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È necessario detergere sempre un’ulcera?
Nonostante sia una assodato negli annali, la detersione di un’ulcera cutanea non dovrebbe essere considerata una pratica automatica e da applicare privi di un senso critico su ciò che si sta facendo.
Difatti, nei tempi e nei modi sbagliati, la detersione della ferita può essere addirittura controproducente. Ad oggi secondo le evidenze raccolte dagli autori del volume
Cura e assistenza al paziente con ferite acute e ulcere croniche
di Claudia Caula e Alberto Apostoli
Cura e assistenza al paziente con ferite acute e ulcere cronicheQuali sono le medicazioni adeguate per un’ulcera da pressione in un neonato” Le vesciche vanno rimosse” Come trattare un’ustione superficiale” Quali sono i segni secondari di infezione” Cosa fare in caso di un’ulcera maleodorante” e in caso di dermatite da incontinenza” Come prevenire le ulcere da pressione del tallone” Quali sono i problemi della ricerca infermieristica nel campo del wound care” Quali sono le caratteristiche cliniche da rilevare” Come si prepara un intervento educativo per un paziente con ulcere” Pensato e scritto da infermieri con una preparazione specifica nei diversi ambiti della cura delle lesioni, questo libro affronta temi particolari e poco conosciuti, ma ben presenti nella pratica quotidiana. Il manuale coniuga le più recenti prove di efficacia – mettendone in luce gli elementi critici e i punti di forza – con l’esperienza degli autori. Il modo in cui sono trattati i singoli argomenti non offre al lettore “ricette facili” (spesso fallimentari), ma fornisce percorsi per trovare soluzioni differenti a pazienti unici. Caula Claudia, infermiera, esperta in wound care, referente ulcere da pressione RSA Vignola (MO). Alberto Apostoli, infermiere, podologo, esperto in wound care. Master in Assistenza Infermieristica in Area Geriatrica. U.O. Chirurgia Plastica, Azienda Spedali Civili (Brescia). Claudia Caula, Alberto Apostoli | 2010 Maggioli Editore 42.00 € 39.90 € |
non esistono solide evidenze scientifiche che dimostrino come la pulizia delle ulcere cutanee riduca il rischio di infezione o aumenti i tassi di guarigione, e come denunciano nel manuale di wound care appena citato, “in molti contesti clinici la detersione viene eseguita più per abitudine che per necessità“.
L’assenza di un razionale alla base del gesto di detergere la lesione è quindi più dannoso della sua reale efficacia, in quanto è la sua applicazione al di fuori dell’evidenza del caso specifico che la rende dannosa, non l’azione in sé.
Per superare la questione gli autori pongono una serie di domande interessanti che porterebbero l’operatore ad interrogarsi sull’utilità della detersione della ferita o dell’ulcera che stanno trattando:
- Qual è lo scopo che mi propongo di ottenere?
- La ferita/ulcera ha effettivamente bisogno di essere detersa?
- Quali sono le aspettative di guarigione della ferita/ulcera?
- Quali sono i tessuti presenti?
- Qual è la carica batterica?
- Qual è il grado di dolore?
- Quali sono i vantaggi e gli svantaggi dell’azione di detersione?
- Quale è la tecnica più appropriata per detergere QUESTA ferita?
- Quale è la soluzione più appropriata per detergere QUESTA ferita?
- Qual è il contesto clinico in cui sto operando (ospedale, struttura sanitaria, domicilio)?
Per fare un esempio: se la detersione è raccomandata nel caso di ferite traumatiche acute, in cui spesso è possibile riscontrare detriti grossolani, materiale organico e inorganico in sede e corpi estranei da rimuovere al fine di poter ripulire e valutare la ferita e ridurre il rischio di infezione, nel caso di ferite in via di riepitelizzazione e granuleggianti vi è scarso supporto ed evidenza che la detersione risulti utile. Inoltre, come abbiamo già detto, se la pulizia fosse fatta erroneamente potrebbe essere anche controproducente.
Qual è lo scopo della detersione dell’ulcera?
La definizione di detersione nell’ambito del wound care, e quindi il suo scopo, è piuttosto ambigua e accoglie sia l’intenzione di semplice pulizia del letto della lesione con soluzioni non antisettiche, sia l’azione di rimozione dei residui, dei tessuti necrotici non aderenti, dell’essudato e persino detriti contaminanti.
Ma se vogliamo concentrarci su di un obiettivo comune sulla pulizia di un’ulcera cutanea possiamo citare Blunt (2001) che sostiene che: “è quello di creare le condizioni locali ottimali per il processo di riparazione tessutale rimuovendo, mediante lavaggio, quel materiale sulla superficie dell’ulcera che potrebbe essere causa di ritardo nella guarigione e diluendo la carica batterica.“
Un altro degli scopi della pulizia della ferita è sociale: nei pazienti con ferite maleodoranti, essudanti o costretti a medicazioni avanzate e bendaggi compressivi, il momento in cui attraverso la pulizia si liberano dei cattivi odori, dona un effetto psicologico positivo alla persona, che quindi avrà una maggiore compliance durante il piano di assistenza.
Quali sono i ‘contro’ della detersione?
La detersione, quindi, non è, di per sé, una procedura innocua da poter eseguire automaticamente e senza spirito critico. I possibili danni causati dalla detersione sono di tipo:
- meccanico, quando si usa una pressione di irrigazione eccessiva o la tecnica di tamponamento o di sfregamento con garze su tessuti delicati come quelli di granulazione o nel neo-epitelio, e il tessuto ritorna a sanguinare, ciò riporta la ferita ai suoi stadi iniziali come l’emostasi e l’infiammazione;
- chimico, mediato da sostanze chimiche citotossiche (pomate, detergenti, antisettici);
- termico, già il cambio della medicazione riduce la temperatura locale, ma l’uso di soluzioni irriganti fredde, inibisce completamente la mitosi dei fibroblasti e quindi la guarigione. È quindi opportuno, irrigare o usare soluzioni riscaldate o almeno a temperatura ambiente.
Qual è la tecnica giusta per detergere un’ulcera?
Una tecnica corretta di detersione permette di erogare la giusta soluzione, nella giusta quantità, alla giusta pressione. Difatti, l’effetto a cui dobbiamo aspirare è l’azione fisica di rimozione del materiale indesiderato dal letto della ferita tramite “una forza idraulica adeguata a vincere le forze adesive che mantegono batteri e contaminanti attacati alla superficie della ferita” (Atiyeh et al.,2009). Elenchiamo le tre modalità di detersione più utilizzate secondo un ordine di raccomandazione:
- Tamponamento: tecnica in cui si ripulisce la ferita meccanicamente, con l’uso di garze imbevute di soluzione fisiologica tramite sfregamento o tamponamento (o entrambe). Sconsigliata in quanto non rimuove i microrganismi ma si limita a redistribuirli sul letto. Inoltre, è la più soggetta ad errori in quanto una pressione scorretta danneggia i tessuti di guarigione.
- Immersione: la tecnica consiste nell’immergere la parte anatomica in acqua del rubinetto, il suo vantaggio è quello di agire su tutta la zona ma è praticabile solo per gli arti inferiori e superiori.
- Irrigazione: la tecnica più raccomandata, si basa sulla forza idraulica esercitata da un flusso di soluzione fisiologica compresso tramite siringa o altro strumento. Per essere efficace e sicura la pressione esercitata si deve trovare su un range specifico tra li 8 e i 13 psi.
Inoltre temperatura, qualità e quantità della soluzione sono fattori fondamentali che condizionano la buona riuscita dell’irrigazione della ferita.
La scelta della soluzione per la detersione
Ad oggi il dibattito ricade tra due tipi di soluzioni accessibili, sicure, biocompatibili ed economiche: la soluzione fisiologica (0,9%) e l’acqua potabile corrente (direttamente dal rubinetto).
La ‘fisiologica‘ è probabilmente la soluzione più applicata nel mondo sanitario, è isotonica con i fluidi della ferita quindi non influisce sull’idratazione della lesione ma ha un costo maggiore dell’acqua di rubinetto che, però, è ipotonica rispetto alla lesione e dunque influenza la tensione osmotica con possibile insorgenza di edema locale e discomfort del paziente.
L’uso di una soluzione rispetto all’altra divide i ricercatori anche sul rischio di contaminazione: l’uso ripetuto e scorretto dei flaconi di fisiologica favorisce la presenza di contaminanti, mentre l’uso di acqua di rubinetto libera da microrganismi è correlata al luogo, alla zona e persino alle condutture utilizzate.
Nel dubbio, non risolto dalla letteratura scientifica, l’uso corretto di soluzioni fisiologiche è la più adottata, sebbene la scelta non sia motivata da un reale razionale scientifico ma esclusivamente da abitudini e ragioni pratiche.
La quantità e pressione giusta per irrigare una ferita
Per essere sicuri di applicare con un getto una pressione compresa tra gli 8 e i 13 psi (pounds per square inch), gli esperti consigliano di usare una siringa sterile da 35 ml, usando possibilmente un ago Luer-Lock (ed evitare che la pressione spari l’ago verso la lesione), o eventualmente un ago-cannula con anima di silicone, del calibro di 19 gauge.
Applicando una pressione convinta con entrambe le dita sullo stantuffo si può, verosimilmente, garantire un flusso ideale per ottenere una detersione efficace. Ripetere l’operazione con una quantità di soluzione di almeno 100-150 ml e in ogni caso tale da risciacquare l’intera superfice dell’ulcera.
Una pressione inferiore tende a non ridurre la carica batterica, una pressione eccessiva può traumatizzare i tessuti in via di guarigione e aumenta il rischio di infezione perché spinge i batteri in profondità invece di lavarli via.
Temperatura ideale per la soluzione irrigante
Un ultimo fattore fondamentale, ma troppo spesso ignorato dagli operatori, è la temperatura della soluzione.
Una temperatura tarata su quella corporea aumenta l’afflusso ematico e quindi l’apporto di nutrienti e ossigeno, ed è più confortevole per il paziente. Temperature inferiori, possono inibire o interrompere la proliferazione cellulare dei tessuti di guarigione per ore, mentre soluzioni fredde, provocano uno shock termico che induce localmente una vasocostrizione che danneggia irrimediabilmente il tessuto, e non da meno, provoca dolore al paziente.
Autore: Dario Tobruk
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