“Da decenni sottopagati nel pubblico, medici e infermieri si dimettono per il privato”


Anche nei meandri degli atti dell’Azienda Unità Sanitaria Locale (Ausl) e dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Modena emerge un fenomeno inquietante e persistente: il costante e quotidiano susseguirsi di dimissioni, o tecnicamente ‘recessi volontari’, da parte di medici e infermieri. Questa defezione di risorse umane, spesso con contratti a tempo indeterminato e persino ruoli dirigenziali, getta un’ombra sull’istituzione sanitaria pubblica e ospedaliera, gettandola nell’incertezza.

La scena dipinta è quanto mai drammatica: decine di professionisti, stremati e disillusi, interrompono il loro legame con il settore pubblico per rivolgersi verso l’appealing mondo del privato. In una curiosa inversione di ruoli, è il privato ad attirare innumerevoli talenti, mentre il settore pubblico ne perde. Questo migrare, costante e massiccio, ha assunto proporzioni allarmanti soprattutto nel post-Covid, in un periodo in cui la sanità pubblica dovrebbe essere rafforzata e supportata.


Contrastare la fuga di cervelli rappresenta una sfida cruciale che la politica, a livello regionale e nazionale, non ha saputo affrontare con la necessaria tempestività ed efficacia. La sottostima di questo problema ha colpito in particolare la valorizzazione del personale sanitario, una carenza persistente in Italia e nella Regione. Questa mancanza di riconoscimento rischia di svuotare le strutture sanitarie pubbliche, persino quelle ristrutturate o recentemente create grazie ai fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

Il Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Modena, Claudio Vagnini (VEDI video-intervista di La Pressa), ha colto in pieno la problematica, ponendo l’attenzione sulla sottopagazione cronica di medici e infermieri. L’attrazione del privato è spiegata da condizioni più favorevoli e da una migliore qualità della vita professionale, che il pubblico spesso non è in grado di garantire. L’emergenza-urgenza, che sta vivendo una delle fasi più difficili, ne è l’esempio più crudo.


La soluzione a questo scottante problema richiede un approccio multifasico e mirato. Innanzitutto, è imperativo rivedere i compensi dei professionisti sanitari, portandoli almeno in linea con gli standard europei. Una maggiore valorizzazione economica rappresenterebbe un passo significativo verso il ristabilimento dell’equilibrio. Allo stesso tempo, è necessario ridisegnare le condizioni di lavoro, riducendo turni particolarmente gravosi e creando un ambiente che promuova il benessere professionale.

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Alessio Biondino

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