Organizzata da Federsanità e in conclusione oggi 5 marzo, gli Stati Generali della Comunicazione per la Salute sono l’occasione in cui le istituzioni delle professioni sanitarie e mediche possono incontrarsi con quelle giornalistiche e di comunicazione sanitarie.
Il discorso di Barbara Mangiacavalli ai giornalisti
“Gli Stati generali della Comunicazione per la Salute sono caratterizzati da una parola su tutte: comunicazione.” è così che inizia il discorso di Barbara Mangiacavalli rivolgendosi ai giornalisti e a tutto il comparto della comunicazione.
Chiarito il campo comune, ovvero l’incontro sugli stessi terreni di interesse, la Presidente della FNOPI prosegue “Noi infermieri, in primo luogo, ci teniamo a comunicare, a mettere in comune, a condividere con tutti voi, chi siamo.” prosegue “Rispetto a quello che facciamo e a cosa rappresentiamo per il cittadino, invece, non penso vadano spese ulteriori spiegazioni. Dopo i due anni di pandemia, solo qualcuno in malafede può ancora affermare di non sapere quale sia l’essenziale contributo degli infermieri nel Servizio sanitario nazionale e nella nostra comunità in generale.“
L’infermiere è da molto tempo un professionista specializzato “Dico questo – continua Mangiacavalli – per affrontare uno dei primi “nodi” che vorrei mettere in comune stamane, per provare a sciogliere, contando anche sulla presenza del presidente dell’Ordine dei Giornalisti.”
Come abbiamo spesso riscontrato anche noi troppo spesso il comparto della comunicazione si è dimostrato a lungo “‘affezionata’ a una vecchia e retorica rappresentazione dell’infermiere” e che vede nell’infermiere di oggi, la lunga estensione dell’immagine non proprio edificante creata ad hoc da un cinema che non ha riflettuto molto sulle conseguenze di una certa narrazione “si pensi alle commedie sexy degli anni 70 ma anche al famoso medico della mutua interpretato da Alberto Sordi.“
L’immagine dell’infermiere che arriva ai cittadini tramite la televisione, continua Barbara Mangiacavalli, “viene spesso presentato e rappresentato come giovane donna, mediamente attraente e mediamente innamorata di un medico, impegnata in mansioni puramente pratiche e strumentali.“, per non parlare della totale assenza di riconoscimento del titolo di dottore (non solo nella fiction), o degli anacronistici termini come paramedico, caposala, infermiere professionale e così via.
Persino una narrazione a primo acchito positivo, come quella dell’infermiere eroe durante la pandemia ha avuto come effetto quello di allontanare l’obiettivo di un’immagine trasparente della figura dai radar cognitivi dei cittadini.
Noi, ne parlammo tra i primi ponendoci subito una seria riflessione dei rischi e delle conseguenze di tale retorica: l’eroe è sacrificabile, il professionista no (la retorica dell’eroe).
L’occasione è ghiotta per avanzare una prima proposta al mondo della televisione e la presidente della Federazione Nazionale non se la fa sfuggire: “nella fase di scrittura e nell’allestimento delle scenografie si interpellino gratuitamente, tramite Federsanità, noi professioni sanitarie, noi aziende sanitarie e ospedaliere, per descrivere e rappresentare in modo coerente i contesti professionali, sanitari e ospedalieri che ci vedono coinvolti. Eviterebbero degli scivoloni loro, e aumenterebbe di molto il gradimento da parte del pubblico.“
La FNOPI propone nello spettacolo teatrale “Notte di Capodanno” un eccezionale case history a cui riferirsi per una proficua collaborazione tra il mondo sanitario e quello dell’intrattenimento.
La conclusione del discorso di Mangiacavalli a tv e giornalisti
La conclusione del discorso di Mangiacavalli si concentra sui prossimi grossi eventi nel mondo sanitario come: l’impatto che avrà l’infermiere di famiglia nella vita quotidiana della popolazione e come il nuovo assetto territoriale vedrà sempre più spesso l’infermiere protagonista del futuro della sanità attraverso un uso consapevole delle tecnologie ma sempre centrato verso l’obiettivo di umanizzare maggiormente l’assistenza.
In ultimo, non manca il dovuto monito alla categoria che, con forza chiede una maggiore attenzione da parte del comparto del giornalismo ma che, troppo spesso, non usa a dovere i mezzi di comunicazione di cui dispone e richiama ogni singolo infermiere all’art. 28 del nuovo codice deontologico, che così recita:
“L’Infermiere nella comunicazione, anche attraverso mezzi informatici e social media, si comporta con decoro, correttezza, rispetto, trasparenza e veridicità; tutela la riservatezza delle persone e degli assistiti ponendo particolare attenzione nel pubblicare dati e immagini che possano ledere i singoli, le istituzioni, il decoro e l’immagine della professione”.
Professione infermiere: alle soglie del XXI secolo
Il filo conduttore del libro è lo sviluppo del processo di professionalizzazione dell’infermiere. Alcune domande importanti sono gli stessi autori a sollevarle nelle conclusioni. Tra queste, spicca il problema dell’autonomia professionale: essa è sancita sul terreno giuridico dalle norme emanate nel periodo considerato, ma in che misura e in quali forme si realizza nei luoghi di lavoro, nella pratica dei professionisti? E, inoltre, come si riflettono i cambiamenti, di cui gli infermieri sono stati protagonisti, sul sistema sanitario del Paese?
Il libro testimonia che la professione è cambiata ed è cresciuta, ma che c’è ancora molto lavoro da fare. Coltivare questa crescita è una responsabilità delle nuove generazioni.
Professione infermiere: alle soglie del XXI secoloLa maggior parte dei libri di storia infermieristica si ferma alla prima metà del ventesimo secolo, trascurando di fatto situazioni, avvenimenti ed episodi accaduti in tempi a noi più vicini; si tratta di una lacuna da colmare perché proprio nel passaggio al nuovo millennio la professione infermieristica italiana ha vissuto una fase cruciale della sua evoluzione, documentata da un’intensa produzione normativa. Infatti, l’evoluzione storica dell’infermieristica in Italia ha subìto un’improvvisa e importante accelerazione a partire dagli anni 90: il passaggio dell’istruzione all’università, l’approvazione del profilo professionale e l’abolizione del mansionario sono soltanto alcuni dei processi e degli avvenimenti che hanno rapidamente cambiato il volto della professione. Ma come si è arrivati a tali risultati? Gli autori sono convinti che per capire la storia non basta interpretare leggi e ordinamenti e per questa ragione hanno voluto esplorare le esperienze di coloro che hanno avuto un ruolo significativo per lo sviluppo della professione infermieristica nel periodo esaminato: rappresentanti di organismi istituzionali e di associazioni, formatori, studiosi di storia della professione, infermieri manager. Il filo conduttore del libro è lo sviluppo del processo di professionalizzazione dell’infermiere. Alcune domande importanti sono gli stessi autori a sollevarle nelle conclusioni. Tra queste, spicca il problema dell’autonomia professionale: essa è sancita sul terreno giuridico dalle norme emanate nel periodo considerato, ma in che misura e in quali forme si realizza nei luoghi di lavoro, nella pratica dei professionisti? E, inoltre, come si riflettono i cambiamenti, di cui gli infermieri sono stati protagonisti, sul sistema sanitario del Paese? Il libro testimonia che la professione è cambiata ed è cresciuta, ma che c’è ancora molto lavoro da fare. Coltivare questa crescita è una responsabilità delle nuove generazioni. Le voci del libro: Odilia D’Avella, Emma Carli, Annalisa Silvestro, Gennaro Roc- co, Stefania Gastaldi, Maria Grazia De Marinis, Paola Binetti, Rosaria Alvaro, Luisa Saiani, Paolo Chiari, Edoardo Manzoni, Paolo Carlo Motta, Duilio Fiorenzo Manara, Barbara Man- giacavalli, Cleopatra Ferri, Daniele Rodriguez, Giannantonio Barbieri, Patrizia Taddia, Teresa Petrangolini, Maria Santina Bonardi, Elio Drigo, Maria Gabriella De Togni, Carla Collicelli, Mario Schiavon, Roberta Mazzoni, Grazia Monti, Maristella Mencucci, Maria Piro, Antonella Santullo. Gli Autori Caterina Galletti, infermiere e pedagogista, corso di laurea magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma.Loredana Gamberoni, infermiere, coordinatore del corso di laurea specialistica/ magistrale dal 2004 al 2012 presso l’Università di Ferrara, sociologo dirigente della formazione aziendale dell’Aou di Ferrara fino al 2010. Attualmente professore a contratto di Sociologia delle reti di comunità all’Università di Ferrara.Giuseppe Marmo, infermiere, coordinatore didattico del corso di laurea specialistica/ magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede formativa Ospedale Cottolengo di Torino fino al 2016.Emma Martellotti, giornalista, capo Ufficio stampa e comunicazione della Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi dal 1992 al 2014. Caterina Galletti, Loredana Gamberoni, Giuseppe Marmo, Emma Martellotti | 2017 Maggioli Editore 32.00 € 30.40 € |
“Quindi, con queste parole – conclude il suo discorso Barbara Mangiacavalli – che sono la nostra Carta valoriale principale, testimoniamo anche l’impegno di una buona comunicazione che assumiamo noi infermieri per primi nei confronti delle altre professioni, della professione di giornalista, ma anche nei confronti del cittadino sperando di “contaminarci” in senso positivo a vicenda, perché veramente si possa tirare una linea e guardare al futuro rispetto a un nuovo paradigma della comunicazione, ma anche rispetto a una sinergia, una interconnessione tra chi fa comunicazione e chi deve pensare al contenuto che deve essere comunicato affinché si possa veramente fare un servizio utile al Paese ai nostri cittadini, ma anche alle professioni che ognuno per la propria parte rappresenta in questo consesso.”
Qui il video del discorso integrale mentre il testo completo è disponibile sulla pagina ufficiale della FNOPI.
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