Vi siete mai chiesti cosa il paziente pensi dell’infermiere psichiatrico? Andate al Museo della Follia di Vittorio Sgarbi ed avrete una risposta. E forse anche qualche domanda. Il Museo della Follia è una mostra artistica itinerante a cura dello Sgarbi Nazionale. Attualmente a Salò (BS), la mostra raccoglie circa 200 opere su un unico tema: la follia. Non sembrerà quindi così strano notare, disseminate ovunque, traccie della nostra professione nelle opere d’arte e nelle installazioni storiche e multimediali. I pazienti e gli artisti hanno raccontato gli infermieri psichiatrici con video, sculture e lettere. Nel bene e nel (troppo spesso) male.
L’infermiere psichiatrico nell’arte
A volte, agli occhi degli artisti, gli infermieri dei manicomi sembrano semplicemente i “guardiani” delle loro prigioni fisiche e farmacologiche. Come nella scultura Infermiere n.1 di Cesare Inzerillo l’infermiere è rappresentato come una mummia ridente e le cui forme del viso rassomigliano fin troppo alle pieghe della divisa stropicciata.
Un uomo-automa senz’anima. L’infermiere qui rappresentato non è che un simpatico sacco di iuta, mal vestito, che solo grazie ad una distintiva cuffia in testa si distingue dai pazienti. Pari nella smorfia sardonica, folle e disperata. Ma diciamo pure che al Primario n.1 dello stesso autore, è riservato un destino anche peggiore.
La lotta di Basaglia, la legge 180/78, i manicomi ieri e gli OPG oggi
Si fa sul serio con la video installazione “O.P.G.” che mostra i documenti video raccolti dalla Commissione d’inchiesta sul Ssn con la presidenza del Senatore Ignazio Marino che dal 2010 al 2015 ha portato alla chiusura di queste strutture.
Luoghi infernali, i cui pazienti sono stati ritenuti pericolosi per la società per sempre e mai più reintegrati. Uno di loro, si racconta nel video, nel lontano 92′ ha fatto una rapina con una pistola giocattolo, anni dopo ne pagava ancora l’errore per il solo fatto di avere problemi psichiatrici.
Il manuale per l’infermiere specializzato in psichiatria:
Il lato umano dell’infermiere nella lettera disperata di un paziente
Commovente, struggente piuttosto. In quanto infermiere mi sono sentito toccato e orgoglioso nella lettura ed ascolto di questa lettera recitata in cui traspare la semplice umanità di un infermiere psichiatrico che per sollevare l’autore dalle sue angoscie gli regala “un vistito troppu bellu“.
L’installazione audio della lettera “Cicì t’aspiettu” di Nicola Sferruzza e Cristina Sbacchi è una lettera probabilmente mai arrivata a destinazione e che racconta tutta la disperazione di un paziente di un manicomio di Palermo rinchiuso presumibilmente con l’inganno. Rinchiuso e privato della propria libertà non per colpa ma per condizione, quella di essere “folle“.
Nelle sue parole, nonostante tutto, non pare abbia perso la genuina ingenuità nel contare su Cicì (che non lo viene più a prendere), nella speranza di potergli raccontare di quanto sia contento di poter indossare quel vestito troppo bello. Visitato ed accompagnato dal suo caro Cicì, chiunque esso sia.
(Cicì ti aspetto):
“Cicì u sai chi taiu a cuntari? Cicì…. lo sai che ti devo raccontare? –
/ Un’firmiere m’arrealò un vistito troppu bellu – Un’infermiere mi ha regalato un vestito troppo bello.
/ Ma per uora un mu metto. Aspettu a festa e a tia ca mi veni a pigghi pi ‘nesciri Ma per ora non lo metto, aspetto la festa e a te che mi vieni a prendere per uscire…
/ A proposito Cicì, ma quannu mi veni a pigghi? A proposito Cicì, ma quando mi vieni a prendere?…/[…]
Probabilmente non sapremo mai più la fine (o magari l’inizio?) di questa umanità perduta…
Artisti nazionali e internazionali completano l’esperienza del Museo della Follia.
Francisco Goya, Francis Bacon, Adolfo Wildt, Jean-Michel Basquiat – come il Piccio, Silvestro Lega, Michele Cammarano, Telemaco Signorini, Antonio Mancini, Vincenzo Gemito, Fausto Pirandello, Antonio Ligabue, Pietro Ghizzardi.
“Un repertorio, senza proclami, senza manifesti, senza denunce. Uomini e donne come noi, sfortunati, umiliati, isolati. E ancora vivi nella incredula disperazione dei loro sguardi. Condannati senza colpa, incriminati senza reati per il solo destino di essere diversi, cioè individui. Nella storia dell’arte, anche prima dei casi clamorosi di Van Gogh e di Ligabue, molti sono gli artisti la cui mente è attraversata dal turbamento, che si esprimono in una lingua visionaria e allucinata. Ognuno di loro ha una storia, una dimensione che non si misura con la realtà, ma con il sogno”
Vittorio Sgarbi.
Museo della Follia. Da Goya a Bacon a cura di Vittorio Sgarbi, i principali autori sono Cesare Inzerillo, Sara Pallavicini, Giovanni Lettini, Stefano Morelli. La mostra è promossa da Associazione Culturale Radicinnoviamoci / Gianni Filippini (Fenice Company Ideas) / Ticket24. La sede attuale è al MuSa – Museo di Salò, Via Brunati, 9, Salò (BS) per il periodo 11 marzo – 19 novembre 2017.
Consiglio la mostra a tutti gli infermieri che possano raggiungerla. E’ un’esperienza artistica che ti arricchisce umanamente e professionalmente e che ti porta ad una severa riflessione sul proprio agire quotidiano: la routine e la stanchezza spezza troppo spesso la nostra umanità di fronte all’utente psichiatrico, ci rende meccanici e cinici dispensatori di cure e farmaci. Ma cavolo, dietro a quella persona c’è spesso così tanta sofferenza. Che senso ha ergere dei muri così alti pur di non doverla sentire. Il paziente giudica la nostra umanità, la nostra empatia. Noi giudichiamo abbastanza spesso noi stessi?
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