È chiaro che il propagarsi del virus avviene proprio in un periodo dell’anno durante il quale è molto diffusa anche la classica influenza stagionale che colpisce ogni anno tante persone. Il rispetto delle norme igieniche, in particolare in questi periodi dell’anno, dovrebbe essere comunque scontato. Tutti dovrebbero eticamente evitare il rischio di esporre chiunque al contagio e nel dubbio il dovere di considerarsi come potenziali portatori, anche se sani, del virus.
Eppure Trilussa, il noto poeta che componeva versi in dialetto romanesco nella prima metà del 1900, ci aveva messo in guardia su tutto questo con un suo componimento intitolato “La stretta de mano”.
Quella de dà la mano a chicchessia,
nun è certo un’usanza troppo bella:
te pò succede ch’hai da strigne quella
d’un ladro, d’un ruffiano o d’una spia.
Deppiù la mano, asciutta o sudarella,
quann’ha toccato quarche porcheria,
contiè er bacillo d’una malatia,
che t’entra in bocca e va ne le budella.
Invece a salutà romanamente,
ce se guadambia un tanto co l’iggiene,
eppoi nun c’è pericolo de gnente.
Perché la mossa te viè a dì in sostanza:
“Semo amiconi … se volemo bene …
ma restamo a ‘na debbita distanza”.
Trilussa
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