collettivo, il proprio futuro in linea di massima nel servizio pubblico, come dipendenti che lavorano esclusivamente in Ospedale con un profilo di competenze e responsabilità limitato rispetto alle proprie enormi e misconosciute potenzialità.
Rappresenta evidenza di ciò la cronaca dei mega concorsi pubblici a cui partecipano decine di migliaia di aspiranti professionisti per pochi posti con una enorme spesa da parte sia di chi partecipa che di chi organizza.
L’infermiere libero professionista
Sembra però affermarsi sempre più prepotentemente la libera professione per gli infermieri. Si tratta di un fenomeno derivante da più fattori. Tra questi da una parte sicuramente l’aumento del bisogno e della conseguente richiesta di prestazioni assistenziali che il nostro SSN non riesce a garantire, in particolar modo sul territorio e a domicilio, e nei confronti di persone anziane, fragili, sole e affette da patologie croniche e dall’altra l’aumento esponenziale dei liberi professionisti, se consideriamo che sono passati da solo 8000 nel 2012 a circa 40.000 oggi, cioè il 10% del totale di Infermieri iscritti all’Ordine delle Professioni Infermieristiche.
Infine altra spinta certamente l’evoluzione della formazione e del relativo esercizio professionale che ha accompagnato la professione infermieristica verso livelli di maturità tali da inserirla nel novero delle cosiddette professioni intellettuali a tutto tondo.
Tuttavia dove troviamo la prima contraddizione? La troviamo nel gap esistente tra la formazione di base e la realtà del mondo lavorativo.
Il gap tra università e mondo del lavoro
Difatti sono pressochè assenti nei Corsi di Laurea discipline, moduli, laboratori, attività integrative, esperienze di tirocinio, simulazioni inerenti l’assistenza infermieristica sul territorio e a domicilio oppure spazi destinati ad orientare i futuri Infermieri ad una migliore comprensione dei meccanismi, delle regole, del mercato, delle opportunità, delle criticità e degli sviluppi correlati all’esercizio della libera professione infermieristica in tutte le sue forme ed infine assenti anche contenuti con cui si cerca di collegare la pratica clinica infermieristica alle più recenti acquisizioni legate all’evoluzione tecnologica, strumentale ed informatica, specie nella comunicazione e nella relazione.
Secondo una recente ricerca Censis-Fnopi-Enpapi, gli italiani apprezzano molto gli Infermieri e richiedono frequentemente prestazioni infermieristiche private fuori dall’Ospedale continuative oppure una tantum. Secondo questa ricerca nel 2012 erano 3 milioni gli italiani che hanno dichiarato di essersi rivolti ad un infermiere privatamente. Nel 2016 sono arrivati a ben 12,6 milioni i cittadini che si sono rivolti a un infermiere privatamente e pagando di tasca propria.
Economicamente si è passati quindi da una modica spesa di 850 milioni a quella di ben 6,2 miliardi di euro in un anno per prestazioni infermieristiche. Ma la nota dolente è che 6,3 milioni di italiani hanno pagato in nero, senza fattura, le prestazioni, per intero o in parte cioè quasi uno su due. Il sommerso, come ben sappiamo, non aiuta i professionisti a crescere e non libera l’Infermiere dalla piaga dell’abusivismo, ma soprattutto non fa evolvere come dovrebbe la libera professione. Insomma luci ed ombre, come accade frequentemente nel nostro Paese.
Le modalità infermieristiche di lavoro autonomo
Si può sinteticamente dire che l’attività libero professionale può essere svolta dall’Infermiere in forma individuale oppure collegiale insieme ad altri professionisti. Nel primo caso rientra l’apertura di una propria partita iva con la quale ad esempio avviare una struttura ambulatoriale infermieristica o lavorare presso un Ambulatorio già esistente.
Con la forma individuale sono possibili contratti di consulenza per qualsiasi ente pubblico o privato di assistenza, educazione e ricerca. Per attività collegiali si intende l’apertura di studi associati o la collaborazione con essi, la creazione di Società tra Professionisti o di altre forme societarie e imprenditoriali con l’identificazione del proprio ruolo all’intero.
Il mondo delle Cooperative rappresenta spesso quello più conosciuto, ma anche misconosciuto e controverso. Infine, ma molto più complesso, il contributo all’interno di Agenzie, Srl. Srls, Spa, multinazionali ecc. dove l’Infermiere può effettuare formazione e informazione, divulgare, sperimentare e distribuire tecniche, strumenti e innovazioni.
L’infermiere consulente e formatore
Tra le consulenze oggi più in voga quelle legate alla formazione avanzata e specialistica (clinica, formativa ed organizzativa) come ad esempio l’Infermiere esperto wound care, oppure l’Infermiere impiantatore e gestore di accessi vascolari centrali a guida ecografica come i PICC, o l’Infermiere stomatoterapista, esperto anche di processi educativi e formativi.
Un capitolo a parte andrebbe aperto per l’Infermiere esperto nella ricerca e nei processi formativi e per le opportunità di lavoro all’interno del mondo accademico e universitario in qualità di Formatori, Ricercatori, Professori. Ancora troppo pochi i posti disponibili. Proprio in questi giorni il Ministero dell’Università e della Ricerca (MIUR) ha pubblicato sul suo sito il Bando per il prossimo aa 2019/2020 con cui si intende formare in Italia 15.069 nuovi Infermieri, cioè 311 in più rispetto allo scorso anno accademico, quando già il numero era stato ampliato di 308 posti !
L’infermiere e i cittadini
Attualmente l’Infermiere ha ancora oggi, per motivi culturali, scarsa possibilità di educare i cittadini a riconoscere direttamente il bisogno di assistenza infermieristica e ci sono ancora tanti intermediari. Tra questi in primis il medico di medicina generale, le Farmacie, le strutture sanitarie sul territorio (poliambulatori, centri di radio-diagnostica, laboratori analisi).
Vi sono anche la scuola, gli ambienti lavorativi, le famiglie, così come le Cooperative e i Centri sociali, Onlus e Parrocchie, gli Hospice, finanche la rete internet e i social media. Questo richiede di collaborare con tanti professionisti e di creare una rete affidabile, ma soprattutto di conoscere anche un po’ di buone regole che riguardano la comunicazione e l’uso dei social media.
L’infermiere e i social media
Lo stesso Codice Deontologico recentemente approvato ad aprile 2019 al Capo V, dedicato alla comunicazione, fa riferimento all’uso corretto ed appropriato dei social media:
“L’Infermiere nella comunicazione, anche attraverso mezzi informatici e social media, si comporta con decoro, correttezza, rispetto, trasparenza e veridicità; tutela la riservatezza delle persone e degli assistiti ponendo particolare attenzione nel pubblicare dati e immagini che possano ledere i singoli, le istituzioni, il decoro e l’immagine della professione”.
Inoltre impone al dialogo scientifico ed etico, con l’obbiettivo di intavolare un dibattito costruttivo. Oggi la rete offre grandi opportunità, in particolar modo a chi svolge libera professione o fa impresa. Tuttavia il mondo del web e dei social media va conosciuto bene così come anche le regole che lo governano.
Questo per due forme di garanzia una verso il professionista stesso e l’altra verso il cliente-utente. Sarebbe auspicabile la formazione da parte di esperti del settore soprattutto indirizzata a coloro che abbracciano la libera professione.
L’uso della rete può avere varie sfaccettature e interessare sia gli aspetti commerciali, ma anche quelli della tecnologia applicata come il Telenursing, la telemedicina, la telecardiologia che aprono questioni ulteriori come la responsabilità legale, la registrazione, l’invio, il trattamento di dati personali e sensibili, di file, immagini, cartelle, esiti esami, video ecc…
Si aprono così questioni e dibattiti correlati all’applicazione delle nuove normative UE relative alla privacy, al trattamento, alla conservazione e alla diffusione di dati sensibili che non viaggiano più su canali e strumenti convenzionali ma su piattaforme, siti, banche dati, fascicoli elettronici e che sono manipolati anche da professionisti estranei al processo assistenziale.
Come già accennato tutto parte proprio dalla formazione. Essendoci un evidente vuoto in tal senso, la proposta potrebbe essere quella di iniziare, già dal triennio di base, ma anche nei percorsi formativi specialistici post-base (Master di 1° e 2° livello, Laurea Magistrale e Dottorati) a parlare di assistenza infermieristica sul Territorio e a Domicilio, di libera professione a 360 gradi, di tecnologia e sperimentazioni, di innovazioni tecniche, operative, organizzative e delle loro implicazioni nella pratica clinico-assistenziale quotidiana, dell’uso corretto, scientifico ed etico della rete social e dei social.
Giovani infermieri: difficoltà e prospettive
Purtroppo molti neolaureati si affacciano nel mondo della sanità senza neppure conoscere il profilo di competenze e responsabilità in assistenza domiciliare, le opportunità, le attività possibili sul Territorio, le criticità, i vantaggi e gli svantaggi della libera professione. Inoltre molti Infermieri si chiedono quali siano gli adempimenti burocratici, amministrativi, quali siano le Regole, le normative, ma soprattutto le forme di esercizio professionale possibile e con quali obblighi costi di investimento iniziale. Tutto questo necessita poi di un aggiornamento continuo, di alta formazione, di formazione organizzativa, manageriale e imprenditoriale.
Tra gli sviluppi futuri quello di elaborare e validare Linee guida di orientamento clinico-assistenziale per le attività dell’Infermiere sul Territorio e a Domicilio in previsione del fatto che la Legge Gelli impone comunque degli standard di Qualità e Sicurezza delle cure e profili di responsabilità degli esercenti le professioni sanitarie in un setting ancora poco studiato da questa prospettiva.
Tra gli sviluppi futuri anche quello della implementazione della figura dell’Infermiere di Famiglia e di Comunità, già realtà concreta in alcune Regioni come Piemonte, Friuli, Toscana e recentemente Lazio. Questa figura potrebbe svolgere il proprio lavoro in sinergia con altri professionisti delle Cure Primarie (medici di medicina generale, farmacisti, psicologi ecc) come libero professionista in convenzione per conto del SSN, proprio come il medico di medicina generale oggi.
Quando ciò succederà ci chiediamo se l’Infermiere sarà pronto e la risposta non potrà che essere: “Meglio formarsi prima!”
Autore: Gaetano Romigi
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