Nel nostro paese mancano infermieri ovunque, quelli che ci sono vogliono fare altro (sempre più spesso ci riescono), i giovani non si iscrivono più al corso di laurea in Infermieristica e la disperazione sta dando vita a strategie discutibili, come quella del governo di andare a reperire un esercito di infermieri in India.
In questo contesto, la presidente dell’Ordine delle Professioni infermieristiche di Potenza Serafina Robertucci ha espresso preoccupazione per la terribile carenza di cui sopra nelle strutture ospedaliere della Basilicata, proponendo delle strategie per far fronte al problema. Riportiamo qui la sua nota.
«La carenza di infermieri è un tema fortemente dibattuto, i numeri legati al rapporto infermiere/cittadino in Italia ci collocano agli ultimi posti in Europa. Il rapporto Crea Sanità ha dimostrato che le regioni con una maggiore carenza di infermieri esprimono le peggiori performance sanitarie.
La professione infermieristica gode di una sempre minore attrattività con una conseguente scarsa espressione di risorse professionali formate e pronte per l’inserimento nel mondo del lavoro. Allora quali strategie per affrontare questo problema anche nella nostra Regione?
Sicuramente accelerare i tempi del reclutamento del personale infermieristico disponibile nelle graduatorie del concorso unico regionale e le stabilizzazioni favorendo, al contempo, il rientro per mobilità dei nostri colleghi temporaneamente impiegati nelle strutture sanitarie di altre regioni.
Questo consentirebbe di ottenere i numeri per assicurare uno standard di dotazioni organiche adeguato alle intensità di cura e alle criticità dei contesti ospedalieri, territoriali e di comunità fornendo un rapporto infermieri/abitanti idoneo a garantire sicurezza, efficacia e tempestività delle prestazioni al cittadino.
Quotidianamente sperimentiamo la carenza di personale quando non riusciamo a garantire il soddisfacimento di prestazioni in tempi brevi, quando non riusciamo a godere dei regolari periodi di riposo, quando subiamo la frustrazione di svolgere mansioni non di nostra competenza, quando il tempo a nostra disposizione per la relazione di cura non è sufficiente, quando nonostante i ritmi di lavoro insostenibili aumenta il fenomeno delle “cure mancate”. Allora su quali fattori dobbiamo agire per ottenere un miglioramento delle condizioni di lavoro degli infermieri e dei servizi offerti al cittadino?
Mettere al centro del cambiamento l’organizzazione dei processi assistenziali, definire le risorse umane sufficienti e adeguate alla richiesta e ai nuovi bisogni di salute della popolazione sempre più anziana e fragile.
Il governo dei processi assistenziali deve essere affidato e guidato dalla Dirigenza infermieristica, legittimata alla definizione dello Staffing infermieristico, ovvero un’adeguata dotazione di operatori in cui la combinazione di competenze, abilità e formazione possano garantire elevata qualità delle performance e condizioni di lavoro gratificanti.
Il principio è assolutamente sovrapponibile in qualsiasi realtà assistenziale pubblica o privata, ospedaliera o del territorio, nelle Rsa o lungodegenze. In queste ultime realtà in particolare sarebbe auspicabile una regia regionale per condividere gli standard di personale e creare sinergie per applicare il modello assistenziale più adeguato e le innovazioni a supporto delle abilità intellettuali, tecniche e relazionali dell’infermiere e dell’intera équipe assistenziale.
Ritengo fondamentale la previsione nelle organizzazioni sanitarie di una leadership forte rappresentata dal Dirigente della professione infermieristica, dai coordinatori e dai referenti delle singole équipe di cura per governare gli ambienti di lavoro e trasformare un gruppo di professionisti in una grande squadra, attraverso la valorizzazione delle competenze e la condivisione di obiettivi.
Guidare e agevolare il cambiamento con uno sguardo attento al benessere lavorativo e al miglioramento degli esiti assistenziali è la sfida che vogliamo cogliere per ripensare e riformare il nostro sistema di assistenza sanitaria».
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