Nel dibattito pubblico si parla tanto di parità di genere, soprattutto negli ambiti professionali e sociali da sempre esclusivo appannaggio degli uomini. Ma quando si presenta il problema inverso, ovvero la presenza di professioni dominate da una vasta presenza femminile (come per l’appunto quella infermieristica), l’opinione pubblica e le istituzioni non proferiscono alcuna disapprovazione. Perché nessuno si è posto il problema di come convincere gli uomini a diventare infermieri?
Come convincere gli uomini a diventare infermieri?
Se vi pare che la questione non sia un reale problema, vi invito a considerare quanto invece sarebbe fruttuoso e benefico per tutta la categoria una maggiore presenza maschile: una distribuzione paritaria dei generi avrebbe ottime ripercussioni su tutti i professionisti.
Le migliori qualità di donne e uomini in un società che distribuisce vocazioni professionali tra i due generi è una società meno discriminatoria, più aperta ai peculiari contributi del singolo e generalmente più equa.
Ad oggi, invece, solo un uomo su quattro è infermiere, il 77% della categoria infermieristica è donna (FNOPI) e questo è ancora un problema. Negli Stati Uniti, dove solo il 13% è uomo e dove i pregiudizi di genere sono più forti e debilitanti, un uomo che fa l’infermiere può essere deriso per la sua professione. Famosa la clip dove l’infermiere Greg Fotter (Ben Stiller) nel film Ti presento i miei (Meet the Parents) viene preso in giro per la sua scelta professionale:
Nella mentalità americana e in misura minore in quella anglosassone, l’infermiere è un lavoro da donna. Tale è il pregiudizio che per descrivere un infermiere si usa “male nurse” ovvero infermiere maschio (specifica non prevista per altre professioni) e se provate a tradurre una frase con la parola “nurse” in italiano il traduttore si sbaglierà clamorosamente: Traduci “all nurses are man”!
Ovviamente questa è una mera estremizzazione del problema e sicuramente la situazione avrà mille sfaccettature non valutabili in questa breve considerazione ma, a guardare i dati, è pacifico di come anche in Italia fare l’infermiere sia una professione in cui un uomo potrebbe non sentirsi a suo agio socialmente.
Professione infermiere: alle soglie del XXI secolo
La maggior parte dei libri di storia infermieristica si ferma alla prima metà del ventesimo secolo, trascurando di fatto situazioni, avvenimenti ed episodi accaduti in tempi a noi più vicini; si tratta di una lacuna da colmare perché proprio nel passaggio al nuovo millennio la professione infermieristica italiana ha vissuto una fase cruciale della sua evoluzione, documentata da un’intensa produzione normativa. Infatti, l’evoluzione storica dell’infermieristica in Italia ha subìto un’improvvisa e importante accelerazione a partire dagli anni 90: il passaggio dell’istruzione all’università, l’approvazione del profilo professionale e l’abolizione del mansionario sono soltanto alcuni dei processi e degli avvenimenti che hanno rapidamente cambiato il volto della professione. Ma come si è arrivati a tali risultati? Gli autori sono convinti che per capire la storia non basta interpretare leggi e ordinamenti e per questa ragione hanno voluto esplorare le esperienze di coloro che hanno avuto un ruolo significativo per lo sviluppo della professione infermieristica nel periodo esaminato: rappresentanti di organismi istituzionali e di associazioni, formatori, studiosi di storia della professione, infermieri manager. Il filo conduttore del libro è lo sviluppo del processo di professionalizzazione dell’infermiere. Alcune domande importanti sono gli stessi autori a sollevarle nelle conclusioni. Tra queste, spicca il problema dell’autonomia professionale: essa è sancita sul terreno giuridico dalle norme emanate nel periodo considerato, ma in che misura e in quali forme si realizza nei luoghi di lavoro, nella pratica dei professionisti? E, inoltre, come si riflettono i cambiamenti, di cui gli infermieri sono stati protagonisti, sul sistema sanitario del Paese? Il libro testimonia che la professione è cambiata ed è cresciuta, ma che c’è ancora molto lavoro da fare. Coltivare questa crescita è una responsabilità delle nuove generazioni. Le voci del libro: Odilia D’Avella, Emma Carli, Annalisa Silvestro, Gennaro Roc- co, Stefania Gastaldi, Maria Grazia De Marinis, Paola Binetti, Rosaria Alvaro, Luisa Saiani, Paolo Chiari, Edoardo Manzoni, Paolo Carlo Motta, Duilio Fiorenzo Manara, Barbara Man- giacavalli, Cleopatra Ferri, Daniele Rodriguez, Giannantonio Barbieri, Patrizia Taddia, Teresa Petrangolini, Maria Santina Bonardi, Elio Drigo, Maria Gabriella De Togni, Carla Collicelli, Mario Schiavon, Roberta Mazzoni, Grazia Monti, Maristella Mencucci, Maria Piro, Antonella Santullo. Gli Autori Caterina Galletti, infermiere e pedagogista, corso di laurea magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma.Loredana Gamberoni, infermiere, coordinatore del corso di laurea specialistica/ magistrale dal 2004 al 2012 presso l’Università di Ferrara, sociologo dirigente della formazione aziendale dell’Aou di Ferrara fino al 2010. Attualmente professore a contratto di Sociologia delle reti di comunità all’Università di Ferrara.Giuseppe Marmo, infermiere, coordinatore didattico del corso di laurea specialistica/ magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede formativa Ospedale Cottolengo di Torino fino al 2016.Emma Martellotti, giornalista, capo Ufficio stampa e comunicazione della Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi dal 1992 al 2014.
Caterina Galletti, Loredana Gamberoni, Giuseppe Marmo, Emma Martellotti | 2017 Maggioli Editore
32.00 € 25.60 €
Qualche spunto per convincere gli uomini a fare gli infermieri
Superare gli stereotipi alla Candy Candy
Uno dei principali stereotipi che la professione deve superare per coinvolgere la popolazione maschile è smetterla di definire la compassione e la premurosità come caratteri distintivi del fare l’infermiere.
È indiscutibile possedere l’umanità necessaria per fare un lavoro a contatto con persone che affrontano i loro peggiori momenti, ma la verità è che un bravo infermiere può avere molteplici caratteri distintivi e tra questi il carattere compassionevole “dell’infermierina al capezzale del malato” non è che soltanto uno dei tanti possibili.
Non necessariamente dovrà essere mieloso. Inoltre l’infermiera alla Candy Candy è un prodotto cinematografico/culturale che ha stancato gli stessi infermieri e l’essere compassionevoli e premurosi non vi salverà dalle accuse di imperizia se non sarete in grado di affrontare con scienza e competenza le dure sfide che la professione richiede. Tra l’amorevole e il professionale, sceglierei sempre quest’ultimo infermiere.
Specializzazione, tecnologia e varietà lavorativa.
L’infermiere di oggi può specializzarsi con master e corsi di formazione in tanti campi diversi e che possono convincere gli uomini a diventare infermieri. Area critica e intensiva, chirurgia, psichiatria, medicina legale sono solo alcuni dei campi in cui un uomo può sviluppare le proprie capacità. Presso l’Università di Siena è attivo un Master in chirurgia Mininvasiva e Robotica! L’infermiere uomo, o il “male nurse” potrà avere maggiori soddisfazione se le sue abilità e la sua formazione lo porteranno un giorno a far parte di un PICC team o magari a diventare un Cardiac Sonographer.
Poi se proprio sei un duro puoi sempre fare l’infermiere militare!
Inoltre se un giorno l’infermiere dovesse stancarsi della sua specializzazione, avrebbe molteplici occasioni per poter cambiare e variare il proprio ambito lavorativo.
Chi ama e cerca continuamente maggiori stimoli potrà sempre specializzarsi e formarsi in diverse discipline. Lo stesso infermiere potrà nell’arco di dieci anni (o anche meno) occupare il settore dell’area critica se ama l’adrenalina e la formazione se ama insegnare.
I cambiamenti socio-economici: occupazione e lavoro.
L’infermiere è una professione proiettata nel futuro e molto probabilmente non subirà grossi contraccolpi dalla prossima rivoluzione industriale, quando robot e intelligenza artificiale promettono di rendere disoccupati, obsoleti e inoccupabili migliaia di lavoratori. L’infermiere, a differenza di molte altre insospettabili professioni, non sarà sostituito dai robot.
Inoltre, una quota consistente di infermieri uomini, sono infermieri per seconda vocazione ovvero hanno scelto la professione infermieristica per cercare maggiori soddisfazione personale ed economica solo dopo aver vissuto altre professioni.
Carriere che promettevano grandi risultati e invece hanno garantito grandi delusioni, se non grosse prese per i fondelli. Bullshit Job, così li chiamano. Dietro a molti lavori dai nomi altisonanti, si nascondono una vita apatica fatta di mansioni routinarie e insoddisfacenti.
In una società priva di lavoro, i posti da manager sono sempre meno e sempre meno convenienti. Secondo un articolo del Foglio gli infermieri americani (e in futuro anche quelli italiani) scelgono di fare questa professione per sganciarsi dal meccanismo della carriera, subire meno la pressione delle aziende ed avere maggiore tempo libero. E tutti gli infermieri uomini intervistati sembrano felici e soddisfatti della decisione presa.
L’infermiere è un lavoro da veri uomini!
Se nemmeno tutti questi spunti hanno convinto l’aspirante a diventare infermiere, allora è possibile che il problema sia un altro, magari non è abbastanza uomo per farlo!
Ragazzi, fidatevi, l’infermiere è un lavoro da veri uomini!
Per approfondire:
- Robot Sanitari: non possono (ancora) sostituire gli infermieri
- Infermieri uomini: l’evoluzione della società la fanno anche i maschi.
- PICC: l’esperienza e la passione di un collega che lotta per le competenze avanzate
Leggi anche:
Infermieri uomini: l’evoluzione della società la fanno anche i maschi.
Fonti esterne:
- https://www.theguardian.com/higher-education-network/blog/2014/may/19/widening-participation-student-experience-award
- https://www.studenti.it/donne-e-scienza-stem.html
- https://www.ilfoglio.it/articoli/2012/05/23/news/perche-i-maschi-americani-vogliono-fare-gli-infermieri-59850/
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