In questi giorni di continue violenze ai danni degli operatori sanitari, il Consiglio Direttivo dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Massa-Carrara ha voluto ricordare alcuni dati impietosi che dovrebbero far riflettere su quanto (poco) è stato fatto finora per contrastare il fenomeno.
Violenze all’ordine del giorno
Il presidente, Luca Fialdini, sottolinea: “Uno dei setting ospedalieri maggiormente coinvolti dalle violenze è il pronto soccorso, dove all’Ospedale Apuane di Massa si possono osservare ancora gli esiti di episodi pregressi e dove recentemente un cittadino ha preso a calci e pugni tre colleghe.
Qui gli infermieri del triage sono in prima linea, accolgono i pazienti e assegnano all’utenza il codice di priorità. È un’attività essenziale per il funzionamento dei servizi di emergenza ma soprattutto per salvare vite umane.
Qui i tempi, spesso lunghi, non sono dovuti però alla professionalità del triagista, ma all’organizzazione. Da anni proponiamo in Regione Toscana il modello del “see & treat”, ancora da consolidare nel nostro territorio provinciale”.
Numeri inquietanti
Altresì, in una nota, “L’ordine degli infermieri ricorda che ogni anno circa 5 mila infermieri subiscono violenze fisiche o verbali: circa 13-14 al giorno. L’89,6% degli infermieri è stato vittima, secondo una ricerca condotta dall’Università di Tor Vergata di Roma, di violenza fisica/verbale/telefonica o di molestie sessuali da parte dell’utenza sui luoghi di lavoro.
In base ai dati rilevati si può dire che praticamente circa 240mila infermieri su 270mila dipendenti durante la loro vita lavorativa hanno subito una qualche forma di violenza, sia pure solo una aggressione verbale.
Di tutte le aggressioni (secondo l’Inail) il 46% sono a infermieri e il 6% a medici (gli infermieri sono i primi a intercettare i malati al triage, a domicilio ecc. e quindi quelli più soggetti). L’infermiere, come ogni professionista della salute, non è un bersaglio, non è un capro espiatorio, non è un contenitore inerme dove riversare rabbia, frustrazione e inefficienze del sistema.
L’infermiere è un professionista alleato del cittadino e tutto il Servizio sanitario deve impegnarsi perché questa alleanza possa esprimersi al meglio, per aumentare sicurezza e fiducia”.
Rispetto
E non si parla solo di ospedali: “Anche rispetto all’assistenza domiciliare, altro terreno di rischio per la violenza sugli operatori, spesso modelli organizzativi sono decisi da pochi mentre il sistema di rischio clinico deve avere modalità diffuse, interconnesse e condivise da tutti.
Solo l’impegno comune di tutti gli attori della sanità e col supporto dei rappresentanti dei cittadini e degli organi di informazione, può migliorare l’approccio al problema e assicurare un ambiente di lavoro sicuro. Tanto più che gli atti di violenza possono ripercuotersi negativamente anche sulla qualità dell’assistenza.
Durante la pandemia i cittadini ci chiamavano eroi, ma siamo gli stessi professionisti che li hanno curati e continueranno a farlo in futuro. Occorre rispetto verso la nostra professione e verso tutti gli operatori della sanità”.
E intanto gli infermieri fanno anche da inservienti (col sorriso)
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