Come farsi odiare dai colleghi infermieri, medici e oss senza accorgersene
Delle volte, però, abbiamo degli atteggiamenti che possono apparire fastidiosi e risultare ottimi modi per farsi odiare dagli altri senza volerlo.
Atteggiamenti che mai penseremo possano essere così distruttivi per la propria reputazione e che, anzi, generalmente pensiamo essere qualità positive: come può un azione tanto bella come aiutare gli altri poter provocare rancore nei colleghi? Scopriamolo!
Come farsi odiare dai colleghi in 4 semplici mosse
Non prendere mai decisioni autonome
Generalmente le decisioni prese in team, tenendo in forte considerazione quello che pensano i colleghi, sono un’ottimo modo per fornire un’assistenza di qualità. Ma, usare gli altri per placare le nostre insicurezze non è un comportamento corretto nei loro confronti che dovranno farsi carico anche dei nostri dubbi!
Confrontarsi non vuol dire farsi confortare.
Quando si prendono decisioni importanti bisogna essere risoluti ed autonomi. Dovremmo inoltre, combattere la sensazione di inadeguatezza e incapacità che coviamo su noi stessi. Essere professionisti che riconoscono il contributo altrui e soprattutto dei colleghi più esperti non vuol dire non saper prendere decisioni da soli.
L’infermiere
Il manuale, giunto alla X edizione, costituisce un completo e indispensabile strumento di preparazione sia ai concorsi pubblici sia all’esercizio della professione di infermiere. Con un taglio teorico-pratico affronta in modo ampio ed esaustivo tutte le problematiche presenti. La prima parte concettuale ricostruisce l’organizzazione del mercato sanitario e affronta gli elementi tipici del processo di professionalizzazione dell’infermiere, a seguito delle novità della Legge Lorenzin n. 3/2018. La stessa parte evidenzia gli aspetti innovativi della professione avendo cura di offrire al lettore un’ampia panoramica sulle teorie del Nursing e l’utilizzo dei nuovi strumenti operativi. Al termine di ogni capitolo, test di verifica e risposte commentate permettono di verificare il grado di preparazione raggiunto e di allenarsi in vista delle prove concorsuali. La seconda parte applicativa prevede l’adozione di casi clinici quale strumento di attuazione della teoria alle procedure tipiche dell’assistenza infermieristica di base, specialistica e pre e post procedure diagnostiche, presentandosi come un validissimo supporto tecnico e metodologico all’esercizio della professione. Il manuale risulta essere uno strumento prezioso sia per lo studente sia per chi già opera nelle strutture sanitarie, in quanto offre al lettore la possibilità di valutare passo a passo le conoscenze acquisite attraverso la risoluzione dei test di verifica presenti alla fine di ogni capitolo e l’analisi motivata delle risposte. Nella sezione online su www.maggiolieditore.it, accessibile seguendo le istruzioni riportate in fondo al volume, saranno disponibili eventuali aggiornamenti normativi. Cristina FabbriLaurea magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche. Laureata in Sociologia, Professore a contratto di Infermieristica, Università degli Studi di Bologna, corso di Laurea in Infermieristica-Cesena. Dirigente Professioni sanitarie Direzione Infermieristica e Tecnica Azienda USL Romagna, ambito Ravenna.Marilena MontaltiInfermiere, Dottoressa in Scienze infermieristiche e ostetriche. Master II livello in Ricerca clinica ed epidemiologia, prof. a.c. C. di Laurea in infermieristica, Università di Bologna. Responsabile Infermieristico Dipartimento Internistico, Azienda della Romagna Ambito di Rimini.
Marilena Montalti, Cristina Fabbri | 2020 Maggioli Editore
34.00 € 27.20 €
Confrontarsi solo dopo aver preso una decisione ed aver agito, nel bene o nel male, fa crescere immensamente di più rispetto al chiedere una conferma prima di agire nel proprio lavoro.
Bisogna imparare a camminare con le proprie gambe.
Compensare il lavoro non fatto dai colleghi
Gli infermieri hanno la tendenza a compensare, per il bene del paziente, a qualunque mancanza organizzativa e lavorativa. Più comunemente, ciò che compensiamo però è il lavoro non fatto dei colleghi. Spesso è dovuto a turni pesanti, durante i quali i tempi stretti hanno reso impossibile compiere bene il proprio lavoro, ma talvolta abbiamo il dubbio che il collega non abbia fatto pedissequamente il suo lavoro. E quindi lo facciamo al posto suo.
L’ossessione di prenderci la responsabilità, e parte non solo del nostro lavoro ma anche di quello altrui o di trattenersi più del dovuto in turno, è un atteggiamento chiaramente autodistruttivo.
Garantita quella che è una decente assistenza, la regola aurea dovrebbe essere: ognuno la sua parte, tutti alle stesse regole del gioco. Compensare al lavoro altrui genera un circolo vizioso tremendo in cui:
in pochi compiono il lavoro che tutti dovrebbero fare.
Inoltre lavorare in questo modo non migliora la propria situazione relazionale e lavorativa, anzi il rischio di cadere in burn-out aumenta insieme alla stanchezza accumulata e quando non si arriva a tali livelli si è comunque nervosi e irascibili, alle volte anche inefficienti, con il risultato paradossale di risultare anche meno bravo di quanto si meriti. Come si dice: “cornuto e mazziato”!
Competenza significa anche far rispettare le regole della convivenza tra colleghi. Imparare a dire no, ogni tanto, aiuta anche ad essere più apprezzati e rispettati.
Si è meno stressati e si vive meglio!
Aiutare troppo
Anche se aiutare nel lavoro consolida i legami tra colleghi, alle volte, però, voler aiutare gli altri può sembrare una dimostrazione di insicurezza nei loro confronti. Molto spesso questo atteggiamento può apparire come una mancanza di fiducia.
Pensiamo sempre di farlo per il bene del paziente e del collega, ovviamente, ma questo può risultare invadente e prevaricante per il collega sostituito.
Dimostrando fiducia nel delegare o attribuire un compito ad un altro infermiere o ad un OSS significa
credere nel valore delle capacità altrui.
Inoltre alla lunga e se questo atteggiamento viene prolungato nel tempo, il rischio di un comportamento simile è quello di poter essere usato dagli altri.
Spesso siamo talmente diffidenti da sostituire anche i nostri colleghi in mansioni che competerebbero loro e per cui sono stati ampiamente formati, solo per soddisfare il nostro bisogno di sicurezza.
Ad esempio per l’infermiere, impedire all’operatore socio-sanitario di crescere e di svolgere completamente il suo lavoro: il solo risultato che potremmo ottenere è lavorare il doppio e che l’operatore socio sanitario ci sarà rivale.
Voler essere sempre competenti
Tutti vogliamo essere bravi e competenti. Puntare all’eccellenza è la migliore delle vie per diventare ottimi professionisti ma…quando il nostro desiderio di eccellenza diventa esagerato in cosa ci trasformiamo? In perfezionisti!
Se da un lato il perfezionismo comporta un lato sano, ovvero la tendenza all’eccellenza, d’altra parte il suo lato oscuro è un’incapacità a gestire i fallimenti propri e altrui. Normali fallimenti dovuti al fatto che un reparto è una dimensione complessa e complicata e difficile da gestire con assoluta perfezione. Nel tentativo di essere all’altezza di questa perfezione tuttavia…
consumiamo più energie di quelle di cui disponiamo
e prima o poi non saremo in grado di tenere testa alle aspettative che avevamo su di noi. E spesso si finisce a litigare. Cosa fare per non farsi odiare dai colleghi?
È semplice: alla luce della negatività di questo atteggiamento, sarebbe meglio che rivalutassimo quanto sia reale e realizzabile lo standard di perfezione che ci poniamo in un luogo fatto da così tante persone diverse e che il lato umano del collega, nei limiti della competenza media, è da preferire a quello professionale.
Siamo persone non solo professionisti!
Sono tutti atteggiamenti che sembrano positivi, quando invece non lo sono, e che ci fanno odiare dai colleghi senza neanche volerlo. Il mio è soprattutto “non prendere decisioni autonome”. Il tuo qual è?
Autore: Dario Tobruk (Profilo Linkedin)
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