Una serie di traguardi importanti che andavano raccontati dalla Prof.ssa Rea: quali sono i suoi prossimi obiettivi? Quale futuro per la ricerca infermieristica? Qual è il ruolo degli ordini professionali e delle società scientifiche nella formazione dei futuri infermieri? Cosa manca agli infermieri per spiccare il volo all’interno della sanità italiana?
Lo abbiamo chiesto a lei, un’eccellenza infermieristica.
Intervista a Teresa Rea, Presidente OPI di Napoli e ricercatrice infermieristica
a cura di Gaetano Romigi
Ha raggiunto un grandissimo traguardo professionale. Quali sono i prossimi obiettivi?
Desidero innanzitutto ringraziare la vostra redazione, il mio è stato un traguardo personale ma anche di tutti gli Infermieri napoletani. Finalmente nell’Ateneo più antico d’europa un‘infermiera sale in cattedra e questa rappresenta una pietra miliare su cui costruire il futuro della ricerca e della formazione. I prossimi obiettivi sono quelli di far nascere una scuola di Infermieristica Federiciana dove far crescere e consolidare un gruppo di giovani universitari e provare ad avere almeno 3 Docenti incardinati in questo Settore Scientifico Disciplinare.
Professione infermiere: alle soglie del XXI secolo
La maggior parte dei libri di storia infermieristica si ferma alla prima metà del ventesimo secolo, trascurando di fatto situazioni, avvenimenti ed episodi accaduti in tempi a noi più vicini; si tratta di una lacuna da colmare perché proprio nel passaggio al nuovo millennio la professione infermieristica italiana ha vissuto una fase cruciale della sua evoluzione, documentata da un’intensa produzione normativa. Infatti, l’evoluzione storica dell’infermieristica in Italia ha subìto un’improvvisa e importante accelerazione a partire dagli anni 90: il passaggio dell’istruzione all’università, l’approvazione del profilo professionale e l’abolizione del mansionario sono soltanto alcuni dei processi e degli avvenimenti che hanno rapidamente cambiato il volto della professione. Ma come si è arrivati a tali risultati? Gli autori sono convinti che per capire la storia non basta interpretare leggi e ordinamenti e per questa ragione hanno voluto esplorare le esperienze di coloro che hanno avuto un ruolo significativo per lo sviluppo della professione infermieristica nel periodo esaminato: rappresentanti di organismi istituzionali e di associazioni, formatori, studiosi di storia della professione, infermieri manager. Il filo conduttore del libro è lo sviluppo del processo di professionalizzazione dell’infermiere. Alcune domande importanti sono gli stessi autori a sollevarle nelle conclusioni. Tra queste, spicca il problema dell’autonomia professionale: essa è sancita sul terreno giuridico dalle norme emanate nel periodo considerato, ma in che misura e in quali forme si realizza nei luoghi di lavoro, nella pratica dei professionisti? E, inoltre, come si riflettono i cambiamenti, di cui gli infermieri sono stati protagonisti, sul sistema sanitario del Paese? Il libro testimonia che la professione è cambiata ed è cresciuta, ma che c’è ancora molto lavoro da fare. Coltivare questa crescita è una responsabilità delle nuove generazioni. Le voci del libro: Odilia D’Avella, Emma Carli, Annalisa Silvestro, Gennaro Roc- co, Stefania Gastaldi, Maria Grazia De Marinis, Paola Binetti, Rosaria Alvaro, Luisa Saiani, Paolo Chiari, Edoardo Manzoni, Paolo Carlo Motta, Duilio Fiorenzo Manara, Barbara Man- giacavalli, Cleopatra Ferri, Daniele Rodriguez, Giannantonio Barbieri, Patrizia Taddia, Teresa Petrangolini, Maria Santina Bonardi, Elio Drigo, Maria Gabriella De Togni, Carla Collicelli, Mario Schiavon, Roberta Mazzoni, Grazia Monti, Maristella Mencucci, Maria Piro, Antonella Santullo. Gli Autori Caterina Galletti, infermiere e pedagogista, corso di laurea magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma.Loredana Gamberoni, infermiere, coordinatore del corso di laurea specialistica/ magistrale dal 2004 al 2012 presso l’Università di Ferrara, sociologo dirigente della formazione aziendale dell’Aou di Ferrara fino al 2010. Attualmente professore a contratto di Sociologia delle reti di comunità all’Università di Ferrara.Giuseppe Marmo, infermiere, coordinatore didattico del corso di laurea specialistica/ magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede formativa Ospedale Cottolengo di Torino fino al 2016.Emma Martellotti, giornalista, capo Ufficio stampa e comunicazione della Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi dal 1992 al 2014.
Caterina Galletti, Loredana Gamberoni, Giuseppe Marmo, Emma Martellotti | 2017 Maggioli Editore
32.00 € 25.60 €
Quale prospettiva di crescita intravede per la ricerca infermieristica in Italia?
Gli ambiti di crescita che posso intravedere sono molteplici sia in ambito clinico che in ambito manageriale , ma servono più risorse. Abbiamo necessità di fondi perché si sviluppi la Ricerca Infermieristica a tutti i livelli con più scuole di dottorato. Inoltre, è necessario che questa disciplina sia insegnata dai primi anni di formazione, su tutto il territorio e in tutte le sedi e non a macchia di leopardo. Gli Infermieri devono fondare il proprio lavoro su conoscenze validate, devono essere i fruitori della ricerca , la ricerca deve diventare patrimonio di tutti non dei ricercatori.
È stata per tanti anni all’interno di ANIARTI e attualmente è Presidente dell’OPI a Napoli. Quale ruolo pensa possano avere società scientifiche e ordini professionali nell’ambito della formazione, della ricerca, dell’aggiornamento e dell’innovazione?
Le società scientifiche sono depositarie di un sapere specialistico che rappresenta un patrimonio di inestimabile valore e devono sempre più svolgere un ruolo fondamentale perché il nostro futuro prossimo passa attraverso le specializzazioni e gli Ordini, sono e devono essere un luogo privilegiato di aggregazione, di valorizzazione e di crescita professionale.
Ora che vede il mondo accademico da dentro come pensa si evolverà la formazione universitaria di base e post base anche alla luce delle difficoltà generate dall’emergenza Covid?
L’impianto formativo deve essere necessariamente rivisto alla luce dell’evoluzione dei bisogni di salute della popolazione ma anche del percorso che in questi anni abbiamo maturato in ambito accademico.
La Laurea Magistrale deve avere una connotazione clinica e non solo manageriale, come lo è stato fino ad oggi, questo è fondamentale se vogliamo disegnare sviluppi di carriera oggi preclusi. L’emergenza sanitaria ha fatto emergere l’importanza di avere Infermieri specializzati e su questo aspetto dobbiamo investire.
Avere Infermieri specializzati significa avere risorse umane strategiche da poter impiegare in setting assistenziali diversi dall’ospedale, significa potenziare il domicilio, significa investire sulla prevenzione e sull’educazione.
Secondo lei cosa manca ancora – se manca qualcosa – alla disciplina infermieristica e alla figura professionale dell’infermiere per imporsi nel panorama della Sanità Italiana?
Alla Disciplina Infermieristica non manca niente, agli infermieri manca la consapevolezza della Disciplina Infermieristica. Quando avremo questa consapevolezza sapremo “imporci” con autorevolezza e non più con quella sudditanza che tante volte fatichiamo a toglierci dal nostro DNA.
Ringraziamo la Prof.ssa Rea per il tempo che ci ha concesso. Le sue risposte aprono la strada a diverse riflessioni importanti su chi siamo e cosa vogliamo diventare!
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