Le violenze quotidiane ai danni degli infermieri italiani non accennano a diminuire. E ogni giorno sembra un autentico bollettino di guerra tra pugni in faccia, dita tranciate, schiaffi e minacce agli ex ‘eroi’.
Livelli comunicativi
Il fenomeno, indegno di qualsivoglia paese civile e a dir poco inaccettabile, può però essere spiegato. E quindi prevenuto. A ricordarlo è Nicola Draoli, presidente di Opi Grosseto: “Proprio nei giorni scorsi la federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche ha effettuato il primo studio multicentrico (Cease-it) e il più importante in Italia finora mai realizzato”.
“La ricerca della Fnopi evidenzia come sono fondamentali i livelli comunicativi e la prevenzione, ma che questi sono pesantemente influenzati dalle condizioni in cui si opera: dal carico di lavoro, dal caos di modelli organizzativi e dal numero di personale in essere che impattano, chiaramente, sui buoni livelli comunicativi. Dobbiamo lavorare insieme, operatori sanitari, aziende sanitarie e cittadini, affinché il rispetto sia alla base della relazione tra il paziente e chi compie lavori di cura”.
Una vita da incubo
I motivi sono sempre gli stessi, insomma: disorganizzazione, carenza di personale e inevitabili carichi di lavoro eccessivi per gli infermieri, che sono costretti a vivere una “vita da incubo”, come spiegato da De Palma (Nursing Up).
“Non è affatto esagerato”, sottolinea il presidente del sindacato: “I dati allarmanti che emergono dall’autorevole report di otto università (la ricerca CEASE-it), delineano il quadro decisamente a tinte fosche, per usare un eufemismo, delle violenze perpetrate quotidianamente ai danni degli operatori sanitari.
Un film horror, la cui trama si consuma ogni giorno nelle corsie degli ospedali e negli affollati e caotici pronto soccorsi italiani, dove a vincere, incontrollata e imprevedibile, è la rabbia dei pazienti e dei parenti di questi ultimi.
Numeri preoccupanti, percentuali drammatiche: il 32,3% degli infermieri, pari a circa 130mila professionisti, nell’ultimo anno, ha subito violenza durante i turni di lavoro, in particolare quelli notturni.
Ben 125mila sono i casi sommersi, il 75% delle vittime sono donne. Questo significa che le nostre infermiere, le nostre sorelle, le nostre mogli, sono le vittime sacrificali di calci, pugni, spesso morsi, nonché minacce e intimidazioni psicologiche.
Svegliarsi ogni mattina, in queste condizioni, e trovare la serenità di prendersi cura dei malati e dei soggetti fragili, diventa una impresa davvero difficile.”
Il tempo stringe
Fino a quando gli infermieri italiani potranno e vorranno reggere anche il peso di essere diventati vere e proprie vittime sacrificali di un sistema che fa acqua da tutte le parti? Beh, se ancora non ve ne siete accorti… In molti stanno già scappando.
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