See and Treat: Ordine dei Medici “Allibiti”.
“Allibiti da sentenza Tar. Il See and Treat è una diagnosi clinica fatta da non medici. Stiamo valutando ricorso”. Cosi si legge su un articolo-intervista al presidente dell’Ordine dei medici di Roma, Giuseppe Lavra. Nei giorni scorsi il Tar si è espresso favorevolmente nei confronti degli infermieri e di una professionalità infermieristica che negli ultimi decenni ha incamerato una tensione direi schizofrenica:
- infermieri riconosciuti di fronte ai Giudici come professionisti (oneri e onori) e in quanto tali imputati di reato di omicidio colposo di fronte alle proprie responsabilità per non aver vigilato sull’operato medico, in quanto l’infermiere “garantisce la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutico“
- infermieri tuttavia ancora assoggettati ad una sudditanza e subalternità reale e psicologica che gli impone atteggiamenti e posizioni anacronistiche rispetto al proprio ruolo e al confronto internazionale; dirigenze infermieristiche, lontane dalle corsie, che propongono strumenti inadeguati a fornire anche una piccola parvenza di autonomia.
Ancor più paradossale rispetto alla cecità intima degli infermieri stessi, è la battaglia di competenze che molte corporazioni mediche fanno nei confronti di una categoria che, vorrei ricordare, non è più ancillare da decenni (leggi profilo professionale).
Il See and Treat funziona
Il S&T gestisce codici bianco/verdi protocollati e codificati come non urgenti, con interventi a sua volta protocollati e codificati da medici. L’intento sarebbe quello di dissipare l’utenza che si rivolge al PS anche per minuzie e che in un sistema perfetto andrebbe gestita dai c.d. Medici di Medicina Generale/Medici di Continuità Assistenziale (medici di base e medico di guardia). A voler essere provocatorio: sappiamo tutti, probabilmente per tacito assenso, che nei reparti i medici pur di esimersi da interventi “minori” demandano continuamente valutazioni minori ai propri infermieri, fidandosi della loro esperienza e professionalità. Piccoli mal di testa e lievi insonnie, posto che non vi siano indicazioni più gravi da far valutare al medico, devono essere gestite dagli infermieri della notte pur di non “disturbare” il medico di guardia (che nonostante sia in guardia attiva può dormire tranquillamente nel suo letto senza il rischio di procedimenti disciplinari).
A proposito di procedimenti disciplinari 😉 :
Quindi, l’infermiere svolge già una versione ospedaliera del See & Treat da decenni; non resta altro che codificarla e protocollarla.
Paradossalmente l’infermiera crocerossina e ancella dei medici del passato ha lasciato in eredità la valida dimostrazione che l’infermiere sa gestire il paziente.
Le prove che il See & Treat in Pronto Soccorso funziona
Segnaliamo tra le tante, le importanti esperienze fatte a Grosseto e in Toscana. Inoltre il See and Treat è presente a livello internazionale da molti anni: non credo dunque validata l’ipotesi di molti medici sulla pericolosità per i pazienti. Se funziona all’estero dove gli infermieri italiani sono apprezzatissimi (e per questo prelevati a gruppi dal NHS), cosa potremmo fare nel nostro Paese?
Genuina preoccupazione per i cittadini o mantenimento di status quo?
Capiamo che i medici, completamente disinteressati alle battaglie infermieristiche e alla sua crescita, si accorgano della professionalità degli infermieri solo quando ne traggono beneficio; ci stupiamo ancora di quanto alcuni medici (per lo più medici di una certa età, ancorati ad una visione antica dell’infermiera crocerossina e cameriera e che non hanno mai visto realtà internazionali, dove gli infermieri si approcciano al medico al pari di una diversa professionalità) trasaliscano di fronte a infermieri che usano ecografi per impiantare PICC e Medline, o nel caso del See and Treat infermieristico si prendono la responsabilità di decidere l’intervento più idoneo in base a protocolli codificati da altri medici (e che sono attaccati per questo) con un unico fine:
“per arginare il problema delle lunghe attese sono state adottate diverse strategie di gestione dei pazienti con problemi di salute minori” (Ipasvi) e risolvere almeno in parte i disservizi dei PS.
Per correttezza si citano anche medici illuminati che appoggiano, con il buon senso, la naturale evoluzione del sistema sanitario. Infine, mi sembra un po’ ipocrita chiedere agli infermieri, professionalità quando conviene e subalternità quando no. L’infermiere non è un professionista a tratti, o lo è sempre, con un’inevitabile evoluzione dei rapporti interprofessionali, o non lo è. Punto.
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Guida al monitoraggio in Area Critica
Il monitoraggio è probabilmente l’attività che impegna maggiormente l’infermiere qualunque sia l’area intensiva in cui opera.Non può esistere area critica senza monitoraggio intensivo, che non serve tanto per curare quanto per fornire indicazioni necessarie ad agevolare la decisione assistenziale, clinica e diagnostico-terapeutica, perché rilevando continuamente i dati si possono ridurre rischi o complicanze cliniche.Il monitoraggio intensivo, spesso condotto con strumenti sofisticati, è una guida formidabile per infermieri e medici nella cura dei loro malati. La letteratura conferma infatti che gli eventi avversi, persino il peggiore e infausto, l’arresto cardiocircolatorio, non sono improvvisi ma solitamente vengono preannunciati dal peggioramento dei parametri vitali fin dalle 6-8 ore precedenti.Il monitoraggio è quindi l’attività “salvavita” che permette di fare la differenza nel riconoscere precocemente l’evento avverso e migliorare i risultati finali in termini di morbilità e mortalità.Riconosciuto come fondamentale, in questo contesto, il ruolo dell’infermiere, per precisione, accuratezza, abilità nell’uso della strumentazione, conoscenza e interpretazione dei parametri rilevati, questo volume è rivolto al professionista esperto, che mette alla prova nelle sue conoscenze e aggiorna nel suo lavoro quotidiano, fornendo interessanti spunti di riflessione, ma anche al “novizio”, a cui permette di comprendere e di utilizzare al meglio le modalità di monitoraggio. A cura di:Gian Domenico Giusti, Infermiere presso Azienda Ospedaliero Universitaria di Perugia in UTI (Unità di Terapia Intensiva). Dottore Magistrale in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche. Master I livello in Infermieristica in anestesia e terapia intensiva. Professore a contratto Università degli Studi di Perugia. Autore di numerose pubblicazioni su riviste italiane ed internazionali. Membro del Comitato Direttivo Aniarti.Maria Benetton, Infermiera presso Azienda ULSS 9 di Treviso. Tutor Corso di laurea in Infermieristica e Professore a contratto Università degli Studi di Padova. Direttore della rivista “SCENARIO. Il nursing nella sopravvivenza”. Autore di numerose pubblicazioni su riviste italiane. Membro del Comitato Direttivo Aniarti.
a cura di Gian Domenico Giusti e Maria Benetton | 2015 Maggioli Editore
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