Alcuni dati a dir poco inquietanti sono stati prodotti da un recente studio del centro di ricerche in economia e management in sanità e nel sociale dell’Università Cattaneo LIUC.
Informazioni da cui, secondo Sky TG 24 (che ha letto in esclusiva la ricerca, VEDI), verrebbe fuori un quadro “allarmante che ci spinge a chiederci se e come e a quale prezzo riusciremo a curarci in futuro”.
Il motivo? Il tremendo impatto che le due ondate di Coronavirus hanno avuto sul nostro Servizio Sanitario Nazionale.
Tempi biblici per i ricoveri programmati
Il blocco delle attività programmate negli ospedali e nell’assistenza territoriale (per esempio lo screening), la trasformazione dei blocchi operatori in terapie intensive e la riconversione di reparti in terapie semi-intensive, nel 2020 hanno causato una diminuzione dei ricoveri ordinari negli ospedali pari al 24,83% rispetto al 2019.
Addirittura, in Lombardia l’attività chirurgica è calata del 40%, con punte che in alcune unità operative hanno raggiunto il 57%. Situazione che ha causato liste d’attesa infinite e tempi biblici per gli interventi programmati.
Ingressi in pronto soccorso diminuiti
Si è verificato anche un calo importante degli accessi in pronto soccorso dal 2018 a oggi. E ciò, purtroppo, non significa affatto che col Covid i cittadini siano guariti da tutte le altre patologie.
Semplicemente, per paura di contagiarsi in ospedale, le persone hanno preferito rimanere a casa anche con sintomi per cui, normalmente, si sarebbero recati in fretta a farsi visitare. Escludendo i codici rossi, si è verificato un calo di quasi il 36% delle prestazioni di pronto soccorso, pari a 7,5 milioni!
Visite specialistiche ridotte
Dal 2018 al 2020 ha avuto luogo anche un crollo delle visite specialistiche del 28,66%, con picchi che hanno raggiunto il 52% (Salerno); solo in Lombardia, c’è stata una diminuzione delle prime visite del 38,6%. Fortunatamente, in diverse zone sono intervenute le aziende private accreditate o private che si sono fatte carico (in parte) dell’attività delle strutture pubbliche, ma ciò non si è tradotto in miracoli per quanto riguarda le liste d’attesa. E purtroppo ci sono pazienti che non riescono ad accedere in tempi brevi ad esami diagnostici importanti.
È calata l’aspettativa di vita
Secondo la ricerca, questo perpetuo stato d’emergenza a seguito della pandemia va quantomeno ‘rivisto’ se, come sembra, bisognerà convivere a lungo col Coronavirus.
D’altronde, i ricoveri per Sars Cov2 rappresentano una percentuale esigua del totale (5% nel 2020) e ciò porta gli scienziati a pensare che sia necessaria una repentina riorganizzazione dei nostri nosocomi.
Allargare e costruire nuovi padiglioni, ad esempio, riconvertendo le strutture costruite negli anni 80-90 per l’AIDS (i ricoveri sono in fisiologico calo) e facendo sì che il resto della struttura ospedaliera funzioni normalmente e senza significative alterazioni.
“Occorre riprogrammare gli spazi e consentire agli ospedali di proseguire con le attività di routine oppure a breve non riusciremo più a curarci. È già calata l’aspettativa di vita” denunciano i ricercatori.
‘Non stiamo formando a dovere medici e infermieri’
Secondo Davide Croce, Direttore del Centro sull’Economia e il Management Liuc Business School e a capo dello studio, vi sarebbe anche un problema formativo che potrebbe peggiorare la situazione: “da oltre un anno non stiamo preparando in modo appropriato gli studenti di medicina e gli infermieri dato il cambio di attività e anche gli specializzandi sono stati mandati al fronte (ad esempio per la campagna vaccinale) e non frequentano più i reparti di appartenenza e questo non può non avere conseguenze sul futuro”.
Autore: Alessio Biondino
Fonte: SKY TG 24
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