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Per tutto questo è necessario un supporto psicologico: secondo uno studio condotto dall’associazione EMDR Italia, il primo studio italiano che raccoglie i dati sull’efficacia di questa terapia per l’elaborazione psicologica e il tentativo di risoluzione della sindrome post-traumatica vissuto in seguito alla pandemia.
Questa tecnica psicoterapeutica coadiuva le tecniche usuali, consiste nella stimolo a muovere gli occhi in un modo particolare tale da aiutarlo a rielaborare il proprio vissuto traumatico. La ricerca presentata in un webinar condiviso in streaming il 26 febbraio dal titolo “Il supporto al personale sanitario ad un anno dalla pandemia” ha presentato i dati raccolti su un campione di 744 soggetti.
Più del 70% dei sanitari ha subito livelli eccessivi di ansia in diversa misura e un operatore su tre mostra livelli clinici di depressione o sintomi di stress post-traumatico. Spiega Marco Pagani, ricercatore del Consiglio nazionale delle Ricerche “Dall’indagine è emerso che le caratteristiche di burnout in questi soggetti sono al di sopra della soglia patologica, dimostrando uno stato traumatico – mentre dopo il trattamento le condizioni di stress, ansia, umore, rabbia, sonno mostrano un miglioramento significativo negli operatori reclutati“.
l’EDMR o ‘desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari‘ è un metodo efficace sia per il disturbo post-traumatico da stress sia per altri traumi, elaborato da Francine Shapiro alla fine degli anni 80′. La psicoterapeuta scoprì che i movimenti oculari riducevano l’impatto emotivo affrontati durante la rivisitazione dei propri ricordi traumatici e dei pensieri negativi o disturbanti.
In base a queste premesse è quindi “necessario tutelare e supportare la salute mentale e il benessere degli operatori sanitari in prima linea, con interventi di supporto psicosociale sia durante sia al termine della pandemia“, è il commento di Isabel Fernandez, psicoterapeuta e presidente dell’Associazione EMDR Italia.
Durante l’emergenza coronavirus, “i fattori di rischio per lo sviluppo di reazioni da stress traumatico sono infatti aumentati moltissimo: dal contatto con i pazienti infetti allo stress fisico causato dai dispositivi di protezione, allo stato di allerta costante, ai turni di lavoro più lunghi, al timore di contagiare amici e parenti. Per questo, oltre a promuovere strategie di protezione nei luoghi di lavoro, si rende necessario intervenire con un supporto psicologico specifico anche all’interno dei servizi sanitari e in ospedale, per facilitare il ripristino di una serenità lavorativa e della routine quotidiana“.
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