Un medico italiano in Cina durante la pandemia del Coronavirus
Di dove è originario e da quanto tempo lavora in Cina?
Sono nato e cresciuto a Milano. Lavoro in Cina da Marzo 2018 presso un centro internazionale, il “Jilin Heart Hospital”. Sono un Consultant in anestesia e rianimazione per la cardiochirurgia dell’adulto; eseguo anche procedure su pazienti pediatrici.
Mi trovo a Changchun, nella provincia del Jilin. Se potesse suonarle più famigliare questa zona della Cina è nota anche come Manciuria. In questa città si trova quel palazzo imperiale dove Bertolucci girò “l’ultimo imperatore”.
Vive lì solo, o con la sua famiglia?
Vivo in Cina con mia moglie, e due figli di dodici e tredici anni
Cosa l’ha spinta a trovare lavoro fuori dall’Italia?
Dopo diciotto anni di lavoro nel SSN (a parte una esperienza negli USA di un anno nel 2009) desideravo lavorare in un contesto internazionale, con tutte quelle difficoltà quotidiane di adattamento legate ad un ambiente sociale, lavorativo e culturale diverso dal nostro. Riteniamo, insieme a mia moglie, che dare la possibilità ai nostri figli di vivere una esperienza di vita all’estero potesse rappresentare per loro una fonte futura di stimolo per una migliore comprensione del mondo che “ci circonda” fuori dall’Italia.
Ora come ora, alla luce di questo stato di allarme generato dal Coronavirus, è pentito di questa scelta? Cosa farebbe se potesse ritornare indietro?
Sinceramente non sono pentito di questa scelta, anche alla luce della situazione attuale che si sta sviluppando. Certamente tento di valutare (con tutti i limiti miei) i rischi legati al rimanere, o ritornare. Mi rendo conto che se mi avessero fatto la medesima proposta lavorativa di questi tempi, forse ci avrei pensato di più, ma credo che le scelte siano un processo dinamico.
Quanto dista la città nella quale vive da Wuhan dove il contagio ha avuto origine?
Quando si parla di distanze (Wuhan-Changchun) ho imparato a relativizzare molto; mi spiego meglio: negli ultimi due anni in Italia lavoravo presso la ASST lariana (Como) mentre la mia famiglia viveva, al contempo, a Roma per motivi di lavoro di mia moglie. Per certi colleghi anche 600km potevano sembrare molti, mentre arrivato in Cina scopro che molti lavoratori vivono a migliaia di km dalla famiglia (padri, o madri) per tornare a casa solo nelle principali festività. Wuhan (nella provincia dell Hubei) dista 1700km da dove mi trovo. Ho fatto transito diverse volte nell’aeroporto (Hub anche per voli da e per l’Italia). Mille-settecento chilometri possono sembrare molti, ma in Cina è una distanza “ordinaria”.
Qual è la sensazione che si avverte tra la popolazione e l’opinione pubblica? C’è fiducia nelle informazioni, nelle misure di protezione e nelle prospettive che il Governo adotta nei confronti dei cittadini? O si potrebbe fare di più?
Dopo gli outbreak di SARS ed H1N1, il governo cinese ha compiuto sforzi notevoli, questo lo si può rilevare discretamente in qualunque aeroporto cinese, dove agli arrival si viene fatti passare, con molta discrezione, attraverso portali che scannerizzano automaticamente la temperatura corporea in migliaia di persone al giorno.
La sensazione è che il governo cinese si sia attivato prontamente, e stia compiendo enormi sforzi per contenere l’epidemia a livello locale. Faccio alcuni esempi: mettere in quarantena una città di 11 milioni di persone, la principale dell’Hubei, e la settima più popolosa in Cina quale è Wuhan rappresenta una decisione difficile da prendere.
Da tutte le provincie (anche questa) è stato inviato personale sanitario (medici ed infermieri) per contrastare gli enormi carichi di lavoro che stanno oberando gli ospedali ordinari. Una nota: viene chiesto di portare i propri dispositivi di protezione individuale.
Infine, immagino lo abbiate sentito anche in Italia, che in tempi record verrà assemblato un ospedale da più di mille posti letto (immagino che si tratti di un sistema modulare, tipo a shelter, quali si è usi vedere nelle strutture da campo militari, o da maxi-emergenza in caso di catastrofe).
Ciò non deve sorprendere, per dare una idea della ordinaria rapidità di crescita, di questo paese posso testimoniare che nella città di Changchun sia stata completata, e messa in uso, una linea metropolitana in un anno.
Ovviamente per me accedere alla informazione locale risulta più difficile (per la comprensione della lingua cinese), ma ricevo regolari messaggi sms (che inserisco nel traduttore del cellulare) di aggiornamento sulla situazione attuale, sulle precauzioni base da prendere per arginare il Coronavirus. Ad esempio nella nostra provincia attualmente vengono riportati 8 persone infettate. Siamo in un periodo molto particolare per la Cina, il capodanno lunare, per ridurre la diffusione della malattia il governo cinese ha prorogato le ferie al 2 Febbraio, una scelta importante per una nazione che vive di lavoro ogni giorno, a qualunque ora.
Si potrebbe sempre fare di più, ma il fatto che anche qui tutti indossino una mascherina
protettiva in pubblico rappresenta la capillarità della informazione, e la compliance della popolazione a mettere in pratica un ordine che deriva “dall’alto” per il proprio bene.
Cosa le manca per sentirsi protetto?
Spero nei prossimi mesi che si possa mettere a punto un vaccino per il Coronavirus, come è avvenuto per il virus H1N1. La sequenza genetica del virus è ormai nota in tutto il mondo, e stando alle informazioni, il picco infettivo sarà entro i prossimi dieci giorni (4 Febbraio).
Se qualcuno le proponesse, domani, di fare le valige e ritornare in Italia, o in qualunque altra parte del mondo, accetterebbe? Ma dove di preciso?
Se fosse in corso una epidemia di qualche virus da “febbri emorragiche”, probabilmente non sarei rimasto neanche a scrivere questo articolo, fosse solo per l’incolumità dei nostri figli. Posso però constatare che per un medico di quasi cinquant’anni, avere fatto questa scelta lavorativa mi ha portato a ricevere, con una certa soddisfazione (a differenza del nostro paese, mi dispiace ammetterlo), alcune nuove interessanti proposte di lavoro da recruiter per altri paesi esteri.
Certamente mi piacerebbe, rientrare in Europa, anche se l’Italia rimane sempre il paese che porto nel cuore.
Ha paura per la sua vita e quella dei suoi familiari?
La paura per il Coronavirus, chiamiamola così deriva dal fatto di poter osservare l’andamento dell’epidemia, e di quale impatto avrà in termini di propagazione nella zona in cui vivo. Credo che sia la stessa per chi, vivendo in qualche paese in Italia, dove si siano registrati alcuni casi di meningite fulminante, per fare un esempio.
Analogamente credo che i decessi stradali annualmente registrati nel nostro paese superino abbondantemente i pazienti deceduti per SARS in tutto il mondo.
In questi giorni si è mai sentito abbandonato dall’Italia? Qualcuna delle Istituzioni italiane si è mai preoccupata di contattarla per metterla al corrente di un’eventuale possibilità di abbandonare la zona?
Interessante notare come, da cittadini italiani residenti all’estero, iscritti all’AIRE, non ci sia stata fornita alcuna informazione sia su cellulare italiano, via mail, o altro. Certo sul sito del Consolato italiano a Pechino è comparso un numero di cellulare cinese per “emergenze” (quali? Un attacco di panico, o una persona gravemente malata sola che non potrebbe neanche telefonare?). La Farnesina ha creato una applicazione dove dovremmo inserire i nostri dati. Ho provato, dice di inserire un numero di cellulare cinese ma si blocca. In contrasto questa mattina ho ricevuto normalmente un sms dalla casa produttrice dell’auto che mi ricorda di fare il tagliando. Certo, non ricevere alcuna informativa dalle istituzioni preposte del mio paese mi conferma solamente le scelte che ho voluto fare.
Ha modificato le sue abitudini di vita, in questo periodo? Intendo per quanto riguarda gli spostamenti, abitudini alimentari, tempo libero, ecc..
Di certo riduco al minimo i tempi in posti “troppo” affollati. Fortunatamente vivo poco distante dall’ospedale presso il quale lavoro. Continuiamo regolarmente a prendere i taxi privati (in Cina si chiama “Didi”) indossando normali mascherine chirurgiche. A parte la normale spesa al supermercato, molti beni vengono venduti online con consegna a domicilio. Nel tempo libero (nei WE principalmente) compiamo lunghe passeggiate nell’adiacente parco naturale nazionale compatibilmente con le temperature invernali di questa zona che oltrepassano i 20 gradi centigradi sotto lo zero. Passiamo molto tempo a casa, la lettura sicuramente aiuta.
Mi auguro che con l’arrivo della primavera e dell’estate il focolaio del Coronavirus si sia nel frattempo ridotto, se non estinto.
Le immagini che ci arrivano dalla Cina ricordano i film apocalittici: strade deserte, edifici pubblici e scolastici che appaiono abbandonati, quarantena obbligata, migliaia di operatori sanitari con tuta protettiva che si adoperano, corsa agli acquisti di generi alimentari, ed altro ancora.
Cosa vede con i suoi occhi? E’ questa la verità o è pura suggestione?
Sicuramente la situazione a Wuhan è seria, ricollegandomi a quanto detto sopra immagini la difficoltà nel realizzare una quarantena per città di tali dimensioni. Ritengo che possa strabiliare vedere immagini di autostrade chiuse, ma cosa succederebbe se una città come Milano, Roma, o Bari fosse bloccata analogamente? Tutto il mio rispetto, e la mia ammirazione, vanno alla popolazione cinese per la scrupolosità con la quale si attiene. Le immagini che vi pervengono in questi giorni in realtà caratterizzano, in parte, tutti i capodanni cinesi, dove l’intera nazione cessa di lavorare,
e si dirige a casa per passare le ferie in famiglia (qui il senso della famiglia è molto forte). Aggirarsi per strade a cinque corsie, che “risulterebbero” spettrali, è la norma più che l’eccezione.
Sono salito su autobus deserti anche l’anno scorso.
Nel suo ambiente lavorativo quanta è alta l’attenzione? E’ stato modificato in qualche modo il sistema organizzativo-logistico: turni, approccio al paziente, ecc.?
E’ troppo presto per risponderle, premesso che il nostro sia un centro di cure specialistiche sicuramente nei reparti ambulatoriali il grado di esposizione sarà più elevato. Lo screening temperatura sarà importante. L’ospedale ci ha già inviato un messaggio (in Cina si usa WeChat) con le misure precauzionali base del WHO, ed i tipi di mascherina compatibili, a disposizione.
Cosa la spaventa di più attualmente, e come vede il prossimo futuro?
Assisteremo, come in tutti questi fenomeni, ad un plateau ed una successiva riduzione, mi auguro, ma ne sono certo che gli sforzi fatti da questo paese funzioneranno.
Infine e non per minor importanza, che idea si è fatto di questo virus, è tutto vero quello che emanano le fonti informative ufficiali, o c’è dell’altro? Mi riferisco soprattutto alle voci che parlano del virus “fuggito” da un laboratorio per armi batteriologiche.
L’altro giorno ho appreso tramite i media italiani che una fonte militare informata attendibile israeliana avrebbe “confermato” che l’epidemia si sarebbe propagata da un tecnico di laboratorio infettato in precedenza. Sicuramente si tratta di una notizia che, vera, o falsa che sia, ha alimentato ulteriore apprensione nel pubblico. Vero è che a Wuhan si trova il “Wuhan National Biosafety Laboratory” un laboratorio di livello 4. Io vorrei vederlo, in questa fase, come una preziosa risorsa.
Vorrei ricordare come le epidemie nate in loco siano state originate da passaggio animale-uomo, peraltro come la MERS (coronavirus con serbatoio naturale dei cammelli) che ha causato numerosi morti in medio oriente in passato.
Vorrebbe raccontarci altri aspetti che non sono stati toccati in questa intervista?
Quello che nessuno dice, e solo pochi sanno, la sanità in Cina non è gratuita. Esistono forme di assicurazione, ma la maggior parte della popolazione deve coprire parzialmente le spese in vista di grossi interventi chirurgici (che a volte non si possono permettere). L’ospedale presso il quale lavoro ha sviluppato una forma di rimborso delle nostre prestazioni similare a quella del nostro SSN, garantendo al paziente tutte le cure per un intervento cardio-chirurgico (diagnostica, intervento, terapia intensiva, follow-up) completamente gratuito. Perchè dico questo? Semplicemente perché in un sistema così strutturato, che non prevede neanche la figura del medico di famiglia, la percentuale di pazienti che non seguono le terapie proposte, addirittura, non sono consapevoli di condizioni patologiche croniche di cui sono portatori (es. ipertensione arteriosa, diabete). Molti nostri pazienti scoprono queste malattie al momento del ricovero. Queste condizioni “di base” unite alla diffusione del tabagismo nella maggior parte della popolazione adulta-anziana, creano, secondo le mie vedute, una popolazione potenzialmente più fragile di fronte a malattie a trasmissione aerea, e coinvolgimento dell’albero respiratorio.
Ringraziamo il Dott. Piacentini per la gentilezza dimostrata, per il racconto della sua vita nell’ambito del dilagare del Coronavirus in Cina, e gli inviamo un caro saluto dall’Italia.
- Dott. Alberto Giuseppe Guido Piacentini, Cardiothoracic Anesthesia Consultant, HEMS Physician. Laurea in medicina e chirurgia, diploma di specializzazione in anestesia e rianimazione conseguiti presso l’Università degli Studi di Milano.
Autore: Giovanni Trianni (Linkedin)
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