Trapani li 08/ 07/2017
Prot. n° 037. 2017
Al Direttore U.O.C Medicina Generale
Dott. Basilio Fimiani
E, pc Al coordinatore del servizio Infermieristico
P.O Nocera- Pagani
Dott. Gianfranco Ricci
Oggetto: diffida opposizione ordine di servizio prot. 160415 del 07 Luglio. 2017 a firma del Dr. Basilio Fimiani avente oggetto: Disposizione in caso di mancanza personale OSS UOC Medicina.
L’Associazione A.D.I. interviene, ex statuto, per la tutela e la difesa dell’immagine
professionale dell’infermiere e per assistere legalmente il singolo iscritto quando viene minacciata la sua professionalità soprattutto verso terzi.
La scrivente segreteria ha già affrontato la questione in occasione della delibera della Regione Sicilia denominata “Guida per il paziente che si ricovera in ospedale” G.U. della Regione Siciliana venerdì, 25 ottobre 2013, parte prima, Anno 67°, Numero 48, poi revocata e corretta.
Siamo pertanto sconcertati, considerata la superficialità con cui Lei, dott. Basilio Fimiani,
indicata agli infermieri di svolgere mansioni riservate al personale OSS.
Un ordine di servizio palesemente illegale perché si pone in violazione della normativa che
disciplina l’esercizio della professione infermieristica, oltre che alla giurisprudenza in materia di mansioni, le ultime sentenze al riguardo, che hanno condannato le Aziende Sanitarie di riferimento a risarcire il danno professionale agli infermieri, dovrebbero consigliare di essere più prudente E’ impossibile che un un Direttore degeneri al punto di offendere i più elementari diritti dei lavoratori e che sostengono le colonne portanti della dignità della persona.
Infatti Lei scrive che “in mancanza di OSS il personale Infermieristico deve garantire le stesse le stesse funzioni degli oss”, quindi manca l’OSS ?? : E ha anche il coraggio di scriverlo!!
Perché invece con la stessa veemenza non scrive al Suo Direttore Generale chiedendo
l’assegnazione del personale OSS ??
Quando un infermiere, esausto e svilito dal sistematico e reiterato demansionamento che deve subire quotidianamente, conviene l’ospedale in giudizio dinanzi il tribunale del lavoro, per ottenere il giusto risarcimento ha il problema di dimostrare che la carenza degli operatori sociosanitari è cronica cosicché li deve sostituire.
Ebbene con atto firmato Lei ha fornito la prova, diversamente difficile da ottenere, di cui gli
infermieri necessitano perché ha ammesso che gli Infermieri del Reparto da Lei diretto sono
sfruttati” demansionati, dequalificati e offesi nella loro dignità personale in autostima ed
eterostima, per carenza (o come acclarato da Lei stesso “in Mancanza” ) di personale sociosanitario.
Lei, nello stilare l’ordine di servizio in questione, non ha valutato o non ha voluto valutare
quanto segue (pensando, forse, che gli infermieri sono tutti pecoroni):
il Decreto 14 settembre 1994, n. 739 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 09 gennaio 1995, n. 6
– Regolamento concernente l’individuazione della figura e del relativo profilo professionale
dell’infermiere – che ha eliso la parola “ausiliario” nella definizione di infermiere, all’art. 1. comma 3, paragrafo f) recita: “Il ministro della Sanità dispone che … L’infermiere per l’espletamento delle funzioni si avvale, ove necessario, dell’opera del personale di supporto” e non che “si avvale, ove presente o se presente o se l’amministrazione provvede, del personale di supporto”. La presenza del personale di supporto è, quindi, necessaria nel servizio affinché l’infermiere, “responsabile dell’assistenza generale infermieristica” – (art. 1, co. 1 succitato), pianifichi e gestisca gli interventi assistenziali anche igienico-domestico-alberghieri.
Difatti il Decreto del Presidente della Repubblica 28 settembre 1987, n. 567 (in Suppl.
ordinario alla Gazz. Uff., 11 febbraio, n. 34) – all’art. 8, “Turnazioni”, al paragrafo d) stabilisce che:
“Il ricorso al lavoro su turni presuppone la distribuzione del personale nei vari turni, ripartito sulla base delle professionalità che devono essere presenti in ciascun turno, con assoluta preminenza, quindi nell’interesse dell’amministrazione su ogni altro”. Ad adiuvandum, il D.Lgs. 26.11.1999 n. 532 a norma dell’art. 17, co. 2, L. 05.02.1999 n. 25, all’art. 11, comma 1, recita:
“Durante il lavoro notturno il datore di lavoro assicura un livello di servizi equivalente a quello previsto per il turno diurno” e il Decreto Legislativo 8 aprile 2003, n. 66, all’art. 14, co. 2 che: “Durante il lavoro notturno il datore di lavoro garantisce, previa informativa alle rappresentanze sindacali di cui all’articolo 12, un livello di servizi o di mezzi di prevenzione o di protezione adeguato ed equivalente a quello previsto per il turno diurno”.
La legge 26 febbraio 1999 n. 42 ha abrogato il mansionario dell’infermiere professionale
(D.P.R. 14 marzo 1974 n. 225) ed ha abolito nella denominazione delle professione infermieristical’appendice “ausiliaria” rendendola al pari del medico, professione sanitaria così come prevedeva già l’art. 2229 C.C. quale pr essione intellettuale. Detto articolo del codice civile, applicabile all’infermiere grazie agli artt. 99 e 100 del T.U. delle Leggi Sanitarie, permette di introdurre l’infermiere nel novero delle locatio operarum cioè delle professioni intellettuali e non nelle locatio operis, quali l’O.T.A. o l’O.S.S. che svolgono attività prevalentemente esecutive e manuali. Per professioni intellettuali si intendono quelle che, seppur la prestazione si concretizzi in un fare materiale, si fondano su conoscenze teoriche o tecniche evolute che rendono l’atto una conseguenza di un processo mentale basato su principi e metodologie scientifiche. In poche parole, usando la terminologia della Suprema Corte di Cassazione, le attività elementari non possono essere
attribuite ad una professione intellettuale soprattutto se la legge prevede a tutela della sua
genuinità, uno specifico reato. proprio (abusivismo) perché si fonda sul conseguimento di un titolo abilitante rilasciato dallo stato.
Comunque già il D.P.R. n. 225/74 prevedeva, nella figura dell’infermiere professionale, una
elevata competenza e professionalità (per questo si è voluto chiamare questo infermiere col
termine di professionale) che non annoverava nel suo contenuto mansioni meramente esecutive.
Mobbing? Il volume dell’ADI :
Difatti all’art. 6 del D.P.R. succitato, l’infermiere generico soccombeva alle necessità igienicodomestico- alberghiere del paziente. Al comma 2 del D.P.R. de quo si legge: “assistenza completa al malato, particolarmente in ordine alle operazioni di pulizia e di alimentazione, di riassetto del letto e del comodino del paziente e della disinfezione dell’ambiente …”. Quindi, lo svolgimento di prestazioni di assistenza completa (cioè igiene, aiuto nel cambio della biancheria, riassetto del letto, uso di padelle e pappagalli ovvero aiuto nelle operazioni fisiologiche, ecc.) costituivano già nel 1994 ad opera dell’infermiere diplomato, un grave pregiudizio alla professionalità e, certamente, una violazione dell’art. 2103 C.C. ovvero del D.P.R. n. 761/74 che vieta lo svolgimento di mansioni inferiori. Benché l’art. 1, co. 1 del D.P.R. citato prevedesse per l’infermiere professionale “assistenza completa all’infermo;”, la presenza del ; segna la fine del comma per cui la norma è stata interpretata, da sempre, come esclusiva responsabilità funzionale e non esecutiva del professionale, cioè si assegnava al professionale il compito di vigilare e affidare queste incombenze al “personale alle proprie dipendenze” proprio come cita lo stesso articolo. Tale interpretazione è stata accolta dalla dottrina (V. prof. Avv. Nicola Ferraro docente dell’Università Federico II di Napoli e Prof. Avv. Salvatore Carruba dirigente Istituto Superiore di Sanità Roma) nonchè dalla giurisprudenza con la famosa sentenza della Suprema Corte di Cassazione che, con sent. n. 1078, RG n. 9518/80, Cron. 2210 del 09 febbraio 1985, ha statuito: “Non compete all’infermiere, ma al personale subalterno,
rispondere ai campanelli dell’unità del paziente, usare padelle e pappagalli per l’igiene del
malato e riassettare il letto”. Nella causa de qua, l’ausiliaria che si era rifiutata di svolgere queste mansioni attribuendole erroneamente all’infermiere, è stata licenziata e la Suprema Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento per inadempimento contrattuale così come avevano già fatto i giudici di prime cure.
La legge 10 agosto 2000 n. 251 stabiliva l’apertura delle classi universitarie per il conseguimento della laurea in Infermieristica e le relative specializzazioni e master. Il C.C.N.L. Comparto Sanità 1998-2001 individua nella categoria C e successivamente nella categoria D il collaboratore professionale sanitario (infermiere) definendolo: “Appartengono a questa categoria i lavoratori che, ricoprono posizioni di lavoro che richiedono, oltre a conoscenze teoriche specialistiche e/o gestionali in relazione ai titoli di studio e professionali conseguiti, autonomia e responsabilità proprie, capacità organizzative, di coordinamento e gestionali caratterizzate da discrezionalità operativa nell’ambito di strutture operative semplici previste dal modello organizzativo aziendale; Appartengono altresì a questa categoria – nel livello economico D super (Ds) – i lavoratori che ricoprono posizioni di lavoro che, oltre alle conoscenze teoriche specialistiche e/o gestionali in relazione ai titoli di studio e professionali conseguiti, richiedono a titolo esemplificativo e anche disgiuntamente: autonomia e responsabilità dei risultati conseguiti; ampia discrezionalità operativa nell’ambito delle strutture operative di assegnazione; funzioni di direzione e coordinamento, gestione e controllo di risorse umane; coordinamento di attività didattica; iniziative di programmazione e proposta”.
Il D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 – Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche – TITOLO IV – Rapporto di lavoro – all’art. 52 – Disciplina delle mansioni. (Art. 56 del D.Lgs n. 29 del 1993, come sostituito dall’art. 25 del D.Lgs n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall’art. 15 del D.Lgs n. 387 del 1998), che si applica anche nel reparto Lei diretto, stabilisce al comma 1: “Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti nell’ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi, ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive. L’esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell’inquadramento del lavoratore o dell’assegnazione di incarichi di direzione”.
TUTTO CIO’ PREMESSO, DEDOTTO E RITENUTO
l’Associazione Avvocatura di Diritto Infermieristico
CONTESTA
l’ordine di servizio de qua nella parte in cui prevede che gli infermieri devono garantire le funzioni degli operatori socio-sanitari mancanti in reparto o insufficienti.
DIFFIDA
La S.V dall’attuare quanto previsto nell’ordine di servizio
CHIEDE
che ritiri l’ordine di servizio perchè offensivo della dignità e della professionalità di tutti gli infermieridel reparto da Lei diretto, che ogni giorno e notte, con abnegazione, spendono la propria vita per la sicurezza e la salute dei pazienti nonostante la carenza di personale come da Lei stesso affermato nell’ordine di servizio qui contestato, con avvertenza che, in difetto di quanto sopra, entro e non oltre 10 gg. dalla ricezione della presente, l’ AADI sosterrà, nei termini previsti dallo statuto, gli infermieri che si dichiarassero lesi dalla nota in oggetto e che volessero chiedere nelle sedi opportune la declaratoria di illegittimità e i dovuti risarcimenti per demansionamento provato in re ipsa, con ogni conseguenza di legge
Distinti saluti
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