Il numero di infermieri in Europa
La FNOPI denuncia la carenza di 63.000 infermieri in Italia. E i dati OCSE confermano questi dati. Nel 2018 la media europea era di 8,2 infermieri per 1000 abitanti, con picchi di 13 in nazioni come la Germania e la Finlandia e code di 5,7 infermieri/1000 abitanti. L’Italia, come nazione, può spiccare in Europa come la prima tra le ultime.
È sempre la FNOPI a denunciare come questi dati statistici si riversino nella nostra vita reale con disservizi che mettono a rischio la nostra stessa vita: “Secondo il concetto di staffing, il rapporto cioè tra infermieri e numero di pazienti assistiti che secondo i parametri medi nazionali e internazionali, dovrebbe esserci un infermiere ogni 6 pazienti (ogni due nei servizi come pediatrie o terapie intensive e così via), mentre si assesta da anni a una media di 9,5 pazienti per infermiere con punte in alcune Regioni fino a 17-18 pazienti per infermiere.”
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Mancano medici? Non quanto gli infermieri
Di certo non mancano medici: con circa 400 medici ogni 100.000 abitanti, il numero dei medici in Italia in rapporto alla popolazione porta il nostro paese al secondo posto in Europa con 240.000 medici. Il rapporto medici/infermieri resta uno dei più bassi dei paesi OCSE: 1,5. In Italia ogni 3 infermieri ci sono 2 medici, un divario di risorse allocate troppo alto e nettamente al di sopra della media occidentale. Rapporto che si può correggere solo in due modi: o riduci i medici o aumenti gli infermieri.
Oppure c’è una terza via, aumenti le competenze degli infermieri, scaricando l’attività di base al personale socio sanitario. Infermieri con esperienza e formazione adeguata possono fornire assistenza clinica di qualità e ridurre i tempi di attesa in un’ampia fascia di popolazione, malati cronici, pazienti in follow-up, target di screening e prevenzione.
Sembra fantascienza in Italia ma, commenta la FNOPI, “All’estero tutto ciò c’è già e gli infermieri, ad esempio in Spagna, Francia, Regno Unito, sono anche prescrittori di farmaci non specialistici e di presidi sanitari“.
La domanda di assistenza non può che aumentare negli anni a venire a causa dell’invecchiamento della popolazione. Le altre nazioni, con una visione più oculata della nostra, hanno già visto lungo e fanno di tutto per incrementare e potenziare le proprie file infermieristiche: in questi paesi è già attivo il reclutamento interno ed esterno, l’investire nella formazione di nuovi infermieri e potenziare il personale attivo.
Quali soluzioni?
La FNOPI indica tre principali direzioni, a breve, medio e lungo termine, “A breve termine si tratta di superare il vincolo di esclusività che oggi lega l’infermiere nel rapporto di lavoro con il servizio sanitario pubblico e la possibilità di esercizio libero professionale a supporto delle strutture sociosanitarie territoriali. A medio termine si dovrebbero ridefinire le regole di accreditamento delle strutture in relazione all’evoluzione dei bisogni dei cittadini; valorizzare la professione infermieristica nelle strutture socio sanitarie territoriali. A lungo termine infine si dovrebbe favore il rientro degli infermieri italiani emigrati all’estero con incentivi in termini contrattuali ed economici. Attualmente si calcola che lavorino all’estero circa 20.000 infermieri italiani.”
Nulla di impossibile, eppure le speranze rimangono ad oggi inevase dai primi segnali di quest’anno, quando a fronte di un aumento della domanda di iscrizioni e la richiesta della FNOPI di 23.700 nuove matricole, la Conferenza Stato-Regioni ne ha rese disponibili soltanto 17.400. Le soluzioni tampone, tipica della politica italiota, potrebbero non funzionare in eterno, ma siamo sicuri che oggi (e domani) a farne le spese, saranno sempre i pazienti e gli infermieri stessi.
Autore: Dario Tobruk (Profilo Linkedin)
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Fonte dati e infografica: ilSole24Ore.it
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