Come convincere gli scettici a vaccinarsi? Con una buona storia!

Dario Tobruk 07/10/21
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Se il raggiungimento di immunità di gregge rimane ancora un problema insormontabile a causa della rapida mutevolezza dei virus (vedi Covid-19), l’esitazione dei no-vax e degli scettici al vaccino può essere risolta, basta solo non semplificare il fenomeno e usare la strategia giusta. Come convincere gli scettici a vaccinarsi? Semplice, con una buona storia!

Non solo scienza: il fenomeno dell’esitazione vaccinale si combatte con le buone storie

L’esitazione vaccinale è, secondo l’OMS, tra le dieci minacce alla salute globale. La definizione che l’istituzione fa del fenomeno è quella “di un ritardo o di un rifiuto delle vaccinazioni nonostante la loro disponibilità”, ma comprende anche significati di riluttanza e incertezza piuttosto che di assoluta contrarietà. Lo scetticismo nei confronti del vaccino è amplificato dalla facilità con cui l’utente può reperire informazioni contrastanti e fake news su internet. Motivazioni di ogni genere influiscono in grande misura sulla decisione di aderire alla pratica vaccinale sin dalla sua scoperta a fine Settecento.

Gli aspetti giuridici dei vaccini

La necessità di dare una risposta a una infezione sconosciuta ha portato a una contrazione dei tempi di sperimentazione precedenti alla messa in commercio che ha suscitato qualche interrogativo, per non parlare della logica impossibilità di conoscere possibili effetti negativi a lungo termine. Questo volume intende fare chiarezza, per quanto possibile, sulle questioni più discusse in merito alla somministrazione dei vaccini, analizzando aspetti sanitari, medico – legali e professionali, anche in termini di responsabilità.

Gli aspetti giuridici dei vaccini

La necessità di dare una risposta a una infezione sconosciuta ha portato a una contrazione dei tempi di sperimentazione precedenti alla messa in commercio che ha suscitato qualche interrogativo, per non parlare della logica impossibilità di conoscere possibili effetti negativi a lungo termine. Il presente lavoro intende fare chiarezza, per quanto possibile, sulle questioni più discusse in merito alla somministrazione dei vaccini, analizzando aspetti sanitari, medico – legali e professionali, anche in termini di responsabilità.   Fabio M. DonelliSpecialista in Ortopedia e Traumatologia, Medicina Legale e delle Assicurazioni e in Medicina dello Sport. Profes­sore a contratto presso l’Università degli Studi di Milano nel Dipartimento di Scienze Biomediche e docente presso l’Università degli Studi della Repubblica di San Marino. Già docente nella scuola di Medicina dello Sport dell’Uni­versità di Brescia, già professore a contratto in Traumatologia Forense presso l’Università degli Studi di Bologna e tutor in Ortopedia e Traumatologia nel corso di laurea in Medicina Legale presso l’Università degli Studi di Siena. Responsabile della formazione per l’Associazione Italiana Traumatologia e Ortopedia Geriatrica. Promotore e coordinatore scientifico di corsi in ambito ortogeriatrico, ortopedico-traumatologico e medico-legale.Mario GabbrielliSpecialista in Medicina Legale. Già Professore Associato in Medicina Legale presso la Università di Roma La Sapienza. Professore ordinario di Medicina Legale presso la Università di Siena. Già direttore della UOC Me­dicina Legale nella Azienda Ospedaliera Universitaria Senese. Direttore della Scuola di Specializzazione in Me­dicina Legale dell’Università di Siena, membro del Comitato Etico della Area Vasta Toscana Sud, Membro del Comitato Regionale Valutazione Sinistri della Regione Toscana, autore di 190 pubblicazioni.Con i contributi di: Maria Grazia Cusi, Matteo Benvenuti, Tommaso Candelori, Giulia Nucci, Anna Coluccia, Giacomo Gualtieri, Daniele Capano, Isabella Mercurio, Gianni Gori Savellini, Claudia Gandolfo.

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Non tutti sono semplicemente “no-vax”

Nonostante il raggiungimento dell’obiettivo del governo di vaccinare almeno l’80% della popolazione sia previsto entro la prima settimana di ottobre, quasi 10 milioni di persone non saranno ancora vaccinate per quella data. Di questo enorme bacino di persone, preoccupano i 3,3 milioni di cittadini over50, i più a rischio di ospedalizzazione. Associazioni ed esperti evidenziano il rischio insito nel semplificare la questione dei riluttanti al vaccino definendoli come no-vax. Secondo la ricerca ResPOnsE Covid-19, un progetto dell’Università degli Studi di Milano che monitora l’opinione pubblica sull’argomento, a giugno 2021 la percentuale dei contrari assoluti al vaccino Covid è scesa dal 12% ad appena il 5% in sei mesi. Stesso trend per gli esitanti alla vaccinazione, passati dal 18% all’8% nello stesso periodo. I contrari alla vaccinazione sarebbero, quindi, soltanto una minoranza rumorosa sui social che accerchia e attira a sé una restante quota di indecisi con false promesse di soluzioni semplici e alternative al vaccino, come l’assunzione domiciliare di ivermectina, un antiparassitario usato per lo più negli animali. È in questo gruppo che esistono ampi margini per reclutare nuovi vaccinati. I dati parlano chiaro, non tutti gli scettici sono necessariamente no-vax. La maggioranza delle persone non ancora vaccinate hanno motivazioni diverse: alcune sono solamente impaurite, confuse e sole con domande a cui non vi sono risposte univoche, mentre notizie contrastanti abbondano in rete. Persino la belonefobia, la paura degli aghi, è un pretesto riscontrato per non vaccinarsi. 

La discriminazione dei non vaccinati

È sul termine stesso di esitazione che le istituzioni e i comunicatori dovrebbero riflettere, per trovare nel confronto, la leva motivazionale alla vaccinazione, rifiutando l’impulso a polarizzarsi da un lato o l’altro di uno scontro combattuto prevalentemente sui social e sui talk-show. Pur sapendo che per raggiungere l’obiettivo non saranno sufficienti le stesse strategie di comunicazione usate finora, il dialogo andrebbe costruito sulla serenità di informazioni chiare e oneste che dissipano i dubbi legittimi di chi non si è ancora vaccinato. In Italia è IoVaccino.it a tradurre e riportare le buone pratiche di comunicazione e ascolto attivo che vengono dall’estero. Secondo questa associazione, è probabile che l’indeciso sia maggiormente disposto ad aderire alla vaccinazione se le persone attorno a lui, che hanno già accettato il vaccino, siano convinte della scelta fatta, tanto da spingere chi gli sta intorno a fare lo stesso. Anche se, dichiarare che queste ultime non siano ancora piene di domande, può risultare un analisi superficiale del fenomeno. Come spiega l’esperta americana di salute pubblica Rhea Boyd, intervistata dal The Atlantic, negli ambienti svantaggiati, alcuni cittadini, potrebbero non avere le risorse cognitive per comprendere le informazioni corrette e avere difficoltà anche ad accedervi. E ciò influisce sul livello di serenità sia dei vaccinati sia di chi esita ancora.

Lo storytelling, una strategia che arriva al cuore del problema

L’esitazione vaccinale è quindi un fenomeno complesso che coinvolge diverse istanze personali e sociali. L’aderenza alla vaccinazione non potrà mai essere del tutto completa, ma questo non giustifica l’assenza di una comunicazione disegnata sulle risorse cognitive della parte più svantaggiata della popolazione. Un esempio di strategia comunicativa efficace è lo “storytelling”. L’uso delle storie bypassa le difese interne del nostro interlocutore, portando le informazioni corrette direttamente al cuore del “no-vax”. Sanitari e comunicatori possono avvalersi del potere della narrazione per combattere la disinformazione sui vaccini. Come? L’infografica che segue riassume in pochi passi come convincere il riluttante al vaccino a cambiare le proprie convinzioni grazie al potere delle emozioni.

Autore: Dario Tobruk (Profilo Linkedin)

Come convincere un no-vax a vaccinarsi con una buona storia
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