Cos’è l’approccio multidisciplinare in medicina e perché oggi è più essenziale che mai

Dario Tobruk 07/02/23
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La maggiore complessità dei bisogni di salute dei pazienti ha trovato una prima risposta nell’iperspecializzazione dei professionisti della salute. Ciononostante come sanitari abbiamo fallito nell’impellente richiesta del paziente di essere valutato globalmente. Come fare allora? Ha ancora senso parlare di approccio multidisciplinare? E se sì, cosa si intende con questo termine?

Indice

Approccio multidisciplinare: non solo retorica

La Natura è maestra di vita e fonte di soluzioni per chi sa guardarla con occhi attenti. Qualsiasi specie che intenda sopravvivere e prosperare a lungo lo fa tramite la coesione e il lavoro di squadra di tantissimi individui diversi, ognuna pronta a svolgere il suo importante ruolo a beneficio di tutta la comunità.

Le formiche, ad esempio, sono eccezionali rappresentanti di questa soluzione: cos’altro può spiegare il successo di questi piccoli insetti che, secondo alcune ricerche, vantano una biomassa (la somma del peso di tutti gli individui presi singolarmente) corrispondente al 20% di quella umana: praticamente gli abitanti di un intero continente a vostra scelta.

Allo stesso modo, è stata la collaborazione tra umani, raccolti in piccole civiltà prima e in grandi società poi, che ci ha donato il potere con cui, da animali privi di artigli e pochi strumenti di difesa e caccia, siamo diventati padroni del pianeta in cui viviamo (pessimi affittuari direbbe un fantomatico Creatore) e manipolatori della Natura attraverso la scienza e la tecnologia.

In medicina ahinoi, dovrebbe avvenire la stessa cosa: la visione di insieme del Paziente non può essere messa da parte pur di rispettare gli illegittimi confini delle specificità perché, strano a ricordarlo, l’obiettivo non è soddisfare il lavoro del clinico ma il bisogno di salute del paziente che sente la necessità di sentirsi compreso globalmente dal team che lo prende in carico.

Di essere ascoltato in quanto Persona, e non rappresentazione fredda e cinica di un insieme di organi da sistemare alla bell’e meglio.

Cosa è l’approccio multidisciplinare in medicina

Negli ultimi due decenni non è stato raro imbattersi in iniziative, più o meno valide, di un dialogo attorno a questo fantomatico “approccio multidisciplinare“.

Mai prendendo in esame il Paziente nella sua totalità ma sempre orientato ad un particolare problema clinico caro agli organizzatori dello stesso: lesioni difficili, oncologia, psichiatria e centinaia di branche mediche e persino di argomenti di nicchia che interessano qualche migliaia di sanitari in tutta Italia hanno almeno una volta nella vita parlato di questo ipotetico approccio. Dimostrazione che i clinici sono intrappolati in un paradigma medico-centrico e non paziente-centrico. Ma in definitiva, perché è necessario provare a parlarne ancora?

Perché come sanitari, sempre più iper-specializzati e competenti nel risolvere particolari problemi, siamo ancora inermi di fronte al fatto che, troppo spesso, non risolviamo i problemi dei pazienti. Li posticipiamo.

Il paziente continua a chiederci soluzioni complessive e noi riusciamo soltanto a proporre maggiore specificità, nell’infruttuoso tentativo di riuscire a risolvere qualcosa che andrebbe invece integrato, accolto, compreso. Il paradigma infermieristico del “curare e prendersi cura” più di tutti può avvicinarsi a questo concetto.

In un mondo professionale sempre più iper-specializzato, infatti, le singole proposte cliniche e terapeutiche, potranno pure essere puntuali ed efficaci, ma non smetteranno mai di essere anche parziali e incomplete perché, prese singolarmente, le soluzioni isolate da un vero approccio multidisciplinare non saranno mai all’altezza della complessità totale del bisogno di salute del paziente.

L’assenza della multisciplinarietà è un grosso problema

In questa Babele scientifica in cui tutti sono esperti traduttori di una propria lingua e dove nessuno è in grado di dialogare, il paziente è lo straniero assetato e stanco che chiede soltanto ospitalità e cibo, sicurezza e comprensione, mentre riceve solo moniti unilaterali che comprende a malapena e che invece gli sono essenziali per abbeverarsi e confortarsi dopo un lungo viaggio.

L’insieme è maggiore della somma delle sue parti” è il paradigma gestaltico con cui chiarire la necessità di un approccio multidisciplinare ai problemi di salute delle persone. Come abbiamo già detto, se al bisogno di salute del paziente, rispondiamo con interventi isolati, non integrati e a non al livello della complessità del rapporto Uomo/Salute, falliremo sempre.

Contesto professionale in assenza di approccio multidisciplinare
Contesto professionale in assenza di approccio multidisciplinare

In un contesto professionale assente di approccio multidisciplinare, come si vede dalla grafica sopra, tutti i professionisti rispondono perfettamente al proprio mandato: l’infermiere specialista in Wound Care gestisce perfettamente la lesione, il medico di medicina generale è attento e puntuale ad indirizzare il suo paziente al giusto specialista, il dermatologo è perfetto nella diagnosi della lesione cutanea e l’internista completa il tutto con un’ottima clinica della correlata della terapia insulinica nel paziente con diabete scompensato appena scoperto.

Eppure, se tutti questi professionisti non parleranno tra di loro tramite un reale approccio multidisciplinare, il problema del paziente non verrà risolto ma solo rimandato tra un professionista e l’altro.

E come se ci aspettassimo che, pur di riuscire a costruirsi una casa, il proprietario passi in processione dal costruttore, poi dall’architetto, e infine dall’ingegnere. E che poi questo malcapitato si assumesse la responsabilità che la casa rimanga in piedi perché tutte le risposte ricevute sono state ineccepibili anche se completamente avulse dal quadro generale. La casa appunto. In medicina, paradossalmente, spesso avviene questo.

Perché l’approccio multidisciplinare è l’unica soluzione

La specificità della medicina ha isolato i professionisti in una solitudine dorata, fatta da solide certezze e ceca di fronte alle richieste reali del paziente che chiede di più di tutto questo.

Ad oggi gli approcci multidisciplinari sono realtà organizzate solo in pochissimi luoghi dove, una gestione illuminata della clinica, sono in grado di vedere nella collaborazione multiprofessionale la soluzione a molti problemi.

Questo breve articolo non è in grado di dare risposte ma può sollevare riflessioni: è forse l’ospedale è il posto dove questo dialogo può prendere la forma concettuale più solida? Luogo dove le risorse professionali sono in grado di trovarsi a pochi metri uno dall’altro?

Sul territorio è grande l’incognita sulla sua evoluzione: solo le grandi aspettative di questa recente riforma (Decreto ministeriale 77/2022) potranno alimentare un dialogo attorno al paziente, grazie ai luoghi effettivi (Ospedali e Case della Comunità) dove ciò potrà avvenire. L’infermiere di famiglia, a mio avviso, è un primo argine a questa necessità ma impotente di fronte all’enormità della questione.

Ad oggi, privi di queste solide realtà, i problemi sono insormontabili: tempi lunghi, difficoltà di connessione per mancanza di canali ufficiali interprofessionali e mancanza di spazi condivisi rendono ormai improcrastinabile la realizzazione di questa agognata rivoluzione.

Perché, in conclusione, vogliamo ricordare (e ricordarci) che, l’implementazione di un approccio multidisciplinare non risponde solo all’esigenza di risposte semplici a problemi complessi del paziente, ma anche a chi ne è responsabile: l’operatore sanitario che ha preso in carico, non il paziente, ma finalmente la Persona.

Autore: Dario Tobruk  (seguimi anche su Linkedin – Facebook Instagram)

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