Daniela Poggiali Infermiera killer o forse no?

In concreto la sentenza di colpevolezza dell’ “infermiera killer” era già avvenuta sulla carta stampata e sui maggiori siti di divulgazione online prima ancora che fosse la stessa corte d’assise di Ravenna in primo grado a decretarne la responsabilità, quel che è certo è che a vederla sorridente vicino il corpo moribondo di un anziano, l’immagine di Daniela Poggiali infermiera killer dell’ospedale Lugo di Romagna condannata all’ergastolo per omicidio volontario pluriaggravato, non era certo il massimo dell’eleganza e sobrietà etico-morale.

Colpevolezza e morale

Ma tant’è, le indagini sugli stili di vita si fermano qui e il giudice di prime cure non ne avrebbe dovuto tener conto, ma in qualche modo, al contrario, aveva comunque assecondato il giudizio morale che traspariva dagli animi dei lettori.

L’intelaiatura strutturale e le prove a sostegno dell’accusa sono sembrate decisive ed il giudice di primo grado sulla scorta di valutazioni dettate più dal comune sentire che da altro, aveva emesso la sentenza di condanna, supportato dal dato normativo che assegna allo stesso di poter valutare sulla base del principio del proprio libero convincimento.

La “Lady Potassio”

Nel giudizio di primo grado l’infermiera era stata accusata di 12 omicidi, la corte però l’aveva condannata solo per un caso, utile secondo la tesi accusatoria, a depistare i sospetti che su di lei stavano maturando nell’ambiente ospedaliero. La “lady potassio” altro appellativo dato da parte dei mass media, avrebbe avvelenato il de cuius lentamente mediante: “la somministrazione di due fiale di cloruro di potassio, sottratte dall’armadio farmacia del reparto”.

I giudici della corte d’assise aveva stabilito che si trattasse di dolo professionale:

Il giudice di secondo grado ha invece optato per la non colpevolezza dell’infermiera, in attesa delle motivazioni della sentenza, chiariamo subito che tale pronuncia, proprio per le valutazioni sopra richiamate, non desta alcuna sorpresa.

La perizia che scagiona(?) Daniela Poggiali

I periti documentano che: «in definitiva tutti i riscontri, clinici e laboratoristici, non hanno consentito di identificare una singola causa patologica naturale, a insorgenza acuta, idonea a cagionare, con certezza e alta probabilità, la morte della paziente. Deve osservarsi – aggiungono – che Rosa Calderoni fosse portatrice di un insieme di patologie croniche e che qualunque fattore endogeno o esogeno avrebbe potuto determinarne lo scompenso».

E infine, il ragionamento logico dei periti:

l’ex infermiera Poggiali stazionò nella stanza per non più di 10 minuti. La paziente aveva infatti due accessi venosi: uno al piede e l’altro in giugulare. Secondo la perizia:

«la somministrazione rapida e letale di potassio sarebbe stata possibile solo dalla giugulare», ma questa «avrebbe dovuto causare l’arresto cardio-respiratorio nelle immediatezze dell’infusione».

La paziente morì invece 60 minuti dopo.

La somministrazione attraverso il cvp del piede, avrebbe causato invece forti dolori, mai accusati dalla paziente e che avrebbero sicuramente spinto i clinici a porre immediatamente rimedio. Dolori, che ripetiamo, non furono mai accusati. A voi le conclusioni.

Altri casi di infermieri accusati?

http://www.dimensioneinfermiere.it/richiesta-rinvio-giudizio-per-infermiere-accusato-massimiliano-sfrondini/

Martino Di Caudo

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