Un consenso ‘non’ informato
Il motivo? Non avrebbe ricevuto un consenso realmente informato: alle sue domande circa la composizione del preparato, infatti, sarebbero seguite risposte evasive e comunque insoddisfacenti da parte dei professionisti che stavano per immunizzarlo contro il Coronavirus. Cosa che lo ha spinto a far chiamare le forze dell’ordine.
Come spiegato dal suo legale (Annalisa Cutrona), “Sono intervenuta e ho fatto presente che, affinché si possa dare un consenso, l’individuo deve essere informato. Alle domande devono seguire risposte. Il suo, sia chiaro, non è stato un rifiuto al vaccino. È stata una richiesta di risposte a quesiti di carattere scientifico”.
‘Non è un no vax’
Il presunto collega non è quindi un antivaccinista o almeno un convinto oppositore dell’obbligo vaccinale? “Il mio cliente non è un No vax, è disponibile a vaccinarsi ma vuole essere consapevole di ciò che gli viene inoculato” specifica il legale.
Che conclude il suo discorso parlando di conseguenze per la collettività, di iniziative all’orizzonte e di pecore: “Questa vicenda avrà un seguito importante, provvederemo a programmare tutte le iniziative possibili, nell’ambito della legalità, per una presa di coscienza collettiva. Per senso civico.”
‘Come pecore da marchiare’
“Non si possono vaccinare le persone come fossero pecore da marchiare, facendogli firmare un foglio di esonero a qualsivoglia responsabilità, è anticostituzionale e disumano” conclude la Cutrona.
Autore: Alessio Biondino
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