Il dipendente in malattia
È risaputo che il dipendente che non si reca sul posto di lavoro in quanto malato possa uscire di casa solo in determinati orari e solo purché i suoi comportamenti siano compatibili col proprio stato di malattia, non pregiudichino in alcun modo la sua guarigione e di conseguenza non ritardino oltre modo il rientro sul posto di lavoro.
Nell’immaginario collettivo, egli deve sempre rimanere a casa nelle fasce orarie della reperibilità, così da permettere lo svolgimento di una eventuale visita medica di controllo (la visita fiscale dell’Inps) e da evitare spiacevoli provvedimenti disciplinari che possono anche degenerare nel licenziamento.
E se il lavoratore in oggetto è affetto da una particolare condizione mentale come la depressione? Si può uscire?
La depressione
Col termine depressione, secondo la definizione del dott. William Coryell, si intende una “sensazione di tristezza così intensa da compromettere le normali attività di una persona e/o il suo interesse o piacere per le attività. Può essere dovuta a una perdita o a un altro evento drammatico ma è una reazione eccessiva rispetto all’evento scatenante, che dura più tempo del normale.”
Viene automatico pensare che, in tale condizione, tutto possa essere consigliato fuorché chiudersi in casa chissà per quanti giorni ad aspettare un eventuale controllo. E infatti è così: i medici consigliano spesso ai propri pazienti di rilassarsi, di intraprendere diverse attività ludiche e ricreative, di uscire di casa e di stare il più possibile all’aria aperta perché tutto ciò è funzionale alla guarigione.
Quindi cosa si deve fare? Si esce di casa e ci si va a divertire rischiando di non farsi trovare a casa dal medico fiscale? Oppure ci si tumula tra quattro mura, aggravando con ogni probabilità la propria depressione?
Le sentenza della Cassazione
La risposta a queste domande l’ha data una recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione (n. 9647/2021 del 13.04.2021) secondo cui è illegittimo il licenziamento del lavoratore in malattia per depressione che viene sorpreso in momenti ludici e di svago.
Il lavoratore può uscire, quindi. E può divertirsi. Perché facendolo egli non tiene affatto una condotta incompatibile con il suo stato di malattia e, soprattutto, non pregiudica né la guarigione né il suo rientro al lavoro.
La Corte ha infatti ricordato che, “anche alla stregua del concetto di malattia desumibile dall’art. 32 Cost.”, questa “va intesa non come stato che comporti la impossibilità assoluta di svolgere qualsiasi attività, ma come stato impeditivo delle normali prestazioni lavorative del dipendente”; che però potrebbe essere compatibile con altre attività.
Altre attività che, però, non devono essere lavorative. Come precisato in passato da un’altra sentenza della Suprema Corte (n. 14826/2018 del 7.06.2018) infatti, non è possibile ipotizzare che il lavoratore in malattia per depressione venga sorpreso a svolgere altre attività lavorative.
Il suo comportamento, infatti, risulterebbe essere oltre modo sospetto se egli svolge, nello stesso periodo, un’attività lavorativa parallela e con mansioni sostanzialmente identiche a quelle svolte per conto del ‘principale’ datore di lavoro.
Autore: Alessio Biondino
Fonte: Cassazione – Sentenza 9647-2021
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