In questo luogo magico, l’élite culturale, accademica e politica di tutta Italia si raccoglie per fare cerchio intorno ai temi d’attualità più importanti con convegni, relazioni e presentazioni di libri e saggi. Personaggi come Saviano, De Bortoli (il giornalista che ha fatto scoppiare il caso Boschi per l’ennesima volta); i fumettisti Milo Manara e Zero Calcare; il Ministro Minniti, lo scrittore Daniel Pennac e molti altri ancora.
Possiamo dirlo con orgoglio, tra questi Grandi c’era anche un’infermiera, il cui curriculum accademico e lavorativo farebbe impallidire il più accanito dei ricercatori.
La Dott.ssa Tiziana Stobbione è, in ordine sparso: Dirigente Infermieristico, Coordinatrice, Professoressa Universitaria, Dottore di Ricerca e Ricercatrice, Bioeticista, Presidente e Membro di numerose associazioni, Formatrice e Tutor Clinico, Infermiera Esperta (con altrettanti Master Universitari) oltre al fatto che attualmente è iscritta al Corso di Laurea in Scienze religiose. (Il suo curriculum).
Al convegno, introdotto e moderato dal giornalista de Il Sole 24 Ore Francesco Antonioli, la dottoressa ha presentato il suo libro “Valore e sanità” (Ed. FrancoAngeli). Insieme alla viva partecipazione e agli interventi della Senatrice e Prof.ssa Dirindin, al sociologo e Prof. Lazzarini (Università di Torino), e ai rappresentanti politici locali come la Dott.ssa Gatti, si è sviluppato il tema del libro, nato dal lavoro di tesi e di ricerca del Dottorato raggiunto, nel video che segue presenta il suo lavoro:
Successivamente abbiamo avuto il piacere di intervistarla:
Complimenti Dottoressa, lei è un orgoglio per tutta la categoria (ha inoltre ricevuto i complimenti della Senatrice Dirindin e del Prof. Lazzarini). Le vorremmo chiedere di parlarci di lei, del suo impegno e dei suoi progetti futuri.
Innanzitutto grazie per essere qui presenti, perché come noi sappiamo, gli infermieri sono una categoria che lavora molto e tante volte lo fa in silenzio. E quindi io, che ho iniziato quest’avventura, volutamente e per scelta, credo che “fare l’infermiere” sia riduttivo perché la maggior parte di noi “è infermiere”. Qualsiasi sia la motivazione che l’ha portato a scegliere questa professione un cambiamento comunque avviene. Non si fa soltanto una professione: si diventa infermiere. Questo è il primo punto e credo che sia la prima motivazione che ha un senso sottolineare all’interno del percorso di tutta la professione sanitaria.
Il mio impegno: mi occupo di formazione e quindi cerco di trasmettere, non soltanto le parole, ma anche gli atteggiamenti e i comportamenti ai futuri infermieri. Chiedo loro di riflettere sulle esperienze, sul significato che queste esperienze hanno al letto del malato e sui momenti di difficoltà e di criticità, per poter trovare delle strategie che ci consentano di effettuare il cambiamento. Attraverso mille modalità: possano essere percorsi di formazione specifica, piuttosto che momenti di briefing, anche la possibilità di dar voce alla nostra professione…perché no…attraverso la carta scritta.
Quindi pensa che anche gli infermieri debbano e possano fare cultura?
Io sono convinta di questo. Nasco come infermiera, un’infermiera di vecchia scuola regionale. Ho continuato il mio percorso di studi partendo dal diploma triennale di una scuola regionale per acquisire poi, il titolo di dirigente e docente, la laurea e la specialistica, (quello che oggi si chiama il master di coordinamento) per arrivare ad un dottorato di ricerca. Credo che nella nostra professione non si possa mai smettere di formarsi. Chi si ferma è anacronistico!
Un’ultima domanda: in un articolo viene citata una sua dichiarazione in cui auspica che il paziente da oggetto di assistenza debba essere reso soggetto attivo. Come può un infermiere oggi, all’interno di contingenze economiche e sociali, poter fare qualcosa per rendere veramente il paziente soggetto attivo? Concetto che supera e ingloba anche l’olismo e la visione paziente-centrica?
Non parlo, come ho già detto, di paziente ma di persona assistita. E già nel riconoscere la dignità della persona, credo ci sia il primo elemento che permette di attivare il cambiamento. Intanto in noi professionisti, ma anche nel modo di far percepire all’assistito l’impegno che deve mettere per superare quelle situazioni, a volte molto critiche, che caratterizzano la salute della persona.
Alla citazione del concetto olistico possiamo aggiungere tutta una serie di riferimenti teorici: io penso che ad oggi, dobbiamo riuscire a concretizzare, facendo un patto vero e significativo tra quello che è il frutto della nostra preparazione teorica e il nostro agire infermieristico. Nel nostro profilo è scritto che l’infermiere si prende cura dell’assistito pianificandone l’assistenza. Finché noi non riusciamo a definire una pianificazione concreta, che possa partire dalla nostra mente, faremo solo della demagogia. E non riusciremo a dare una risposta a dei bisogni che non sono solo tecnici.
Mi ha fatto molto piacere sentire cosa ha detto la Dott.ssa Gatti (sulla possibilità di tornare ad assumere in Piemonte,NdR) e cioé che in sanità, finalmente, si riconosce che i professionisti per 6 anni siano stati consumati ed adoperati in modo estremo. Condivido tutto questo e lo vivo quotidianamente. Ma mi fa altrettanto piacere sentire che qualcosa stia cambiando e si potrà ritornare a riassumere infermieri e spero che in questo modo essi possano ritrovare il tempo da dedicare a quello che per molti sembra ormai obsoleto e che invece è fondamentale: la relazione con la persona assistita!
Questo è il concetto di soggetto attivo che favorirà il cambiamento, ne sono fermamente convinta.
Grazie Dottoressa, grazie a lei!
Auguriamo alla Dott.ssa grandi obiettivi e risultati eccellenti, noi tutti infermieri abbiamo bisogno di professionisti così impegnati nel portare l’infermieristica ai maggiori livelli possibili; il suo impegno non può che ispirarci a fare ancora di più, ancora meglio. Farlo per la professione, l’assistito, la sanità e tutta la società. Grazie per la sua eccellenza.
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