È ormai noto che molti professionisti italiani lasciano i confini italiani per trovare una sistemazione altrove. Questa scelta si sposa sia con una maggior apertura al viaggio, sia con un bisogno di maggior riconoscimento economico e sociale che avviene all’estero, più che in Italia.
Dall’Italia in Norvegia.
È il caso del dott. Davide Augugliaro, ventisettenne trapanese, che ha già lasciato una volta la sua amata Sicilia per studiare a Milano, dove ha conseguito la laurea in infermieristica nel 2022, e poi lavorato nel reparto di ortopedia, per poi spostarsi a Torino nel reparto di riabilitazione cardiologica, e ora ha fatto un altro grande passo: si è trasferito in Norvegia.
La figura del travel nurse.
Qui, ha iniziato a lavorare come “travel nurse”, una figura molto importante nel panorama norvegese, consistente nel lavorare per brevi incarichi, all’interno di molteplici strutture, in base alla richiesta di queste ultime e all’urgenza che si presenta, all’interno del Pease scandinavo.
Flessibilità, spirito di adattamento alle molteplici situazioni e positività sono le parole chiave di questa nuova vita di Davide, che in questo momento lavora in una casa di riposo di Hamarøy, nel Nord del Paese, e segue per turno una media di 3-4 pazienti rispetto ai 20 circa che seguiva in Italia e si ritiene molto meno stressato rispetto alla sua vita passata, sebbene debba usare una nuova lingua, il norvegese, appresa attraverso il corso intensivo dell’Agenzia con cui ha scelto di partire.
L’ambiente di lavoro in Norvegia
L’ambiente di lavoro costituisce un altro motivo per cui Davide appare più tranquillo: in Norvegia si è accoglienti con chi lavora e lontani dalle realtà giudicanti e mobbizzanti presenti in Italia, specie quando si è nuovi e contro le quali bisogna mostrarsi sempre più forti e competitivi degli altri.
Il rapporto con l’Italia.
Rispetto all’Italia, il giovane infermiere, ritiene che tornarci è possibile, ma non con le stesse condizioni di lavoro, ritenute troppo usuranti se paragonate anche allo stipendio medio di un infermiere italiano, di cui vengono presi davvero poco in considerazione i fattori di rischio, responsabilità e preparazione.
Inoltre, si dovrebbe lavorare anche sull’immagine della professione e far conoscere in modo più diretto e reale chi davvero sia e di cosa si occupi un infermiere, partendo dalle scuole, ad esempio, o organizzando dei convegni per i “non addetti ai lavoratori” perché in Italia, molto spesso, anche chi si iscrive alla facoltà, e ormai sono sempre meno, non ha idea di che cosa farà.
Posizione rispetto alle critiche
Non mancano le critiche a professionisti che, come Davide, hanno lasciato l’Italia; la più frequente è quella di essere “fuggiti” dal Paese che ha dato la possibilità di formarsi. A questo, lui risponde che sicuramente l’Italia forma degli ottimi infermieri, al punto tale che all’estero sono delle ottime risorse; al tempo stesso è innegabile che il sistema a cui apparteneva prima, non lo faceva sentire al centro della cura della persona, che è il ruolo principale di un infermiere, né ascoltato i suoi bisogni di lavoratore. Nondimeno vede la Norvegia come una risorsa e il suo essersi trasferito come una forma di protesta aggiuntiva a tutte quelle che si stanno susseguendo in queste settimane.
Gli occhi di Davide amano l’Italia, il cibo italiano e la sua gente ed è pronto a farsi sentire per i colleghi che sono rimasti e contribuire a un cambiamento futuro del sistema sanitario, come tutti si augurano.
Conclusioni
Per questo è inevitabile chiedersi “Quanto ancora l’Italia sarà disposta a tollerare che promettenti professionisti costruiscano il loro futuro lontani dai suoi confini, prima di collocarsi in una situazione, non tanto di concorrenza rispetto agli altri Paesi europei, ma almeno di salvaguardia dei suoi lavoratori?”
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