L’area critica è caratterizzata da almeno tre aspetti fondamentali:
- l’impiego di un alto numero di infermieri per paziente
- l’alta instabilità clinica del paziente: richiede spesso azioni tempestive ed efficaci per impedirne il peggioramento attraverso grazie ad un continuo monitoraggio dell’assistito
- l’impiego di strumentazione ad elevata tecnologia ingegneristica basate su teorie cliniche per lo più complesse ai “non esperti“.
Per questi motivi l’infermiere che opera in un contesto di area critica non può basare la propria assistenza solo sulla propria esperienza, per quanto vasta e ricca, ma dovrà colmare le proprie lacune con lo studio ragionato della strumentazione che tutti i giorni impiega per monitorare il paziente.
Perché un testo sul monitoraggio?
L’infermiere impegnato nell’assistenza al paziente in area intensiva utilizza fondamentalmente il monitoraggio per carpire lo stato clinico del paziente. La stessa attività di monitoraggio giustifica in essere la nascita e l’esistenza della Terapia Intensiva: non esiste area critica senza monitoraggio intensivo (dal testo).
L’assistenza di monitoraggio fornisce dati fondamentali per impostare una corretta terapia e per verificarne l’efficacia e i risultati. Un paziente fortemente iperteso, verrà monitorato frequentemente al presentarsi della condizione: allertato il medico, prescritta e somministrata una terapia, sarà cura dell’infermiere notare e seguire il ritorno della pressione a valori normali e che possano escludere complicanze serie per il paziente. Esempi così semplici dimostrano l’importanza del monitoraggio.
Guida al monitoraggio in area critica: una recensione
Dai quaderni dell’Assistenza in Area Critica della ANIARTI. A cura di Gian Domenico Giusti e Maria Benetton
Guida al monitoraggio in Area Critica
Il monitoraggio è probabilmente l’attività che impegna maggiormente l’infermiere qualunque sia l’area intensiva in cui opera.Non può esistere area critica senza monitoraggio intensivo, che non serve tanto per curare quanto per fornire indicazioni necessarie ad agevolare la decisione assistenziale, clinica e diagnostico-terapeutica, perché rilevando continuamente i dati si possono ridurre rischi o complicanze cliniche.Il monitoraggio intensivo, spesso condotto con strumenti sofisticati, è una guida formidabile per infermieri e medici nella cura dei loro malati. La letteratura conferma infatti che gli eventi avversi, persino il peggiore e infausto, l’arresto cardiocircolatorio, non sono improvvisi ma solitamente vengono preannunciati dal peggioramento dei parametri vitali fin dalle 6-8 ore precedenti.Il monitoraggio è quindi l’attività “salvavita” che permette di fare la differenza nel riconoscere precocemente l’evento avverso e migliorare i risultati finali in termini di morbilità e mortalità.Riconosciuto come fondamentale, in questo contesto, il ruolo dell’infermiere, per precisione, accuratezza, abilità nell’uso della strumentazione, conoscenza e interpretazione dei parametri rilevati, questo volume è rivolto al professionista esperto, che mette alla prova nelle sue conoscenze e aggiorna nel suo lavoro quotidiano, fornendo interessanti spunti di riflessione, ma anche al “novizio”, a cui permette di comprendere e di utilizzare al meglio le modalità di monitoraggio. A cura di:Gian Domenico Giusti, Infermiere presso Azienda Ospedaliero Universitaria di Perugia in UTI (Unità di Terapia Intensiva). Dottore Magistrale in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche. Master I livello in Infermieristica in anestesia e terapia intensiva. Professore a contratto Università degli Studi di Perugia. Autore di numerose pubblicazioni su riviste italiane ed internazionali. Membro del Comitato Direttivo Aniarti.Maria Benetton, Infermiera presso Azienda ULSS 9 di Treviso. Tutor Corso di laurea in Infermieristica e Professore a contratto Università degli Studi di Padova. Direttore della rivista “SCENARIO. Il nursing nella sopravvivenza”. Autore di numerose pubblicazioni su riviste italiane. Membro del Comitato Direttivo Aniarti.
a cura di Gian Domenico Giusti e Maria Benetton | 2015 Maggioli Editore
15.00 € 12.00 €
Monitoraggio salvavita: reattivo e proattivo
Il precedente esempio mostra un’azione reattiva (subentra un problema e si risolve). Ma l’attività salvavita del monitoraggio si rivela nell’agire proattivamente. Essere proattivo (agire prima) significa pensare ed agire anticipando gli eventi. L’azione proattiva implica quindi l’agire in anticipo prevedendo una possibile situazione futura (come una complicanza), piuttosto che reagire in seguito ad un evento.
Dal testo:
La letteratura conferma che gli eventi avversi, e tra loro il peggiore ed infausto cioè l’arresto cardiocircolatorio, non sono improvvisi ma vengono annunciati dal peggioramento dei parametri vitali fin dalle 6-8 ore precedenti (Hodgetts 2002, Krause 2004, Harrison 2005);
Ma se questi non vengono monitorizzati, il campanello d’allarme per un pronto intervento al momento giusto, rimane inascoltato. Il monitoraggio è quindi l’attività “salvavita” che permette di fare la differenza nel riconoscere precocemente l’evento avverso e migliorare i risultati finali in termini di morbilità e mortalità.
E quindi chiaro quanto sia determinante il ruolo dell’infermiere, sia per quanto riguarda la precisione, accuratezza, perizia nell’uso di strumentazione, ma soprattutto nella perfetta conoscenza ed interpretazione dei parametri rilevati, rispetto la situazione, per rispondere tempestivamente al deterioramento clinico del paziente.
Il monitoraggio salva la vita del paziente se è nelle mani di infermieri che riescono ad agire proattivamente.
Il monitoraggio è il mezzo, non il fine.
Gestire la tecnologia, per gli infermieri di area critica, è una parte fondamentale della propria routine e come abbiamo già dimostrato il monitoraggio è uno strumento eccezionale.
Ma ciò che qualifica come competente un infermiere è fare della strumentazione (sempre più facile da usare grazie all’integrazione di algoritmi che “filtrano” maggiormente i risultati che desideriamo) solo uno strumento.
Sono l’infermiere, la sua esperienza, la sua capacità decisionale, il suo c.d. “occhio clinico” a fare l’operatore indispensabile, altrimenti sarebbe già stato sostituito dalla strumentazione stessa!
“L’uomo non è l’appendice della macchina ma ben il contrario, l’attrezzatura è collaterale alla cura.”
Questo è un rischio facile e frequente negli infermieri novizi ma quando c’è una maggiore familiarità e padronanza con l’attrezzatura, l’enfasi lascia il posto all’esperienza e alla consapevolezza dell’esperto, la cui assistenza sarà più incentrata sul paziente e non sulla macchina (Benner, 1992; Cooper 1993; Walter 1995; Alasad, 2002). L’impiego del monitoraggio strumentale standard non esime dalla continua osservazione clinica del paziente (SIIARTI, 2012).
Tecnologia strumento dell’infermiere, non il contrario
Il senso di sicurezza della tecnologia, derivata dall’uso del monitoraggio, va compensato con l’osservazione diretta e il dubbio, espressione della competenza ed esperienza clinica. È necessario equilibrare la tecnologia con la cura integrata e globale, e armonizzare i segni oggettivi monitorati con la percezione soggettiva del clinico.
Guardare oltre la tecnologia per non perdere la capacità di interpretare. Negli ambienti intensivi, ricchi tecnologicamente, gli operatori sanitari “fondono” pazienti e apparecchi in un quadro clinico (Almeruda; 2008).
Quaderno dell’Assistenza in Area Critica
L’intento degli autori (infermieri esperti che fanno ricerca, docenza e lavorano nelle TI) è aiutare gli infermieri inesperti ed esperti ad acquisire o riaggiornare le competenze necessarie per comprendere le modalità di monitoraggio dei più importanti parametri vitali ed acquisire un corpo sistematico di conoscenze tecniche.
Il monitoraggio permette di controllare la persona con maggiore sicurezza rispetto agli standard assistenziali di alcuni anni fa, ma occorre non dimenticare che una visione esclusiva e troppo sicura sull’apparecchiatura rende il malato invisibile e a rischio (Almerud et al., 2008).
Per questo è necessario conoscere perfettamente le tecnologie del monitoraggio in area critica, affinché diventino strumenti di assistenza e non padroni del nostro agire.
Fonte e approfondimenti:
Guida al monitoraggio in Area Critica a cura di Gian Domenico Giusti e Maria Benetton, Editore Maggioli Editore. (Guardalo su Amazon)
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