Infermieri iscritti all’albo ma assunti come apprendisti, cosa pensare del caso di Biella.

Si continua a discutere di avanzamenti professionali della categoria infermieristica e di crescita generale, ma si assiste sempre più di continuo a incessanti spinte in direzioni antitetiche. E’ di un paio di giorni fa la notizia di una clamorosa operazione della Guardia di Finanza di Biella che ha scoperto un’evasione nei confronti dell’erario 1 milione e 684.179 euro, tra contributi assistenziali e previdenziali. Tale evasione deriverebbe direttamente dalla avvenuta assunzione di 331 infermieri e oss del gruppo Sereni Orizzonti, i quali sarebbero stati assunti, in barba alle attuali normative giuslavoristiche, come apprendisti pur avendo maturato comprovata esperienza professionale nel settore e pur essendo iscritti agli albi professionali di riferimento.

Il fatto, grave perché contra legem, risulta poi particolarmente disdicevole poiché rappresentativo di un modus operandi tutto italiano che mira a denigrare la funzione del lavoro in generale e nello specifico mortifica l’impegno formativo di questi professionisti della sanità.

Il rispetto dell’inquadramento professionale dei dipendenti pubblici deve avvenire in ossequio alla disciplina relativa al rapporto di lavoro con le amministrazioni pubbliche contenuta nel Titolo IV del D.Lgs. 165/2001.

Le responsabilità dell’infermiere:

Ciò che si è verificato a Biella, spiega il tenente colonnello Edmondo Massa, ha dato vita ad una serie a catena di irregolarità dettata dal non “esser stato rispettato l’inquadramento contrattuale dei dipendenti, tutti formalmente tirocinanti, nonostante nella maggior parte dei casi avessero già lavorato come infermieri in altre strutture

In attesa delle sanzioni che verranno erogate dall’Inps e dall’Ispettorato del Lavoro, qualora fosse acclarata la responsabilità dei datori di lavoro, ci si trova a fare nuovamente i conti con casi evidenti di mancata salvaguardia del momento lavorativo dei singoli infermieri, costretti a subire il ricatto del lavoro, in un tessuto culturale che ancora  non sembra pronto alla tutela coesa di tale diritto. I numeri infatti rendono l’idea di quanto ancora distanti si possa essere dall’intravedere una forma di prima protezione del lavoratore che deve avvenire con le armi della vigilanza e dell’attenzione ai dettagli della propria assunzione e in seguito del comportamento dei propri superiori.

 

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Martino Di Caudo

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