Premio Nobel per la Pace 2021: medici e infermieri italiani non sono tra i favoriti
Ad Oslo si stanno svolgendo le votazioni per l’annuncio del Premio Nobel per la Pace 2021. Infermieri e medici italiani non sono nemmeno considerati dai bookmaker che scommettono quote anche importanti su altri candidati: Greta Thunberg e OMS ai primi posti. Le speranze però non sono del tutto assopite: l’anno scorso, il World Food Programme (Programma alimentare mondiale), fu enunciato a sorpresa quando gli altri candidati erano quasi dati per vinti, tra cui il movimento Black Lives Matter, ancora Greta e l’OMS, e persino Donald Trump.
Come siamo arrivati a questo punto?
Il filo conduttore del libro è lo sviluppo del processo di professionalizzazione dell’infermiere. Alcune domande importanti sono gli stessi autori a sollevarle nelle conclusioni.
Tra queste, spicca il problema dell’autonomia professionale: essa è sancita sul terreno giuridico dalle norme emanate nel periodo considerato, ma in che misura e in quali forme si realizza nei luoghi di lavoro, nella pratica dei professionisti?
E, inoltre, come si riflettono i cambiamenti, di cui gli infermieri sono stati protagonisti, sul sistema sanitario del Paese? Il libro testimonia che la professione è cambiata ed è cresciuta, ma che c’è ancora molto lavoro da fare.
Professione infermiere: alle soglie del XXI secolo
La maggior parte dei libri di storia infermieristica si ferma alla prima metà del ventesimo secolo, trascurando di fatto situazioni, avvenimenti ed episodi accaduti in tempi a noi più vicini; si tratta di una lacuna da colmare perché proprio nel passaggio al nuovo millennio la professione infermieristica italiana ha vissuto una fase cruciale della sua evoluzione, documentata da un’intensa produzione normativa. Infatti, l’evoluzione storica dell’infermieristica in Italia ha subìto un’improvvisa e importante accelerazione a partire dagli anni 90: il passaggio dell’istruzione all’università, l’approvazione del profilo professionale e l’abolizione del mansionario sono soltanto alcuni dei processi e degli avvenimenti che hanno rapidamente cambiato il volto della professione. Ma come si è arrivati a tali risultati? Gli autori sono convinti che per capire la storia non basta interpretare leggi e ordinamenti e per questa ragione hanno voluto esplorare le esperienze di coloro che hanno avuto un ruolo significativo per lo sviluppo della professione infermieristica nel periodo esaminato: rappresentanti di organismi istituzionali e di associazioni, formatori, studiosi di storia della professione, infermieri manager. Il filo conduttore del libro è lo sviluppo del processo di professionalizzazione dell’infermiere. Alcune domande importanti sono gli stessi autori a sollevarle nelle conclusioni. Tra queste, spicca il problema dell’autonomia professionale: essa è sancita sul terreno giuridico dalle norme emanate nel periodo considerato, ma in che misura e in quali forme si realizza nei luoghi di lavoro, nella pratica dei professionisti? E, inoltre, come si riflettono i cambiamenti, di cui gli infermieri sono stati protagonisti, sul sistema sanitario del Paese? Il libro testimonia che la professione è cambiata ed è cresciuta, ma che c’è ancora molto lavoro da fare. Coltivare questa crescita è una responsabilità delle nuove generazioni. Le voci del libro: Odilia D’Avella, Emma Carli, Annalisa Silvestro, Gennaro Roc- co, Stefania Gastaldi, Maria Grazia De Marinis, Paola Binetti, Rosaria Alvaro, Luisa Saiani, Paolo Chiari, Edoardo Manzoni, Paolo Carlo Motta, Duilio Fiorenzo Manara, Barbara Man- giacavalli, Cleopatra Ferri, Daniele Rodriguez, Giannantonio Barbieri, Patrizia Taddia, Teresa Petrangolini, Maria Santina Bonardi, Elio Drigo, Maria Gabriella De Togni, Carla Collicelli, Mario Schiavon, Roberta Mazzoni, Grazia Monti, Maristella Mencucci, Maria Piro, Antonella Santullo. Gli Autori Caterina Galletti, infermiere e pedagogista, corso di laurea magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma.Loredana Gamberoni, infermiere, coordinatore del corso di laurea specialistica/ magistrale dal 2004 al 2012 presso l’Università di Ferrara, sociologo dirigente della formazione aziendale dell’Aou di Ferrara fino al 2010. Attualmente professore a contratto di Sociologia delle reti di comunità all’Università di Ferrara.Giuseppe Marmo, infermiere, coordinatore didattico del corso di laurea specialistica/ magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede formativa Ospedale Cottolengo di Torino fino al 2016.Emma Martellotti, giornalista, capo Ufficio stampa e comunicazione della Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi dal 1992 al 2014.
Caterina Galletti, Loredana Gamberoni, Giuseppe Marmo, Emma Martellotti | 2017 Maggioli Editore
32.00 € 30.40 €
La candidatura dei medici e infermieri italiani al Premio Nobel per la Pace
Secondo il sito ufficiale del premio Nobel per la Pace, i candidati sono a centinaia, quindi la semplice candidatura non è sufficiente a sollevare le probabilità di vittoria. “Il personale sanitario italiano è stato il primo nel mondo occidentale a dover affrontare una gravissima emergenza sanitaria, nella quale ha ricorso ai possibili rimedi di medicina di guerra combattendo in trincea per salvare vite e spesso perdendo la loro“. Questa la motivazione alla base dell’accettazione della candidatura di un intero corpo sanitario nazionale.
Non era mai accaduto nella storia che il personale di una nazione ricevesse un riconoscimento così importante. Probabilmente, l’abnegazione totale di medici e infermieri, e di tutti gli altri sanitari, è stata la miccia che ha scattato in Lisa Clark, a sua volta Premio Nobel per la Pace 2017, un senso di profonda commozione che l’ha spinta a sponsorizzarne la candidatura. Le sue parole: “la sua abnegazione nell’emergenza del 2020 è stata commovente. Qualcosa di simile a un libro delle favole, da decenni non si vedeva niente del genere. Il personale sanitario italiano non ha più pensato a se stesso ma a cosa poteva fare per gli altri con le proprie competenze“.
Ottimo il Premio Nobel ma…
La candidatura e l’assegnazione del Premio Nobel per la pace a medici e infermieri italiani sarebbe senza dubbio un riconoscimento importante per il settore. Il coronamento di un percorso che ha reso i sanitari spina dorsale del sistema sanitario, e con esso, del paese intero.
Anche se, lo spirito dei discorsi sul tema vertono sempre su un unico punto: un aumento contrattuale e condizioni di lavoro idonee sarebbero un riconoscimento ugualmente apprezzato. Per il momento non è facile farci bastare l’improbabile sogno di vincere il Nobel per la pace.
Oppure, di questi tempi, vicini ad una possibile tregua con il virus, possiamo concederci il lusso di credere che è ancora possibile? Essere riconosciuti economicamente per ciò che abbiamo fatto, e magari ricevere un riconoscimento sia economico sia sociale: Nobel e rinnovo contrattuale pure, tutto nel 2021. Perché no?
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