All’ospedale San Camillo De Lellis di Rieti è stata aperta l’Unità di Degenza Infermieristica Covid-19 (VEDI), tra le prime in Italia. La stimata collega Anna Di Martino, infermiera di sala operatoria piuttosto conosciuta nel panorama infermieristico italiano, ci ha inviato una riflessione accurata sull’argomento.
Un’ottima notizia per la professione
Possiamo tranquillamente affermare che si tratti di un’ottima notizia nel panorama della professione infermieristica che, come è noto, ancora troppe volte non risulta essere affatto edificante. Eppure è proprio il caso di prendere atto che qualche risultato comincia ad essere ottenuto.
Parlo dell’attivazione, presso la Asl di Rieti, dell’Unità di Degenza Infermieristica (UDI). Si tratta di una innovazione organizzativa, tra le prime in Italia ad essere attivata, in grado di offrire cure a bassa intensità clinica e media complessità assistenziale.
L’UDI è stata attivata con la presenza di 10 posti letto Covid 19-dedicati.
Un’alternativa per la gestione post-acuzie
Come riportato sul sito aziendale l’11 Gennaio scorso: “L’UDI Covid-19 sarà caratterizzata da un’area di cure gestita da personale infermieristico e dotata di posti letto funzionali, estendibili in funzione dell’andamento della curva dei contagi.
L’Unità di Degenza Infermieristica Covid-19 della Asl di Rieti è una innovazione organizzativa, tra le prime in Italia ad essere attivata, in grado di offrire cure a bassa intensità clinica e media complessità assistenziale: aspetti che stanno caratterizzando, da un punto di vista clinico e assistenziale, questa quarta ondata epidemica.
La struttura consente un’appropriata gestione del ricovero ospedaliero e offre un’alternativa per la gestione in post-acuzie qualora non sia possibile la dimissione a domicilio o l’attivazione dell’assistenza domiciliare garantendo così al paziente la continuità delle cure.
Con l’attivazione dell’UDI Covid-19, presso il Presidio Ospedaliero di Rieti il numero di posti letto dedicati salgono a 40: 10 UDI, 26 Malattie Infettive, 4 Terapia Intensiva.
Attualmente, presso il Presidio Ospedaliero di Rieti sono presenti 25 pazienti Covid-19 ricoverati in Malattie Infettive e 4 in Terapia Intensiva. I pazienti ricoverati sono per il 90% non vaccinati o non hanno completato il ciclo vaccinale”.
Un tramite tra ospedale e territorio
Il principio su cui si basa questo tipo di progetto è quello di stabilire un tramite tra ospedale e territorio; più esattamente lo scopo è quello di fornire assistenza nella fase post acuta a quei pazienti che non hanno ancora raggiunto un livello di autonomia tale da poter tornare al proprio domicilio e che hanno bisogno dei professionisti infermieri che completino questo iter e mantenere e completare la stabilizzazione clinica raggiunta nel corso del ricovero acuto.
Colmare vuoti assistenziali
La realizzazione di questa Unità Operativa consente di far ben sperare alla categoria infermieristica, che si stia cominciando a promuovere un approccio al paziente/cittadino che preveda la presenza dell’Infermiere come Care-manager al fine di colmare quel “vuoto assistenziale” a cui individui e famiglie devono far fronte, molto spesso con risorse personali ed iniziative private, con tutte le difficoltà del caso.
Ecco spiegata l’importanza di una continuità, qualora fosse necessaria, tra strutture ospedaliere e territorio. Per realizzare questi progetti occorrono studi, strategie, ricerche ed organizzazioni specifici atti al raggiungimento di tale obiettivo; oltre alla sensibilità in tal senso delle varie direzioni strategiche in grado di riconoscere il bisogno impellente di implementare tali iniziative.
L’infermiere è la figura chiave
La figura dell’Infermiere, come unico responsabile dell’assistenza infermieristica, riveste un ruolo centrale come organizzatore e pianificatore (care-manager appunto) per valutare i bisogni del singolo paziente, realizzare piani assistenziali ad hoc e coordinare la presenza del supporto degli operatori socio-sanitari e del modus operandi di questi ultimi.
Riporto alcuni riferimenti che spiegano e supportano questo excursus.
1) (D. M. n. 739/94 Art. 1: l’infermiere è l’operatore sanitario Responsabile dell’assistenza generale infermieristica).
2) Infermiere Case-manager: Professionista che provvede all’assegnazione e al coordinamento dei servizi socio-sanitari destinati alla gestione clinica di un determinato target di utenti. Si occupa della creazione di un particolare processo assistenziale tarato sul singolo paziente e seguito in tutte le fasi, dall’ammissione alla dimissione.
3) “La continuità delle cure è uno degli indicatori più sensibili del buon funzionamento di un Servizio Sanitario, perché aggiunge al tradizionale concetto di cura quello della presa in carico del paziente ai diversi livelli della rete assistenziale tra ospedale e territorio” (Oms, 2001).
Questa definizione firmata Oms è esplicativa del nuovo concetto di assistenza che non è più solo rivolta al periodo acuto, ma presuppone la presa in carico dell’utente anche prima e dopo, anche senza l’episodio acuto (prevenzione) o nella cronicità.
4) Codice deontologico Infermieri, Art. 27: “L’infermiere garantisce la continuità assistenziale anche contribuendo alla realizzazione di una rete di rapporti interprofessionali e di una efficace gestione degli strumenti informativi”.
Anche il nostro Codice deontologico, quindi, affronta la tematica della continuità dell’assistenza la cui promozione e realizzazione, non è più rimandabile considerando soprattutto l’invecchiamento della popolazione mondiale.
Alcuni riferimenti in letteratura (evidenze scientifiche):
• Si è riscontrato un tasso di errori nella gestione della terapia a domicilio in oltre il 50% dei pazienti dimessi senza un percorso di continuità assistenziale infermieristica (Kripalani et al., 2012)
• L’infermiere palliativista che pratica le cure a domicilio contribuisce a ridurre i ricoveri ospedalieri dell’80% (Barret et al., 2009)
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La transition of care migliora la sicurezza del paziente (Kessler et al., 2013)
Anna Di Martino
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