Sospesi 9 medici, torniamo ai fatti:
9 medici di Bologna sono stati sospesi per sei mesi dall’esercizio della loro professione per aver validato alcuni protocolli sanitari utilizzati da alcuni infermieri lasciati soli in ambulanza, alcuni dei compiti degli infermieri erano quelli di diagnosi e prescrizione farmacologica. Significativo, è il fatto che gli infermieri stessero lavorando sulla base di protocolli conosciuti e standardizzati.
La pronuncia dell’Ordine dei medici.
Tutto ciò contravviene, a detta dell’Ordine bolognese, ai principi espressi nel codice deontologico medico: “il personale infermieristico o sanitario ausiliario nella sua affermata autonomia ha compiti, competenze e responsabilità integrate e coordinate ma pur sempre distinte e diverse da quelle mediche e tali rimangono anche nel percorso di intervento diagnostico e cura delle patologie in ambito emergenziale, al di là della emergenzialità di situazioni nelle quali possono essere autorizzati e richiesti di prestazioni ordinariamente erogate dal medico”
Impara a difenderti:
Le parole dell’Ordine medico scandiscono quindi un imperativo categorico oltre il quale è possibile vedere ben pochi spiragli di luce, ciò che però mi chiedo è questo? Quale sia l’intima ragione che muove i medici a “delegare” alcune delle loro funzioni agli infermieri? Ma soprattutto viene da indagare il carattere di questi soggetti, per vedere quale grado di intima e scellerata superficialità li abbia portati a una decisione del genere. È evidente il tono provocatorio del mio linguaggio che mira piuttosto ad evidenziare come la scelta, maturata in capo al personale medico di lasciare in autonoma indipendenza alcuni professionisti qualificati e con esperienza, sia stata certamente ponderata e si muova sul presupposto, per nulla banale, del riconoscimento delle CONCRETE CAPACITA’ lavorative di questi ultimi.
Sanzioni ai medici e mancato riconoscimento dello sviluppo infermieristico: contraddizioni del SSN
Il sistema sanitario italiano vive, un enorme conflitto interno dal quale proprio non riesce ad emergere un fronte unitario. Alle soglie del 2020 e con un sistema di riferimento europeo dove la figura professionale dell’infermiere svolge un ruolo centrale sia per ciò che concerne gli aspetti pratici, sia per quelli organizzativi, sembrerebbe essere perlomeno anacronistico e sganciato da ogni tipo di richiamo alla cogente situazione in cui versa il nostro afflitto Ssn l’opera di continuo depauperamento della qualifica professionale dell’infermiere.
Oltre ai medici, “professionisti ausiliari”
Affinché questo concetto sia più chiaro si evidenzino la terminologia e il tono utilizzato nella pronuncia di sospensione, nella quale gli infermieri vengono definiti “professionisti ausiliari” o “operatori sanitari non medici” espressioni queste dalla quali trasuda il significato ultimo di una pronuncia volta a rimarcare il distacco forzoso che deve intercorrere fra due figure che al contrario dovrebbero poter vivere una simbiosi per più grande. Il giurista Luca Benci in riferimento alle motivazioni della sospensione, definisce l’atto come “un documento con finalità più politica che di magistratura deontologica”.
La natura dei protocolli svilita dalle motivazioni.
Altro aspetto rilevante è certamente il richiamo a quei protocolli, che nella pratica del lavoro infermieristico sono diventati di straordinaria importanza, perché dalla loro iniziale costituzione, proprio nell’ambito dell’intervento sanitario di emergenza, si sono evoluti fino a quel “see and treat” toscano che grande risalto ha avuto. Il fatto che l’ordine medico bolognese abbia tentato di sminuirne il valore pragmatico sul presupposto errato del non richiamo legislativo non risulta veritiero, il DPR 27 marzo 1992, la legge Balduzzi e il disegno di legge Gelli dimostrano che la tendenza legislativa è proprio quella di un maggior riconoscimento del ruolo infermieristico e dei protocolli da questi utilizzati.
Perché questa sospensione dell’ordine medico?
Se il fine era quello di mortificare il ruolo degli infermieri con le sanzioni ai medici che su questi aveva fatto affidamento il loro compito è fallito. Quando si parla di professione infermieristica molti ancora ritengono tale ruolo quello di 40 anni fa, periodo nel quale professionalità e conoscenze erano differenti. I tempi sono cambiati ed è cambiato soprattutto il carattere qualitativo degli apporti sanitari dell’infermiere.
La consapevolezza degli stessi si è evoluta e non può sfuggire ad una intera categoria, che consta un numero enorme di soggetti, lo scarto con i colleghi europei, non può sfuggire l’attacco di alcuna parte della dirigenza medica che in questi nuovi soggetti competenti vede una minaccia piuttosto che una grande possibilità di crescita del settore.
Martino Vitaliano Di Caudo
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