Forse, in futuro, la prima persona con cui parleremo in ospedale non sarà un umano, ma uno schermo. Una voce “calma e cordiale” risponderà a tutte le nostre domande e raccoglierà tutte le informazioni necessarie per la raccolta dati, utili a medici e infermieri per assistere e curare i pazienti.
Nel frattempo, gli stessi infermieri e medici saranno sempre più sostituiti dalle macchine, e chi tra loro sopravvivrà a questa rivoluzione si troverà a svolgere interventi che l’intelligenza artificiale non potrà (o non vorrà?) eseguire. Sogno o distopia? In questo articolo analizzeremo le notizie che arrivano dagli Stati Uniti sulle prime adozioni di agenti IA in sanità e cosa ne pensano gli infermieri americani.
Indice
In che modo l’IA può essere utilizzata nel settore della sanità?
Sembrava quasi impossibile riuscire anche solo a immaginarlo qualche anno fa, ma la rivoluzione delle IA inizia a fare breccia nel mondo dell’assistenza sanitaria, e alcune aziende cercano di rendere il personale sanitario sostituibile in almeno alcuni aspetti del lavoro, come l’accoglienza, il monitoraggio e la raccolta dati.
Proiettando nel breve futuro l’adozione delle interfacce di agenti IA in sanità da parte delle aziende e di una parte dei pazienti, possiamo presupporre che a breve questi agenti IA sanitari saranno adottati non solo negli Stati Uniti, ma anche qui in Italia.
Gli studi sembrano dimostrare una certa resistenza da parte dei pazienti (vedi fonti), che accettano le interazioni con le IA solo come strumento complementare ma resistono alla completa sostituzione del sanitario. Per ora.
Le ragioni di questa riluttanza risiedono nella convinzione, da parte del paziente, di avere aspetti “unici” che solo un altro umano può cogliere; il rischio che l’approccio di accoglienza da parte di un agente IA risulti superficiale scoraggia il coinvolgimento emotivo con il programma.
Ma temiamo che questa riluttanza sia solo una questione di tempo: come tecnologia emergente, le intelligenze artificiali non sono ancora utilizzate su larga scala, ma la loro adozione è appena giunta nelle mani di quelli che vengono definiti utenti precoci, secondo la cosiddetta curva di accoglienza di una nuova tecnologia. Come accaduto per internet, smartphone e social, anche con l’intelligenza artificiale prima o poi la maggioranza (utente medio) e persino i ritardatari ne faranno uso. Vostra zia che manda i “buongiornissimo” su WhatsApp e Facebook ogni santo giorno è prova schiacciante della validità di questa teoria.
Anche dalla politica americana arrivano forti endorsement. Robert F. Kennedy Jr., nuovo ministro della Salute dell’amministrazione Trump, ha suggerito che infermieri accompagnati da strumenti di intelligenza artificiale, “bravi quanto qualsiasi medico”, potrebbero contribuire a fornire assistenza medica nelle aree rurali, sostituendo di fatto i medici.
Un famoso medico americano, il dottor Mehmet Oz, nominato per supervisionare Medicare e Medicaid, ha affermato di credere che l’intelligenza artificiale possa “liberare medici e infermieri da tutta la burocrazia”. Il rischio però è quello di liberare medici e infermieri anche dal contatto con i pazienti.

In un contesto sanitario sempre più orientato all’automazione e all’impiego di sistemi intelligenti, diventa cruciale che gli infermieri mantengano un ruolo attivo e competente, soprattutto nelle aree critiche. Il manuale Guida al monitoraggio in area critica, edito da Maggioli Editore, fornisce strumenti pratici e aggiornati per affinare le competenze nel monitoraggio dei parametri vitali e nell’interpretazione dei dati clinici, offrendo un supporto concreto per affrontare con professionalità la sfida della convivenza con l’intelligenza artificiale in corsia.
Disponibile su Amazon e MaggioliEditore.it, il manuale è uno strumento indispensabile per tutti i professionisti sanitari che operano in contesti critici, dove il monitoraggio continuo e accurato può fare la differenza tra la vita e la morte! E, ovviamente, per non farsi sostituire da un programma qualsiasi…
Guida al monitoraggio in Area Critica
Il monitoraggio è probabilmente l’attività che impegna maggiormente l’infermiere qualunque sia l’area intensiva in cui opera.Non può esistere area critica senza monitoraggio intensivo, che non serve tanto per curare quanto per fornire indicazioni necessarie ad agevolare la decisione assistenziale, clinica e diagnostico-terapeutica, perché rilevando continuamente i dati si possono ridurre rischi o complicanze cliniche.Il monitoraggio intensivo, spesso condotto con strumenti sofisticati, è una guida formidabile per infermieri e medici nella cura dei loro malati. La letteratura conferma infatti che gli eventi avversi, persino il peggiore e infausto, l’arresto cardiocircolatorio, non sono improvvisi ma solitamente vengono preannunciati dal peggioramento dei parametri vitali fin dalle 6-8 ore precedenti.Il monitoraggio è quindi l’attività “salvavita” che permette di fare la differenza nel riconoscere precocemente l’evento avverso e migliorare i risultati finali in termini di morbilità e mortalità.Riconosciuto come fondamentale, in questo contesto, il ruolo dell’infermiere, per precisione, accuratezza, abilità nell’uso della strumentazione, conoscenza e interpretazione dei parametri rilevati, questo volume è rivolto al professionista esperto, che mette alla prova nelle sue conoscenze e aggiorna nel suo lavoro quotidiano, fornendo interessanti spunti di riflessione, ma anche al “novizio”, a cui permette di comprendere e di utilizzare al meglio le modalità di monitoraggio. A cura di:Gian Domenico Giusti, Infermiere presso Azienda Ospedaliero Universitaria di Perugia in UTI (Unità di Terapia Intensiva). Dottore Magistrale in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche. Master I livello in Infermieristica in anestesia e terapia intensiva. Professore a contratto Università degli Studi di Perugia. Autore di numerose pubblicazioni su riviste italiane ed internazionali. Membro del Comitato Direttivo Aniarti.Maria Benetton, Infermiera presso Azienda ULSS 9 di Treviso. Tutor Corso di laurea in Infermieristica e Professore a contratto Università degli Studi di Padova. Direttore della rivista “SCENARIO. Il nursing nella sopravvivenza”. Autore di numerose pubblicazioni su riviste italiane. Membro del Comitato Direttivo Aniarti.
a cura di Gian Domenico Giusti e Maria Benetton | Maggioli Editore 2015
14.25 €
Cosa è in grado di fare l’intelligenza artificiale in sanità?
Centinaia di ospedali americani stanno affrontando la carenza di personale infermieristico con l’uso di programmi di intelligenza artificiale sempre più sofisticati e validati, in grado di monitorare parametri vitali, segnalare situazioni di emergenza e procedere alla diagnosi e ai piani di cura: competenze fondamentali svolte comunemente dal personale infermieristico.
Noi stessi avevamo dato per scontato l’impossibilità di essere sostituiti dalla automazione, forse ci sbagliavamo.
A prova di ciò, una collega infermiera informatica è riuscita, grazie all’uso di sofisticati algoritmi di machine learning, a sviluppare un programma capace di leggere la documentazione infermieristica sui pazienti e segnalare con due giorni di anticipo l’aggravarsi delle loro condizioni cliniche, riducendo del 35% il rischio di morte rispetto ai metodi tradizionali.
Le aziende sanitarie e informatiche sostengono che questi strumenti di IA sanitari aiutino medici e infermieri a lavorare in modo più efficiente, prevenendo burnout e stanchezza attraverso una distribuzione del carico di lavoro tra programmi e umani. Ma i sindacati infermieristici americani stanno già denunciando come queste tecnologie vanificano le competenze infermieristiche, cercando di sostituirle con strumenti che non possono offrire la stessa qualità di cura garantita da un umano.
Tra le tante proposte di agenti di intelligenza artificiale in corsia c’è Ana, questo è il nome di uno dei tanti agenti creati dalla società americana Hippocratic AI, propone una soluzione per automatizzare alcuni compiti che richiedono molto tempo, come raccogliere l’anamnesi o semplicemente mettere a proprio agio il paziente.
Ma a differenza del personale sanitario umano, Ana risponde 7 giorni su 7, 24 ore su 24, senza mai perdere la calma, senza ammalarsi e senza rivendicazioni sindacali. E questo alle aziende piace. Soprattutto piace il costo: 9 dollari all’ora contro i 40 richiesti da un infermiere registrato. In parole povere, nessun sanitario, medico o infermiere che sia, potrà dirsi al sicuro dalla possibilità di essere sostituito. Una nuova spada di Damocle inizia a volteggiare sopra le teste di molti operatori.
Gli infermieri saranno sostituiti dagli agenti IA in sanità?
Sono anni che le aziende, in qualsiasi settore, cercano di ridurre i costi del lavoro umano sostituendo professionisti con strumenti e programmi. Inizialmente è toccato agli operai, sempre più rimpiazzati da robot automatizzati; oggi programmatori e giornalisti vengono licenziati perché sostituiti da programmi di intelligenza artificiale.
In futuro, chi ci assicura che – tra l’informatizzazione dei processi mentali, cognitivi e persino empatici, e l’automazione delle attività fisiche tramite robot sempre più sensibili e intelligenti – gli infermieri non verranno sostituiti dall’intelligenza artificiale? Non lo sappiamo, ma possiamo immaginarlo. Per fortuna, sembra che il problema, per ora, non si ponga.
Come sostenuto dal sindacato infermieristico citato nell’articolo del Business Mirror, le IA dovrebbero facilitare il monitoraggio di più pazienti e intervenire rapidamente in caso di problemi. Ma in realtà l’aiuto dell’agente IA in corsia è spesso una raffica di falsi allarmi, che segnalano erroneamente come emergenze anche semplici funzioni corporee di base, come l’evacuazione di un paziente.
Sembra divertente, finché non “cerchi di concentrarti sul tuo lavoro, ma poi ricevi tutti questi avvisi fastidiosi che potrebbero significare qualcosa o meno“, sostiene una collega americana esposta a questi strumenti che dovrebbero aiutare gli infermieri a monitorare i pazienti: “È difficile persino capire se un allarme è corretto o meno, perché ci sono così tanti falsi allarmi“.
Gli esperti infermieristici che studiano l’intelligenza artificiale affermano che tali programmi potrebbero funzionare con persone relativamente sane e proattive nella gestione della propria salute. Ma questo non vale per la maggior parte delle situazioni cliniche, soprattutto quelle più gravi o croniche: “Sono i malati gravi a occupare la maggior parte dell’assistenza sanitaria, e dobbiamo seriamente valutare se i chatbot siano adatti o meno a queste persone“, ha affermato Roschelle Fritz, professoressa associata della facoltà di infermieristica dell’Università della California.
Eppure, tutti gli sforzi delle aziende sembrano convergere verso un unico obiettivo: spingere le IA a interagire con le persone, lasciando agli operatori umani il resto delle attività.
In questo modo, il sogno delle aziende rischia di trasformarsi nell’incubo dei professionisti sanitari: un mondo in cui gli agenti IA sanitari parleranno continuamente con i pazienti come se fossero delle persone, e gli infermieri faranno tutto quello che le IA non fanno… come se fossero delle macchine.
Forse un sogno per qualcuno, ma di certo un incubo per gli altri.
Autore: Dario Tobruk (seguimi anche su Linkedin – Facebook – Instagram – Threads)
Fonti dell’articolo:
- BusinessMirror.com.ph
- Longoni, C., Bonezzi, A., & Morewedge, C. K. (2019). Resistance to Medical Artificial Intelligence. SSRN. DOI
- Li C, Zhao Y, Bai Y, et al. (2025). Unveiling the Potential of Large Language Models in Transforming Chronic Disease Management: Mixed Methods Systematic Review. J Med Internet Res. 2025 Apr 16;27:e70535. doi: 10.2196/70535. PMID: 40239198.
- Gala D, Behl H, Shah M, Makaryus AN (2024). The Role of Artificial Intelligence in Improving Patient Outcomes and Future of Healthcare Delivery in Cardiology: A Narrative Review of the Literature. Healthcare (Basel). 2024 Feb 16;12(4):481. doi: 10.3390/healthcare12040481. PMID: 38391856; PMCID: PMC10887513.
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