Covid, ancora ferie negate e turni massacranti per i sanitari: un mare di richieste di aiuto

Lo denuncia il network sanitario Consulcesi: nell’ultimo anno una valanga di richieste dai sanitari sfruttati, ben il 30% in più dall’inizio della pandemia da Covid 19.

Operatori sanitari ‘spremuti’

“I nostri operatori sanitari continuano a essere ‘spremuti’ e, per di più, non sempre lo fanno in condizioni di sicurezza. Con il rischio anche di sacrificare la propria salute fisica e mentale. Tutto questo senza un adeguato riconoscimento”.

È così che il presidente di Consulcesi, Massimo Tortorella, ha spiegato in una nota (rilanciata da AdnKronos e da diverse testate) la situazione che moltissimi professionisti sanitari stanno vivendo a causa della Covid 19, ma non solo.

Già, perché la situazione dei medici e degli infermieri italiani era già troppo precaria prima di questo tanto inatteso quanto devastante incubo pandemico globale. E lo era da decenni.

Ma ora, con tutte le criticità venute a galla a causa della bomba Coronavirus, si è inevitabilmente palesata a media e cittadini senza possibilità di appello: turni massacranti e ferie negate a causa della carenza di professionisti e di mancate assunzioni sono diventati qualcosa di ordinario, di normale, di necessario, tanto da non fare più notizia per i professionisti della salute.

La direttiva 2003/88/CE

Eppure la direttiva 2003/88/CE, promuovente il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori, nell’art. 6 stabilisce che l’orario settimanale di lavoro deve essere al massimo di 48 ore (in media). E nelle 48 ore deve essere compreso lo straordinario!

Per ciò che concerne il riposo, la direttiva è altrettanto chiara: nell’art. 3 è specificato che ogni giorno (di 24 ore) vi devono essere 11 ore consecutive di ristoro e un periodo di riposo di minimo 24 ore consecutive per ogni periodo lavorativo della durata di 7 giorni.

L’art. 17 della suddetta direttiva riconosce agli stati membri la possibilità di introdurre delle deroghe ai limiti imposti al riposo minimo giornaliero e alla durata massima dell’orario settimanale, in particolare quando si tratta “di servizi relativi all’accettazione, al trattamento e/o alle cure prestati da ospedali o stabilimenti analoghi, comprese le attività dei medici in formazione”, a condizione che ai lavoratori interessati vengano concessi periodi di riposo equivalenti di compensazione oppure, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per ragioni oggettive, a condizione che venga loro concessa una protezione appropriata.

Sfruttamento e richieste di rimborso

L’italia c’ha messo un bel po’ ad adeguarsi e ci è voluta una richiesta della Commissione Europea, datata novembre 2015. Pronunciazione che ha dato luogo a una serie infinita di sacrosante richieste di rimborso, perché secondo le leggi e le Direttive europee a questi professionisti spettavano decine se non centinaia di migliaia di euro.

E ora? Beh… Oggi, con la catastrofe sanitaria in atto e con lo “sfruttamento” di medici e infermieri che è addirittura molto più evidente e routinario di prima, vi è il rischio di un nuovo ed importante boom di azioni legali in tal senso.

Un boom che probabilmente sarebbe assai più costoso di allora per le aziende sanitarie e per i conti del nostro SSN. Per non parlare poi del prezzo da pagare per questo sistematico e irrimediabile sfruttamento, potenzialmente in grado di bruciare del tutto i professionisti che adesso barcollano, sì, ma che ancora non mollano, pressoché nudi (VEDI) in trincea.

Autore: Alessio Biondino

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Alessio Biondino

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