Aggressioni al personale sanitario infermieristico: dove va ricercata la causa?
Le aggressioni al personale sanitario sono in costante ascesa in questi ultimi anni, a questo fenomeno NurSind – sindacato delle professioni infermieristiche – ha dedicato la Giornata Internazionale dell’infermiere (celebrata il 12 Maggio) con lo slogan: “Prenditi cura di noi affinchè ci prendiamo cura di te”.
Dai dati raccolti dal 13/04/2017 al 26/04/2017, derivanti dal questionario somministrato al personale sanitario, sebbene siano ancora in elaborazione, emerge chiaramente che le aggressioni al personale sanitario sono in aumento, numeri importanti che incidono non solo sulla persona aggredita, ma sull’intero sistema. Nel primo quadrimestre del 2017 sono state aggredite 1.163 operatori sanitari a fronte dei 1.999 per l’intero anno del 2016.
Pronto soccorso e reparti di emergenza rimangono le unità operative in cui le aggressioni si manifestano più frequentemente; questi atti di violenza vedono come vittime principali le donne. Da cosa deriva questo brutale “ritorno alla giungla”?
- Ritardi nelle visite mediche
- Tempi di attesa
- Pagamento dei ticket
Alla base di queste disfunzioni organizzative vi è il perpetrato definanziamento alla sanità pubblica che si traduce sia nell’assenza dei servizi che nel depauperamento delle risorse umane. Questo provoca rabbia e frustrazione nella popolazione che nel vedere il proprio diritto alla salute negato o ignorato sfoga gli umilianti avvilimenti contro gli operatori sanitari, mettendo in scena un’agghiacciante remake della Legge della Giungla.
Buone soluzioni per una sanità migliore:
Violenza contro operatori sanitari: dove ricercare la matrice?
Tali atti di aggressività vanno additati al definanziamento sanitario, o come invece fa notare Tiziana Frittelli – Direttore Generale Fondazione Policlinico Tor Vergata -, sono da imputare ad un colossale e cancerogeno cortocircuito culturale?
Secondo l’analisi della dirigente, tale cortocircuito nasce da un’errata comunicazione tra il personale sanitario e gli utenti: questo gap culturale va superato con l’aiuto:
- della POLITICA, la quale ideando e lanciando una vera e propria riforma organizzativa del sistema, adegua quest’ultimo al quadro sociale attuale
- delle ORGANIZZAZIONI SANITARIE, che debbono mostrare sensibilità consapevole ai problemi di tutti gli stakeholders del sistema
- della STAMPA, che si impegna a non colpevolizzare e mettere sotto indebito torchio strutture e sanitari nei momenti di maggiore crisi
- degli OPERATORI SANITARI, che si impegnino per una comunicazione più efficace e risolutiva con l’utenza
- dell’ UTENZA, la quale possa apprezzare e preservare il bene prezioso del nostro welfare e degli operatori che ci lavorano
Queste sono le motivazioni per le quali, secondo la Frittelli, bisogna investire in comunicazione, per ripristinare il clima di fiducia e di rispetto.
E se il cortocircuito culturale dato da una cattiva comunicazione non c’entrasse nulla? O ben poco…
Ritornando alla causa analizzata all’inizio (definanziamento della pubblica sanità) non risulta difficile comprendere che i cittadini vogliono veder garantiti i loro diritti soprattutto in un contesto economico e sociale di fragilità, incertezza del futuro, di attacco al sistema pubblico e ai pubblici dipendenti. Questo onere di garanzia è in capo a chi è tenuto a dare attuazione al mandato costituzionale e non può ricadere solamente sui professionisti diretti erogatori dei servizi. Senza adeguato finanziamento, senza adeguata organizzazione, senza personale sufficiente le persone non sono prese in carico e i bisogni dei malati non vengono soddisfatti.
Noam Chomsky ci dice che questa è la tecnica standard per la privatizzazione: “togli i fondi, assicurati che le cose non funzionino, fai arrabbiare la gente, e lo consegnerai al capitale privato”. In questa chiave di lettura, le aggressioni al personale altro non sono che l’esteriorizzazione manifesta di una stanchezza sociale che via via diventa incontenibile; l’esternazione dell’arrabbiatura verso gli operatori sanitari è la dimostrazione che le scelte politiche di definanziamento sono palesi e stanno producendo disservizi. Riconoscendo valore e veridicità a tale quadro analitico, haimè, a poco servono strategie comunicative di contenimento o di pronta risposta finchè si continua a dare motivo ai cittadini di lamentarsi delle inefficienze.
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